martedì 16 ottobre 2018

Gesù ha confermato la veridicità dell’Antico Testamento


Oggigiorno molte persone credenti in Gesù Cristo, considerano che l’Antico Testamento sia un insieme di libri in parte storici, ma soprattutto allegorici e simbolici. Secondo questa linea di pensiero, molti episodi biblici non sarebbero accaduti realmente, ma sarebbero stati creati ad hoc come miti fondazionali, o per dare insegnamenti morali. 
Queste persone però non considerano che Gesù ha confermato l’Antico Testamento (l’ebraico Tanakh), decine e decine di volte. 
Questo non significa che noi cristiani dobbiamo basarci sull'Antico Testamento e sulla Legge di Mosè. Il termine della Legge è Cristo e noi cristiani dobbiamo accettare la sua Grazia e basarci sul Nuovo Testamento. Tuttavia l’Antico Testamento ha la sua importanza, perché è il fondamento del Nuovo Testamento. 

Vediamo alcune delle frasi che Gesù ha detto a conferma del Tanakh. 
Innanzitutto Gesù ha confermato che l’Antico Testamento è divinamente ispirato, infatti Gesù dice: 
La scrittura non può  essere annullata” (Vangelo di Giovanni 10, 35)
Per Gesù le Sacre Scritture sono “comandamento di Dio” Vangelo di Matteo 15, 3-6)
Gesù fa costanti riferimenti all'Antico Testamento. Vediamo per esempio il Vangelo di Matteo (21, 16), quando Gesù cita il Salmo (8, 2):

e gli dissero: «Senti tu ciò che questi dicono?». Gesù disse loro: «Sì! Non avete mai letto: "Dalla bocca dei bambini e dei lattanti, tu ti sei procurato lode"?»

Oltre a ciò  Gesù ha riconosciuto che Adamo ed Eva furono creati da Dio, e che furono due esseri viventi, e non un’allegoria della prima coppia di umani. Vediamo a tale proposito questo passaggio di Gesù (Vangelo di Matteo 19, 3-5):

Dei farisei gli si avvicinarono per metterlo alla prova, dicendo: «È lecito mandare via la propria moglie per un motivo qualsiasi?» 4 Ed egli rispose loro: «Non avete letto che il Creatore, da principio, li creò maschio e femmina e che disse: 5 "Perciò l'uomo lascerà il padre e la madre, e si unirà con sua moglie, e i due saranno una sola carne"?

Qui Gesù ha citato la Genesi (1, 27 – 2, 44). (Questa citazione si riporta anche nel Vangelo di Marco 10, 6-8).

Gesù ha confermato il racconto dell’Arca di Noè. Ha confermato quindi che esistette un’arca e che il diluvio distrusse tutti gli esseri che non erano nell'arca. Vediamo a tale proposito questo passaggio di Gesù (Vangelo di Luca 17, 26-27): 

Come avvenne ai giorni di Noè, così pure avverrà ai giorni del Figlio dell'uomo. Si mangiava, si beveva, si prendeva moglie, si andava a marito, fino al giorno che Noè entrò nell'arca, e venne il diluvio che li fece perire tutti. 

Qui Gesù ha citato la Genesi (6, 5-12). (Questa citazione si riporta anche nel Vangelo di Matteo 24, 38-39).

In occasioni separate, Gesù ha autenticato la distruzione di Sodoma, la storicità di Lot e di sua moglie. Vediamo a tale proposito il seguente passaggio: Vangelo di Luca (17, 28-29): 

Similmente, come avvenne ai giorni di Lot: si mangiava, si beveva, si comprava, si vendeva, si piantava, si costruiva; ma nel giorno che Lot uscì da Sodoma piovve dal cielo fuoco e zolfo, che li fece perire tutti. 

(Questo fatto è riportato anche nel Vangelo di Matteo 10, 15).

Gesù ha riconosciuto come veritiera la narrazione del Libro di Giona. Vediamo a tale proposito il seguente passaggio del Vangelo di Matteo (12, 40): 

Poichè, come Giona stette nel ventre del pesce tre giorni e tre notti, così il Figlio dell'uomo starà nel cuore della terra tre giorni e tre notti. 

Come sappiamo alcuni biblisti moderni sostengono che vi siano stati vari autori che scrissero utilizando il nome di Isaia, ma Gesù confermò  che vi fu un unico Isaia. Nel Vangelo di Luca (4, 17-21), Gesù cita Isaia (49, 8), (61, 1), che alcuni biblisti considerano il Secondo Isaia o Deuteroisaia). Vediamo: 

17 E gli fu dato in mano il libro del profeta Isaia; lo aprì e trovò quel passo dove era scritto: 18 «Lo Spirito del Signore è sopra di me, perché mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi ha mandato per guarire quelli che hanno il cuore rotto, per proclamare la liberazione ai prigionieri e il recupero della vista ai ciechi, per rimettere in libertà gli oppressi, 19 e per predicare l'anno accettevole del Signore». 20 Poi, chiuso il libro e resolo all'inserviente, si pose a sedere; e gli occhi di tutti nella sinagoga erano fissi su di lui. 21 Allora cominciò a dir loro: «Oggi questa Scrittura si è adempiuta nei vostri orecchi».

Nel Vangelo di Matteo (15, 7-9), Gesù si riferisce alla prima parte dell’opera di Isaia (Isaia 29, 13) senza la minima indicazione che si tratti di più di un autore.

7 Ipocriti, ben profetizzò di voi Isaia, quando disse: 8 "Questo popolo si accosta a me con la bocca e mi onora con le labbra; ma il loro cuore è lontano da me. 9 E invano mi rendono un culto, insegnando dottrine che sono comandamenti di uomini"». 

Gesù cita ancora Isaia, indicando la sua storicità, nel Vangelo di Matteo (12, 17): 

17 affinché si adempisse quanto era stato detto per bocca del profeta Isaia:
18 «Ecco il mio servitore che ho scelto; il mio diletto, in cui l'anima mia si è compiaciuta.
Io metterò lo Spirito mio sopra di lui,
ed egli annuncerà la giustizia alle genti.
19 Non contenderà, nè griderà
e nessuno udrà la sua voce sulle piazze.
20 Egli non triterà la canna rotta
e non spegnerà il lucignolo fumante,
finchè non abbia fatto trionfare la giustizia.
21 E nel nome di lui le genti spereranno».

(In questi passaggi Gesù cita il Libro di Isaia 42, 1 e 49, 3).

Gesù riconobbe la storicità di Elia, vediamo il passaggio del Vangelo di Matteo (17, 11-12): 

11 Egli rispose: «Certo, Elia deve venire e ristabilire ogni cosa. 12 Ma io vi dico: Elia è già venuto e non l'hanno riconosciuto; anzi, gli hanno fatto tutto quello che hanno voluto; così anche il Figlio dell'uomo deve soffrire da parte loro». 13 Allora i discepoli capirono che egli aveva parlato loro di Giovanni il battista.

Gesù riconobbe la storicità di Daniele, vediamo il passaggio del Vangelo di Matteo (24, 15): 

«Quando dunque avrete visto l'abominazione della desolazione, predetta dal profeta Daniele, posta nel luogo santo (chi legge intenda)

Gesù riconobbe la storicità di Abele e di Zaccaria, vediamo il passaggio del Vangelo di Matteo (23, 35):

affinché ricada su di voi tutto il sangue giusto sparso sulla terra, dal sangue del giusto Abele, fino al sangue di Zaccaria, figlio di Barachia, che uccideste fra il tempio e l'altare.

Gesù riconobbe la storicità di Davide e Abiatar, vediamo il passaggio del Vangelo di Marco (2, 25-26): 

Ma egli disse loro: «Non avete mai letto ciò che fece Davide, quando si trovò nel bisogno ed ebbe fame, lui e quelli con lui? 26 Come egli entrò nella casa di Dio, al tempo del sommo sacerdote Abiatar, e mangiò i pani di presentazione che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche a quelli che erano con lui?».

La storicità di Davide è riconosciuta da Gesù anche in questo passaggio del Vangelo di Matteo (22, 41-45):

41 Ora, essendo i farisei riuniti, Gesù chiese loro: 42 «Che ve ne pare del Cristo? Di chi è figlio?». Essi gli dissero: «Di Davide». 43 Egli disse loro: «Come maidunque Davide, per lo Spirito, lo chiama Signore, dicendo: 44 "Il Signore ha detto al mio Signore: Siedi alla mia destra, finchè io abbia posto i tuoi nemici come sgabello dei tuoi piedi"? 45 Se dunque Davide lo chiama Signore, come può essere suo figlio?».

Gesù riconobbe la storicità di Mosè vediamo il passaggio del Vangelo di Giovanni (5, 45, 47): 

45 Non pensate che io vi accusi presso il Padre; c'è chi vi accusa, Mosè, nel quale avete riposto la vostra speranza; 46 infatti se voi credeste a Mosè, credereste anche a me, perchè egli ha scritto di me. 47 Ma se non credete ai suoi scritti, come crederete alle mie parole?».

La storicità di Mosè viene anche ribadita nel Vangelo di Marco (12, 26-27):

Riguardo poi alla risurrezione dei morti, non avete letto nel libro di Mosè, come Dio gli parlò dal roveto, dicendo: "Io sono il Dio di Abrahamo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe"? 27 Egli non è Dio dei morti, ma Dio dei viventi. Voi, dunque, vi sbagliate grandemente».

Gesù riconobbe la storicità di Abrahamo, Isacco e Giacobbe vediamo il passaggio del Vangelo di Matteo (8, 11):

Or io vi dico, che molti verranno da levante e da ponente e sederanno a tavola con Abrahamo, con Isacco e con Giacobbe, nel regno dei cieli.

e del Vangelo di Giovanni (8, 39):

Essi, rispondendo, gli dissero: «Il padre nostro è Abrahamo». Gesù disse loro: «Se foste figli di Abrahamo, fareste le opere di Abrahamo; 

Gesù ha confermato il racconto della manna data da Dio nel deserto (Giovanni 6:31-51), e il giudizio su Tiro e Sidone (Matteo 1:1-21)

Gesù quindi conferma e autentica la veridicità del racconto biblico e conferma l’autenticità dei vari libri biblici. Per esempio Gesù conferma che fu Mosè l’autore della Torah. Vediamo a tale proposito questo passaggio del Vangelo di Matteo (19, 8):

“Gesù disse loro: «Fu per la durezza dei vostri cuori che Mosè vi permise di mandar via le vostre mogli; ma da principio non era così” 

Vangelo di Giovanni (7, 19): 

“Mosè non vi ha forse dato la legge? Eppure nessuno di voi mette in pratica la legge! Perché cercate d’uccidermi?” 

Gesù pertanto non ha alluso ai racconti biblici, ma li ha autenticati, dando loro valore e affermando implicitamente che si deve avere fiducia in essi. 

Yuri Leveratto

domenica 14 ottobre 2018

Alcune considerazioni sulla storicità dell’Esodo


Oggigiorno vi sono vari scrittori di pseudostoria che sostengono che il Libro dell’Esodo sarebbe un mito, una storia leggendaria che non corrisponderebbe al vero. Eppure vi sono vari indizi che fanno pensare alla presenza di israeliti in Egitto fin dal II millennio a.C. e alla loro uscita dall’Egitto verso la fine del II millennio a.C. Vediamo alcuni indizi ed evidenze che supportano la tesi della storicità e plausibilità dell’Esodo. 

1-Nella Bibbia si denomina Goscen (1) la zona del delta del Nilo. Vi sono varie evidenze archeologiche (2) che dimostrano che popoli semitici e in particolare Israeliti hanno vissuto nel Goscen a partire dal II milliennio a.C. Siccome non erano autoctoni, è  logico pensare che alcuni di essi fossero schiavi. 

2. Sappiamo oggi che il grande faraone Ramesse II, che regnò dal 1279 al 1213 a.C., costruì un centro amministrativo con mattoni di argilla fangosa in una zona in cui le grandi popolazioni semite avevano vissuto per secoli. Si chiamava Pi-Ramesses (3). Nella Bibbia vi è  una citazione (Esodo 1, 11)  dove si specifica che gli schiavi israeliti ebrei costruirono le città di Pitom e Ramesses. 

“Allora vennero imposti loro dei sovrintendenti ai lavori forzati per opprimerli con i loro gravami, e così costruirono per il faraone le città-deposito, cioè Pitom e Ramses.”

E’ un possibile riferimento a Pi-Ramesses. Il sito fu abbandonato dai faraoni due secoli dopo.

3. Nel racconto dell'esodo, i faraoni sono semplicemente chiamati "Faraone", mentre nei passaggi biblici successivi, i monarchi egizi sono indicati con il loro nome proprio, come in "Faraone Neco" (2 Re 23, 29). Anche questo riecheggia l'uso che si faceva della parola “Faraone” nello stesso Egitto dove, dalla metà del secondo millennio fino al X secolo a. C., il titolo "Faraone" era usato da solo.

4. I nomi di varie entità nazionali menzionate nella capitolo 15 dell’Esodo, come Filistia, Moabiti, Edomiti, sono nomi che si ritrovano in fonti egizie poco prima del 1200 a.C. su questo, il libro dell'Esodo è nuovamente in sintonia con il periodo storico.

5. Le storie dell'esodo e dei successivi vagabondaggi degli israeliti nel deserto riflettono una solida conoscenza della geografia e delle condizioni naturali del delta orientale del Nilo, della penisola del Sinai, del Negev e della Transgiordania e non potrebbero essere state inventate secoli dopo, magari a Gerusalemme o a Babilonia. 

6. Nel libro dell'Esodo (13, 17) si nota che gli israeliti scelsero di non attraversare la penisola del Sinai lungo la rotta costiera settentrionale verso il territorio attuale di Gaza (terra dei Filistei), perchè ciò avrebbe comportato un rischio d’imbattersi in campagne militari. Qesto fatto supporta la tesi che essi si diressero più a sud rispetto a Gaza, quindi percorsero una rotta sud-est in direzione del Sinai.

7. Vari archeologi hanno documentato centinaia di nuovi insediamenti nella terra di Israele dal XIII al XII secolo a. C., congruenti con l'arrivo biblico degli schiavi liberati nella terra di Canaan; sorprendentemente, questi insediamenti presentano l'assenza delle ossa di maiale, normalmente presenti in tali luoghi. Vari indizi di invasioni si trovano a Betel, Yokne'am e Hatzor, città prese da Israele secondo il libro di Giosuè. A Hatzor, gli archeologi hanno trovato statue cultuali mutilate, suggerendo che erano ripugnanti agli invasori. (4).

8. La stele di Merneptah (Museo egizio del Cairo), risale al 1200 a.C. e relata le vittorie del re Merneptah che regnò in Egitto dal 1213 a.C. al 1203 a.C. Nella stele si descrivono le vittorie su popoli libici e loro alleati. Nell’ultima parte della stele, le ultime tre righe, si descrive una campagna militare nella terra di Cannan, che in quel tempo era un possedimento egizio. 
La maggioranza degli studiosi concorda nel tradurre i geroglifici ubicati nella ventisettesima riga come “Israele” (5)(6). Nella stele di Merneptah vi è pertanto il primo riferimento alla terra di Israele, e pertanto viene confermato il racconto biblico di un popolo discendente di Giacobbe/Israele che si stanziò nella terra di Canaan.
Ecco la traduzione delle linee 27 e 28: 

I principi sono prostrati, dicendo: "Pace!"
Nessuno alza la testa tra i Nove Archi.
Ora che Tehenu (Libia) è venuto in rovina,
Hatti è pacificato;
Il Canaan è stato saccheggiato in ogni sorta di guai:
Ashkelon è stato sconfitto;
Gezer è stato catturato;
Yano'am è reso inesistente.
Israele è devastato e il suo seme non lo è;
Hurru è diventato una vedova a causa dell'Egitto.

I "nove archi" è un termine usato dagli egiziani per riferirsi ai loro nemici; Hatti e Ḫurru sono la Siro-Palestina, Canaan e Israele corrispondono all’odierno stato di Israele, e Ashkelon, Gezer e Yanoam sono città all'interno della regione; secondo la stele, tutte queste entità caddero sotto il dominio dell'impero egiziano in quel momento. (7).

Yuri Leveratto

Immagine: Mappa del viaggio degli Israeliti nel deserto, Calmet Augustine, 1724

Note: 
1-https://it.wikipedia.org/wiki/Goscen
2-https://www.allaboutarchaeology.org/goshen.htm
3- http://www.biblearchaeology.org/post/2007/05/Extra-Biblical-Evidence-for-the-Conquest.aspx
4-E’ possibile che ci fossero dei canneti nelle acque poco salate del golfo di Aqaba - http://www.bibleinterp.com/opeds/hum358018.shtml
5-Kenton L. Sparks (1998). Ethnicity and Identity in Ancient Israel: Prolegomena to the Study of Ethnic Sentiments and Their Expression in the Hebrew Bible. Eisenbrauns. pp. 96–. ISBN 978-1-57506-033-0.
6- Lemche 1998, pp. 46, 62: “No other inscription from Palestine, or from Transjordan in the Iron Age, has so far provided any specific reference to Israel... The name of Israel was found in only a very limited number of inscriptions, one from Egypt, another separated by at least 250 years from the first, in Transjordan. A third reference is found in the stele from Tel Dan - if it is genuine, a question not yet settled. The Assyrian and Mesopotamian sources only once mentioned a king of Israel, Ahab, in a spurious rendering of the name.”
7-https://en.wikipedia.org/wiki/Merneptah_Stele

mercoledì 10 ottobre 2018

Alcune fonti extra-bibliche sulla storicità dell’Antico Testamento


Oggigiorno alcuni autori di pseudostoria sostengono che non ci sarebbero fonti extrabibliche che possano supportare la veridicità delle Sacre Scritture. 
Innanzitutto sappiamo che vi sono numerose fonti extra-bibliche dove si descrive la vita, la predicazione e la morte in croce di Gesù Cristo, e altre dove si descrive la predicazione degli Apostoli. 
Ma anche per l’Antico Testamento vi sono alcune fonti extra-bibliche che testimoniano la veridicità del testo antico. 

La stele di Merneptah (Museo egizio del Cairo), risale al 1200 a.C. e relata le vittorie del re Merneptah che regnò in Egitto dal 1213 a.C. al 1203 a.C. Nella stele si descrivono le vittorie su popoli libici e loro alleati. Nell’ultima parte della stele, le ultime tre righe, si descrive una campagna militare nella terra di Cannan, che in quel tempo era un possedimento egizio. 
La maggioranza degli studiosi concorda nel tradurre i geroglifici ubicati nella ventisettesima riga come “Israele” (1)(2). Nella stele di Merneptah vi è pertanto il primo riferimento alla terra di Israele, e pertanto viene confermato il racconto biblico di un popolo discendente di Giacobbe/Israele che si stanziò nella terra di Canaan.
Ecco la traduzione delle linee 27 e 28: 

I principi sono prostrati, dicendo: "Pace!"
Nessuno alza la testa tra i Nove Archi.
Ora che Tehenu (Libia) è venuto in rovina,
Hatti è pacificato;
Il Canaan è stato saccheggiato in ogni sorta di guai:
Ashkelon è stato sconfitto;
Gezer è stato catturato;
Yano'am è reso inesistente.
Israele è devastato e il suo seme non lo è;
Hurru è diventato una vedova a causa dell'Egitto.

I "nove archi" è un termine usato dagli egiziani per riferirsi ai loro nemici; Hatti e Ḫurru sono la Siro-Palestina, Canaan e Israele corrispondono all’odierno stato di Israele, e Ashkelon, Gezer e Yanoam sono città all'interno della regione; secondo la stele, tutte queste entità caddero sotto il dominio dell'impero egiziano in quel momento. (3).

La stele di Mesha (o di Moab) (4), risale all’840 a.C. L’autore fu Mesha, il re dei Moabiti. Nella stele sono riportate le vittorie di Mesha su Omri re di Israele. (citato nella Bibbia nel Primo e secondo libro dei Re). 
Nella stele vi sono anche citazioni extra-bibliche al Dio degli israeliti, YHWH (Yahweh), in riferimento al saccheggio del tempio da parte di Mesha e l’offerta del bottino al dio locale Chemosh. 
Eventi, nomi e luoghi citati nella stele di Mesha corrispondono a quelli citati nella Bibbia. Per esempio Mesha viene descritto come re di Moab nel secondo libro dei Re, vediamo questa citazione (3, 4): 

Allora Mesa, re di Moab, allevava molto bestiame e pagava al re d'Israele un tributo di centomila agnelli e centomila montoni con la loro lana.

Anche il regno di Omri è descritto nella Bibbia, (Primo libro dei Re, cap. 16).
La stele ha pertanto un’importanza enorme, perchè conferma il racconto biblico, nonchè la fede che gli israeliti avevano in YHWH. 

La Stele di Tel Dan (Museo di Israele a Gerusalemme)(5), è stata ritrovata nel 1993-94 nel nord di Israele. Nella stele vi è un’iscrizione in arameo. Probabilmente la stele fu incisa in un periodo tra l’870 e il 750 a.C.  L’autore fu probabilmente Hazael (re arameo, menzionato nel Primo libro dei Re, 19, 15). Nella stele il re si vanta delle sue vittorie sul re di Israele e sul suo alleato della “Casa di Davide”. 
Questa stele è considerata la prima evidenza della dinastia davidica al di fuori della Bibbia. 
Ecco la traduzione: 

1. [] ... [...] e tagliare [...]
2. [...] mio padre salì [contro di lui quando h] e combattè a [...]
3. e mio padre si sdraiò, andò dai suoi [antenati (cioè si ammalò e morì)]. E il re di I [s-]
4. rael entrò anteriormente nella terra di mio padre, [e] Hadad mi ha fatto re,
5. E Hadad andò davanti a me, e io partì dai sette [...-]
6. s del mio regno, e ho ucciso [settanta re], che ha imbrigliato migliaia di cha-]
7. rivolte e migliaia di cavalieri (o: cavalli). [Ho ucciso Jeho] ram figlio [di Achab]
8. re d'Israele e [I] ucciso [Ahaz] iahu figlio di [Jehoram kin-]
9. g della Casa di David, e ho messo [le loro città in rovina e trasformato]
10. la loro terra in [desolazione]
11. altro [... e Jehuru-j
12. ho guidato Is [rael e ho posato]
13. assedio 

Interpretazione: nel IX secolo a.C. Hazael era il re degli aramei. La città di Dan, a settanta miglia dalla capitale Damasco era anch’essa sotto il dominio arameo. L'autore dell'iscrizione parla di conflitto con i re di Israele e la "Casa di Davide". I nomi dei due re nemici sono solo parzialmente leggibili. Gli studiosi Avraham Biran e Joseph Naveh li ricostruirono come Joram, figlio di Achab, re d'Israele, e Achaziah, figlio di Joram della casa di David. Nel testo ricostruito, l'autore racconta come Israele aveva invaso il suo paese ai tempi di suo padre, e come il “dio Hadad” lo fece re e marciò con lui contro Israele. L'autore riferisce poi che ha sconfitto settanta re con migliaia di carri e cavalli. Nell'ultima riga c'è un suggerimento di un assedio, forse di Samaria, la capitale dei re di Israele.
Queste sono solo tre evidenze archeologiche che provano la veridicità e storicità dell’Antico Testamento. Alla nota (6) si possono trovare altre prove archeologiche extra-bibliche che confermano le Sacre Scritture. 

Yuri Leveratto

Immagine: stele di Mesha

Note: 
1-Kenton L. Sparks (1998). Ethnicity and Identity in Ancient Israel: Prolegomena to the Study of Ethnic Sentiments and Their Expression in the Hebrew Bible. Eisenbrauns. pp. 96–. ISBN 978-1-57506-033-0.
2- Lemche 1998, pp. 46, 62: “No other inscription from Palestine, or from Transjordan in the Iron Age, has so far provided any specific reference to Israel... The name of Israel was found in only a very limited number of inscriptions, one from Egypt, another separated by at least 250 years from the first, in Transjordan. A third reference is found in the stele from Tel Dan - if it is genuine, a question not yet settled. The Assyrian and Mesopotamian sources only once mentioned a king of Israel, Ahab, in a spurious rendering of the name.”
3-https://en.wikipedia.org/wiki/Merneptah_Stele
4-https://en.wikipedia.org/wiki/Mesha_Stele
5-https://en.wikipedia.org/wiki/Tel_Dan_Stele
6-https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_artifacts_in_biblical_archaeology

martedì 9 ottobre 2018

La compassione di Gesù con le donne


Nei Vangeli si nota spesso che Gesù parla apertamente alle donne anche non appartenenti all’etnia dei Giudei, spesso in aperta contraddizione con le norme del tempo. Gesù ridà quindi dignità alle donne e le pone in un piano assolutamente paritario con quello degli uomini. 
I Vangeli registrano diversi casi in cui Gesù raggiunge donne emarginate, che soffrono silenziosamente e sono viste dalla società come "persone insignificanti destinate a vivere ai margini della società." Gesù le nota, le osserva, riconosce la loro situazione disperata e, "in un momento glorioso”, le mette al centro della sua missione, e le rende  immortali, liberandole dall’infermità e donando loro la vera fede. Gesù dimostra pertanto di essere nei fatti, il Principe della compassione.

Vediamo innanzitutto questi versi importanti, che provano che Gesù non ha indicato gerarchie tra i suoi seguaci. Vangelo di Matteo (20, 25-27): 

25 E Gesù, chiamatili a sè, disse: «Voi sapete che i sovrani delle nazioni le signoreggiano e che i grandi esercitano il potere su di esse, 26 ma tra di voi non sarà così; anzi chiunque tra di voi vorrà diventare grande sia vostro servo; 27 e chiunque tra di voi vorrà essere primo sia vostro schiavo. 

Quindi Gesù, invece di indicare gerarchie, ha indicato un attitudine umile, che deve essere seguita e dei ruoli, che devono essere portati a termine. 
Innanzitutto vediamo che Gesù era accompagnato nella sua missione da varie donne, Vangelo di Luca (8, 1-3): 

1 E in seguito avvenne che egli andava attorno per le città e i villaggi, predicando e annunziando la buona novella del regno di Dio; con lui vi erano i dodici, 2 e certe donne, che erano state guarite da spiriti maligni e da infermità: Maria, detta Maddalena, dalla quale erano usciti sette demoni, 3 Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode, Susanna e molte altre, le quali lo sostenevano con i loro beni.

Gesù non esita a curare le donne, ridando loro quell’energia che avevano perso durante la malattia, Vangelo di Matteo (8, 14-15):

14 Poi Gesù, entrato nella casa di Pietro, vide che la suocera di lui era a letto con la febbre. 15 Ed egli le toccò la mano e la febbre la lasciò; ed ella si alzò e prese a servirli. 

Durante il suo ministero Gesù ha dimostrato la massima compassione per le persone “ultime”, coloro che sono ai margini della società. Ha toccato gli intoccabili e si è lasciato toccare da essi. Durante il tempo di Gesù tutto ciò che era associato al sangue era considerato impuro, quindi la donna durante le mestruazioni o emoraggie. Emblematico è il caso della donna che aveva il flusso di sangue. Ella era malata da molti anni e nessun dottore era stato in grado di guarirla. 

Vediamo i versi celebri del Vangelo di Marco (5, 25, 34):

25 Ora una donna che aveva un flusso di sangue già da dodici anni 26 e aveva molto sofferto da parte di parecchi medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun giovamento, anzi piuttosto peggiorando, 27 avendo sentito parlare di Gesù, venne tra la folla alle sue spalle e toccò il suo vestito, 28 poichè diceva: «Se solo tocco le sue vesti sarò guarita». 29 E immediatamente il flusso del suo sangue si stagnò, ed ella sentì nel suo corpo di essere guarita da quel male. 30 Ma subito Gesù, avvertendo in se stesso che una potenza era uscita da lui, voltatosi nella folla, disse: «Chi mi ha toccato i vestiti?». 31 E i suoi discepoli gli dissero: «Non vedi che la folla ti stringe da ogni parte e tu dici: "Chi mi ha toccato?"». 32 Ma egli guardava intorno per vedere colei che aveva fatto ciò. 33 Allora la donna, paurosa e tremante, sapendo quanto era avvenuto in lei, venne e gli si gettò ai piedi e gli disse tutta la verità. 34 Ma egli le disse: «Figliola, la tua fede ti ha guarita; va' in pace e sii guarita dal tuo male». 

Gesù in questo episodio non si limita a curare la donna dalla sua infermità, ma la chiama Figliola, quindi la ammette nel suo circolo, le da dignità, la protegge. 

Poco dopo vi è un altro episodio nel quale Gesù risuscita una bambina, che era appena morta in seguito a una malattia fulminante. Il padre della bambina, Iairo, era uno dei capi della sinagoga e aveva implorato Gesù di andare a casa sua per guarire sua figlia che stava per morire. Vediamo questi passaggi del Vangelo di Marco (5, 35-43):

35 Mentre egli stava ancora parlando, vennero alcuni dalla casa del capo della sinagoga, dicendo: «La tua figlia è morta; perchè importuni ancora il Maestro?». 36 Ma Gesù, appena intese ciò che si diceva, disse al capo della sinagoga: «Non temere, credi solamente!». 37 E non permise che alcuno lo seguisse, all'infuori di Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. 38 E, giunto a casa del capo della sinagoga, vide un gran trambusto e gente che piangeva e urlava forte. 39 Ed entrato, disse loro: «Perchè fate tanto chiasso e piangete? La fanciulla non è morta, ma dorme». 40 E quelli lo deridevano; ma egli, messili tutti fuori, prese con sè il padre, la madre della fanciulla e coloro che erano con lui, ed entrò là dove giaceva la fanciulla. 41 Quindi presa la fanciulla per mano, le disse: «Talitha cumi»; che tradotto vuol dire: «Fanciulla, ti dico: Alzati!». 42 E subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare; ella aveva infatti dodici anni. Ed essi furono presi da un grande stupore. 43 Ma egli comandò loro con fermezza che nessuno lo venisse a sapere; poi ordinò che si desse da mangiare alla fanciulla.

Qui Gesù dimostra il suo potere sulla morte, ridando la vita proprio a una bambina innocente. 

Nel Vangelo di Luca è registrata un’altra risurrezione attuata da Gesù. Questa volta però  il risorto è un maschio, figlio unico di una vedova. Gesù ebbe compassione di lei e risuscitò  il giovinetto. 
Vediamo, Vangelo di Luca (7, 11-17): 

11 E il giorno dopo egli si recò in una città, chiamata Nain; e con lui andavano molti dei suoi discepoli e una grande folla. 12 E quando fu vicino alla porta della città, ecco che si portava a seppellire un morto, figlio unico di sua madre, che era vedova; e una grande folla della città era con lei. 13 Appena la vide, il Signore ne ebbe compassione e le disse: «Non piangere!». 14 Accostatosi, toccò la bara, e i portatori si fermarono; allora egli disse: «Giovinetto, io ti dico, alzati!». 15 E il morto si mise a sedere e cominciò a parlare. E Gesù lo consegnò a sua madre. 16 Allora furono tutti presi da meraviglia e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto fra noi» e: «Dio ha visitato il suo popolo». 17 E questo detto a suo riguardo si sparse per tutta la Giudea e per tutta la regione all'intorno.

Nel Vangelo di Luca si registra un altro atto di compassione di Gesù, quando sanò  una donna incurvata. Vediamo il passaggio corrispondente, Vangelo di Luca (13, 10-17):

10 Or egli insegnava in una delle sinagoghe in giorno di sabato. 11 Ed ecco vi era una donna, che da diciotto anni aveva uno spirito di infermità, ed era tutta curva e non poteva in alcun modo raddrizzarsi. 12 Or Gesù, vedutala, la chiamò a sè e le disse: «Donna, tu sei liberata dalla tua infermità». 13 E pose le mani su di lei ed ella fu subito raddrizzata, e glorificava Dio. 14 Ma il capo della sinagoga, indignato che Gesù avesse guarito in giorno di sabato, si rivolse alla folla e disse: «Vi sono sei giorni in cui si deve lavorare; venite dunque in quelli a farvi guarire e non in giorno di sabato». 15 Allora il Signore gli rispose e disse: «Ipocriti! Ciascun di voi non slega forse di sabato dalla mangiatoia, il suo bue o il suo asino per condurlo a bere? 16 Non doveva quindi essere sciolta da questo legame, in giorno di sabato, costei che è figlia di Abrahamo e che Satana aveva tenuta legata per ben diciotto anni?». 17 E mentre egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari erano svergognati; tutta la folla invece si rallegrava di tutte le opere gloriose da lui compiute.

Come vediamo anche Gesù si avvicina a una donna malata e la sana della sua infermità. In questo caso Luca registra anche l’ipocrisia dei farisei, che s’indignarono al vedere che Gesù aveva sanato una donna di sabato. Ma Gesù pacatamente fa notare che un atto di bene può farsi anche di sabato, ponendosi egli stesso alla pari del sabato, quindi di Dio. 

Gesù ha inoltre presentato le donne come modelli di fede per i suoi ascoltatori. Nella cultura del tempo, le donne non potevano essere viste nè sentite dal momento che erano considerate "influenze corruttrici da evitare e sdegnare”. 
Vediamo alcuni esempi: Vangelo di Luca (4, 24-27):

24 Ma egli disse: «In verità vi dico che nessun profeta è ben accetto nella sua patria. 25 Vi dico in verità che al tempo di Elia, quando il cielo fu serrato tre anni e sei mesi e vi fu una grande fame in tutto il paese, vi erano molte vedove in Israele; 26 eppure a nessuna di loro fu mandato Elia, se non a una donna vedova in Sarepta di Sidone

Qui Gesù cita un episodio dell’Antico Testamento durante il quale il profeta Elia non essendo apprezzato dal popolo di Israele fu inviato da una vedova pagana di Sidone, quindi straniera. 
Per i giudei del tempo, le donne, i pagani e i lebbrosi occupavano il gradino più basso della scala sociale. Gesù invece anteponeva queste tre categorie di persone ai giudei increduli. Gesù stava affermando che la storia dell’Antico Testamento stava per ripetersi. Nonostante i suoi miracoli egli sarebbe stato respinto e ripudiato da Israele, di conseguenza si sarebbe rivolto agli stranieri, proprio come aveva fatto Elia.  
Come descritto nel Vangelo di Marco, Gesù presenta una povera vedova come esempio da seguire. Ella aveva offerto al tempio due spiccioli, ma era tutto quello che aveva. Vangelo di Marco (12, 41-44):

41 E Gesù, postosi a sedere di fronte alla cassa del tesoro, osservava come la gente vi gettava il denaro; e tanti ricchi ne gettavano molto. 42 Venuta una povera vedova, vi gettò due spiccioli, cioè un quadrante. 43 E Gesù, chiamati a sè i suoi discepoli, disse loro: «In verità vi dico che questa povera vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. 44 Poichè tutti vi hanno gettato del loro superfluo, mentre ella, nella sua povertà, vi ha gettato tutto quello che aveva per vivere».

Analizziamo ora le interrelazioni di Gesù con varie donne presenti nel Nuovo Testamento, a comiciare da sua madre, Maria. 
Innanzitutto c’è da considerare che nella sua infanzia Gesù era soggetto ai suoi genitori (Vangelo di Luca (2, 41-52). Era quindi obbediente a sua madre. 

Un’altra descrizione della interazione tra Gesù e Maria è registrata nel Vangelo di Giovanni, quando durante le nozze di Cana, viene a mancare il vino. Vediamo questi passaggi: (2, 1-5):

1 Tre giorni dopo, si fecero delle nozze in Cana di Galilea, e la madre di Gesù si trovava là. 2 Or anche Gesù fu invitato alle nozze con i suoi discepoli. 3 Essendo venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino». 4 Gesù le disse: «Che cosa c'è tra te e me, o donna? L'ora mia non è ancora venuta». 5 Sua madre disse ai servi: «Fate tutto quello che egli vi dirà». 

In questi passaggi, (come in Luca 2, 49), Gesù dichiara l’indipendenza del suo ministero da sua madre. Vi sarà un tempo per Gesù, e Maria, sebbene sua madre, non può ne affrettare ne ostacolare quel momento. 

Quando poi sulla croce, Gesù si rivolge a sua madre affidando a lei Giovanni, si nota tutto l’amore e la compassione che Lui ha nei confronti di lei. Vediamo i passaggi corrispondenti: Vangelo di Giovanni (19, 26-27):

Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sè.

Gesù vede sua madre e il discepolo da lui amato, Giovanni, che incuranti del rischio al quale andavano incontro, sono giunti fin sotto alla croce, per dargli un estremo saluto. Vogliono soffrire con lui, vogliono stare a fianco del loro amato fino all’ultimo. Gesù pensa a sua madre e l’affida a Giovanni, che da quel momento le starà vicino. 

Vediamo ora le interazioni che ebbe Gesù con Maria Maddalena. 

Innanzitutto nel Vangelo di Marco (16, 9), si descrive che Gesù aveva scacciato da Maria Maddalena sette demoni. Ella dunque era un’indemoniata che Gesù salvò e alla quale mostrò la vera fede. 
Maria Maddalena era presente al momento della crocifisione di Gesù (Marco 15, 40; Matteo 27, 56; Giovanni 19, 25; Luca 23, 49). Nel Vangelo di Matteo (27, 61) si specifica che lei vide il corpo esanime di Gesù mentre veniva deposto nella tomba. 
Maria Maddalena è la prima persona alla quale Gesù appare risorto. Nel Vangelo di Marco (16, 9), si descrive l’apparizione di Gesù a Maria Maddalena, ma è nel Vangelo di Giovanni che vi è una decsrizione più dettagliata, vediamo: Vangelo di Giovanni (20, 1-18): 

1 Or il primo giorno dopo i sabati, al mattino quando era ancora buio, Maria Maddalena andò al sepolcro e vide che la pietra era stata rimossa dal sepolcro. 2 Allora andò di corsa da Simon Pietro e dall'altro discepolo che Gesù amava e disse loro: «Hanno tolto il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'abbiano posto». 3 Pietro dunque e l'altro discepolo uscirono fuori e si avviarono al sepolcro. 4 Correvano tutti e due insieme, ma l'altro discepolo corse avanti più in fretta di Pietro e arrivò primo al sepolcro. 5 E, chinatosi, vide i panni di lino che giacevano nel sepolcro, ma non vi entrò. 6 Arrivò anche Simon Pietro che lo seguiva, entrò nel sepolcro e vide i panni di lino che giacevano per terra, 7 e il sudario, che era stato posto sul capo di Gesù; esso non giaceva con i panni, ma era ripiegato in un luogo a parte. 8 Allora entrò anche l'altro discepolo che era giunto per primo al sepolcro, vide e credette. 9 Essi infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che egli doveva risuscitare dai morti. 10 I discepoli poi ritornarono di nuovo a casa. 11 Ma Maria era rimasta fuori del sepolcro a piangere. E, mentre piangeva, si chinò dentro il sepolcro, 12 e vide due angeli, vestiti di bianco, che sedevano l'uno al capo e l'altro ai piedi del luogo, dove era stato posto il corpo di Gesù. 13 Essi le dissero: «Donna, perchè piangi?». Ella rispose loro: «Perchè hanno portato via il mio Signore, e io non so dove l'abbiano posto». 14 Detto questo, ella si volse indietro e vide Gesù, che stava lì in piedi; ma ella non sapeva che fosse Gesù. 15 Gesù le disse: «Donna, perchè piangi? Chi cerchi?». Lei, pensando che fosse l'ortolano, gli disse: «Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove l'hai posto e io lo prenderò». 16 Gesù le disse: «Maria!». Ed ella allora, voltandosi, gli disse: «Rabboni!» che significa: Maestro. 17 Gesù le disse: «Non toccarmi, perchè non sono ancora salito al Padre mio; ma va' dai miei fratelli e di' loro che io salgo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro». 18 Allora Maria Maddalena andò ad annunziare ai discepoli che aveva visto il Signore, e che lui le aveva detto queste cose.

Gesù è quindi apparso per primo a lei, una donna, la cui testimonianza nella Giudea di quel tempo valeva meno di quella di un uomo. Perchè Gesù ha voluto apparire per primo a una donna? La risposta è da ricercarsi, a mio parere, nella relazione speciale che Gesù aveva con il genere femminile. Lui ha posto le donne su un piano di assoluto rispetto e parità con gli uomini, ricattandole dal peccato commesso inizialmente da Eva, e dando loro una dignità che avevano sempre meritato. 

Vediamo l’interazione di Gesù con la donna adultera
Vediamo innanzitutto i passaggi biblici del Vangelo di Giovanni (8, 1-11):

1 E Gesù se ne andò al monte degli Ulivi. 2 Ma sul far del giorno tornò di nuovo nel tempio e tutto il popolo venne da lui; ed egli, postosi a sedere, li ammaestrava. 3 Allora i farisei e gli scribi gli condussero una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, 4 dissero a Gesù: «Maestro, questa donna è stata sorpresa sul fatto, mentre commetteva adulterio. 5 Ora, nella legge Mosè ci ha comandato di lapidare tali donne; ma tu, che ne dici?». 6 Or dicevano questo per metterlo alla prova e per aver di che accusarlo. Ma Gesù, fingendo di non sentire, chinatosi, scriveva col dito in terra. 7 E, come essi continuavano ad interrogarlo, egli si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». 8 Poi, chinatosi di nuovo, scriveva in terra. 9 Quelli allora, udito ciò e convinti dalla coscienza, se ne andarono ad uno ad uno, cominciando dai più vecchi fino agli ultimi; così Gesù fu lasciato solo con la donna, che stava là in mezzo. 10 Gesù dunque, alzatosi e non vedendo altri che la donna, le disse: «Donna, dove sono quelli che ti accusavano? Nessuno ti ha condannata?». 11 Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». Gesù allora le disse: «Neppure io ti condanno; va' e non peccare più».

In realtà i farisei avevano utilizzato il caso della donna adultera per cogliere in fallo Gesù. 
Se infatti Gesù avesse detto di lasciarla andare allora sarebbe andato contro la Legge di Mosè. Se invece Gesù avesse detto di condannarla, seguendo alla lettera la Legge di Mosè, quale sarebbe stato il valore aggiunto del suo insegnamento? Ma Gesù fa un’affermazione inaudita che “spiazza” i farisei: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». Gesù non nega il giudizio di Dio, ma invita i presenti a guardarsi dentro, e prima di giudicare altri, cambiare se stessi. Gesù invita alla conversione. Nessuno se la sente di scagliare la prima pietra. I presenti si guardano dentro, si ricordano dei propri peccati, e decidono di non lapidare la donna. Se ne vanno. A quel punto Gesù si avvicina alla donna e le ridà la sua dignità perduta. La invita però  a non peccare più. Il giudizio su di lei è solo sospeso, Gesù le da un’altra possibilità. 

Consideriamo ora le interazioni di Gesù con la donna samaritana. Vediamo i passaggi corrispondenti nel Vangelo di Giovanni (4, 1-30): 

1 Quando dunque il Signore seppe che i farisei avevano udito che Gesù stava facendo più discepoli e battezzando più di Giovanni 2 (sebbene non fosse Gesù stesso che battezzava ma i suoi discepoli), 3 lasciò la Giudea e se ne andò di nuovo in Galilea. 4 Or egli doveva passare per la Samaria. 5 Arrivò dunque in una città della Samaria, detta Sichar, vicino al podere che Giacobbe aveva dato a Giuseppe, suo figlio. 6 Or qui c'era il pozzo di Giacobbe. E Gesù, affaticato dal cammino, sedeva così presso il pozzo; era circa l'ora sesta. 7 Una donna di Samaria venne per attingere l'acqua. E Gesù le disse: «Dammi da bere», 8 perchè i suoi discepoli erano andati in città a comperare del cibo. 9 Ma la donna samaritana gli disse: «Come mai tu che sei Giudeo chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?» (Infatti i Giudei non hanno rapporti con i Samaritani). 10 Gesù rispose e le disse: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere", tu stessa gliene avresti chiesto, ed egli ti avrebbe dato dell'acqua viva». 11 La donna gli disse: «Signore, tu non hai neppure un secchio per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva? 12 Sei tu forse più grande di Giacobbe, nostro padre, che ci diede questo pozzo e ne bevve egli stesso, i suoi figli e il suo bestiame?». 13 Gesù rispose e le disse: «Chiunque beve di quest'acqua, avrà ancora sete, 14 ma chi beve dell'acqua che io gli darò non avrà mai più sete in eterno; ma l'acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d'acqua che zampilla in vita eterna». 15 La donna gli disse: «Signore, dammi quest'acqua, affinchè io non abbia più sete e non venga più qui ad attingere». 16 Gesù le disse: «Va' a chiamare tuo marito e torna qui». 17 La donna rispose e gli disse: «Io non ho marito». Gesù le disse: «Hai detto bene: "Non ho marito", 18 perchè tu hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto la verità». 19 La donna gli disse: «Signore, vedo che tu sei un profeta. 20 I nostri padri hanno adorato su questo monte, e voi dite che è a Gerusalemme il luogo dove si deve adorare». 21 Gesù le disse: «Donna, credimi: l'ora viene che nè su questo monte, nè a Gerusalemme adorerete il Padre. 22 Voi adorate quel che non conoscete; noi adoriamo quel che conosciamo; perchè la salvezza viene dai Giudei. 23 Ma l'ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità, perchè tali sono gli adoratori che il Padre richiede. 24 Dio è Spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità». 25 La donna gli disse: «Io so che il Messia, che è chiamato Cristo, deve venire; quando sarà venuto lui ci annunzierà ogni cosa». 26 Gesù le disse: «Io sono, colui che ti parla». 27 In quel momento arrivarono i suoi discepoli e si meravigliarono che parlasse con una donna; nessuno però gli disse: «Che vuoi?» o: «Perchè parli con lei?». 28 La donna allora, lasciato il suo secchio, se ne andò in città e disse alla gente: 29 «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che io ho fatto; non sarà forse lui il Cristo?». 30 Uscirono dunque dalla città e vennero da lui.

Innanzitutto notiamo che Gesù si è avvicinato e ha rivolto la parola a una donna samaritana. Parlando con questa donna Gesù ha abbattuto varie barriere che impedivano ai farisei di parlare a una persona nelle condizioni di quella donna. Innanzitutto era una donna samaritana, quindi non una giudea. In secondo luogo era una peccatrice, in quanto aveva una relazione con un uomo fuori dal matrimonio. Ma Gesù non la esclude. Gesù la tratta in modo paritario, e le chiede acqua da quella fonte. Lei si stupisce e a quel punto Gesù le parla, le dimostra rispetto e le dà dignità. Quindi, Gesù dichiara la sua vera identità a lei. Lui la avvicina alla vera fede, e la converte a Lui. Una donna peccatrice diventa quindi discepola di Gesù. Infatti proclama il Cristo agli altri abitanti del villaggio. Gesù l’ha trattata da persona, senza guardare se fosse donna, samaritana o peccatrice. 

Vediamo come Gesù interagisce con la donna sirofenicia. Vangelo di Marco (7, 24-30): 

24 Poi partì di là e andò nel territorio di Tiro e di Sidone; entrò in una casa e non voleva che alcuno lo sapesse, ma non potè restare nascosto. 25 Infatti una donna, la cui figlia aveva uno spirito immondo, avendo sentito parlare di Gesù, venne e gli si gettò ai piedi. 26 Or quella donna era greca, sirofenicia di origine; e lo pregava di scacciare il demone da sua figlia; 27 ma Gesù le disse: «Lascia che si sazino prima i figli, perchè non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». 28 Ma ella rispose e gli disse: «Dici bene, o Signore, ma anche i cagnolini sotto la tavola mangiano delle briciole dei figli». 29 Allora egli le disse: «Per questa tua parola, va'; il demone è uscito da tua figlia». 30 Ed ella, tornata a casa sua, trovò la figlia coricata a letto, e il demone era uscito da lei.

Questa donna non era israelita ma greca, di origine sirofenicia. Gesù ha provato la fede e l’umiltà della donna straniera. Lei si è dimostrata umile, e per questo è stata premiata. Gesù ha scacciato il demone che era presente nel corpo della figlia della donna. Gesù ha dimostrato ancora una volta il suo potere. Ma ha anche avvicinato quella donna a Lui, alla vera fede. Ancora una volta Gesù ha avuto compassione, ha mostrato il vero volto di Dio, compassionevole. 

Vediamo come Gesù interagisce con le sorelle di Lazzaro, Maria e Marta. Ci sono tre episodi nei quali esse sono citate. Vediamo il primo, Vangelo di Luca (10, 38-42):

38 Ora, mentre essi erano in cammino, avvenne che egli entrò in un villaggio; e una certa donna, di nome Marta, lo ricevette in casa sua. 39 Or ella aveva una sorella che si chiamava Maria, la quale si pose a sedere ai piedi di Gesù, e ascoltava la sua parola. 40 Ma Marta, tutta presa dalle molte faccende, si avvicinò e disse: «Signore, non t'importa che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». 41 Ma Gesù, rispondendo, le disse: «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti inquieti per molte cose; 42 ma una sola cosa è necessaria, e Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

Per comprendere questo passaggio bisogna considerare che ai tempi di Gesù alle donne non era permesso di approfondire i temi delle Scritture, la teologia e l’escatologia. In questo caso Maria stava ascoltando le parole di Gesù. Ma Marta si inserì nel discorso di Gesù volendo che Maria l’aiutasse nelle faccende domestiche. A questo punto Gesù risponde pacatamente, affermando che Maria ha scelto di ascoltare la parola di Dio, che è la cosa più importante. Gesù ha dato quindi valore a Maria, come persona. L’ha posta in un piano assolutamente uguale agli uomini, affermando il suo diritto ad ascoltare le cose della fede. Ha inoltre dato diritto a Maria di non essere uguale a Marta, ma di avere una sua personalità, una sua individualità. 

Vediamo ora il secondo passaggio, Giovanni (11, 17-44): 

17 Arrivato dunque Gesù, trovò che Lazzaro era già da quattro giorni nel sepolcro. 18 Or Betania distava da Gerusalemme circa quindici stadi. 19 E molti Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle del loro fratello. 20 Marta dunque, come udì che Gesù veniva, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21 Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto, 22 ma anche adesso so che tutto quello che chiederai a Dio, Dio te lo darà». 23 Gesù le disse: «Tuo fratello risusciterà». 24 Marta gli disse: «Lo so che risusciterà nella risurrezione all'ultimo giorno». 25 Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chiunque crede in me, anche se dovesse morire, vivrà. 26 E chiunque vive e crede in me, non morrà mai in eterno. Credi tu questo?». 27 Ella gli disse: «Sì, Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, che doveva venire nel mondo». 28 E, detto questo, andò a chiamare di nascosto Maria, sua sorella, dicendo: «Il Maestro è qui e ti chiama». 29 Appena udito ciò, ella si alzò in fretta e venne da lui. 30 Or Gesù non era ancora giunto nel villaggio, ma si trovava nel luogo dove Marta lo aveva incontrato. 31 Perciò i Giudei che erano in casa con lei per consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, dicendo: «Ella se ne va al sepolcro per piangere là». 32 Appena Maria giunse al luogo in cui si trovava Gesù, e lo vide, si gettò ai suoi piedi, dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto». 33 Gesù allora, come vide che lei e i Giudei che erano venuti con lei piangevano, fremè nello spirito e si turbò, 34 e disse: «Dove l'avete posto?». Essi gli dissero: «Signore, vieni e vedi». 35 Gesù pianse. 36 Dissero allora i Giudei: «Vedi come l'amava!». 37 Ma alcuni di loro dissero: «Non poteva costui che aprì gli occhi al cieco, far sì che questi non morisse?». 38 Perciò Gesù, fremendo di nuovo in se stesso, venne al sepolcro; or questo era una grotta davanti alla quale era stata posta una pietra. 39 Gesù disse: «Togliete via la pietra!». Marta, la sorella del morto, gli disse: «Signore, egli puzza già, poichè è morto da quattro giorni». 40 Gesù le disse: «Non ti ho detto che se credi, vedrai la gloria di Dio?». 41 Essi dunque tolsero la pietra dal luogo dove giaceva il morto. Gesù allora, alzati in alto gli occhi, disse: «Padre, ti ringrazio che mi hai esaudito. 42 Io sapevo bene che tu mi esaudisci sempre, ma ho detto ciò per la folla che sta attorno, affinchè credano che tu mi hai mandato». 43 E, detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44 Allora il morto uscì, con le mani e i piedi legati con fasce e con la faccia avvolta in un asciugatoio. Gesù disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare». 45 Allora molti dei Giudei, che erano venuti da Maria e avevano visto tutto quello che Gesù aveva fatto, credettero in lui.

In questo passaggio Gesù mostra compassione nei confronti di Marta e Maria. Gesù ascolta la disperazione di Marta per la perdita del fratello e dopo aver dichiarato la sua Divinità, Gesù domanda a Marta se lei crede in Lui. Marta risponde affermativamente. Con Maria la conversazione è differente. Lei si dispera e Gesù piange. Gesù dimostra la sua piena umanità con Maria. Poi Gesù attua il miracolo, resuscita Lazzaro e così facendo fa suscitare in Marta, Maria e tutti i presenti la vera fede in Lui. 

Vediamo ora il terzo passaggio, nel Vangelo di Giovanni (12, 1-8): 

1 Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. 2 E qui gli fecero una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. 3 Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell'unguento. 4 Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse: 5 «Perchè quest'olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?». 6 Questo egli disse non perchè gl'importasse dei poveri, ma perchè era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. 7 Gesù allora disse: «Lasciala fare, perchè lo conservi per il giorno della mia sepoltura. 8 I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».

Questo passaggio si riferisce all’unzione di Betania. Maria di Betania fece un gesto di venerazione massimo nei confronti di Gesù. Con questo gesto lo ha consacrato come l’unico e solo Messia di Israele. Giuda si oppose a questo gesto di venerazione, primo perchè non riconosce in Gesù il Messia e inoltre perchè era pure un ladro e avrebbe voluto impossessarsi del valore di quel profumo. 

Vediamo come Gesù interagisce con una donna peccatrice.
Nel Vangelo di Luca si registra anche un’altra “unzione”. Una donna peccatrice entrò nella stanza dove Gesù stava conversando con dei farisei e si gettò  ai piedi di Gesù. Vediamo il passaggio corrispondente, Vangelo di Luca (7, 36-50):

36 Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. 37 Ed ecco una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, venne con un vasetto di olio profumato; 38 e fermatasi dietro si rannicchiò piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato. 39 A quella vista il fariseo che l'aveva invitato pensò tra sè. «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice». 40 Gesù allora gli disse: «Simone, ho una cosa da dirti». Ed egli: «Maestro, di' pure». 41 «Un creditore aveva due debitori: l'uno gli doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta. 42 Non avendo essi da restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi dunque di loro lo amerà di più?». 43 Simone rispose: «Suppongo quello a cui ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». 44 E volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e tu non m'hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. 45 Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi. 46 Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi. 47 Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poichè ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco». 48 Poi disse a lei: «Ti sono perdonati i tuoi peccati». 49 Allora i commensali cominciarono a dire tra sè: «Chi è quest'uomo che perdona anche i peccati?». 50 Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va' in pace!».

Anche in questo caso Gesù ha mostrato la sua compassione con la donna peccatrice. Gesù ha percepito il suo reale pentimento e l’ha perdonata, ha dato a lei un’altra possibilità. Il fariseo l’ha osteggiato inmediatamente sostenendo che quella donna era una peccatrice e che Gesù non avrebbe dovuto parlare con lei. A questo punto Gesù coglie al volo l’occasione per istruire il fariseo sul fatto che con il pentimento e l’amore una persona può ottenere il perdono dei suoi peccati. 

Le donne hanno pertanto avuto un ruolo centrale nella predicazione di Gesù. Lui le ha ascoltate, le ha comprese, ha dato loro dignità, le ha sanate da infermità, e ha acceso in loro una speranza, ha risvegliato in loro la vera fede, ha mostrato loro compassione e le ha rese libere. 

Yuri Leveratto 

Immagine: Johannes Vermer, Cristo nella casa di Maria e Marta.

lunedì 8 ottobre 2018

La presentazione del Re e il ripudio da parte di Israele. Commento del Vangelo secondo Matteo


Nel Vangelo secondo Matteo si descrive la presentazione del Messia davanti a Israele. Nella prima parte del libro si descrive la presentazione di Gesù con i suoi diritti legali, morali, giudiziali e profetici al trono, diritti che sono stati pienamente autenticati dai suoi miracoli. 
Il secondo aspetto che si descrive è l’opposizione e il ripudio del Messia da parte della nazione di Israele. Il risultato di questo ripudio è l’annuncio di un programma nuovo: la fondazione della Chiesa. 
Il terzo grande aspetto del Vangelo di Matteo è il culmine del ripudio al Messia, al quale seguirà il suo processo e la sua condanna a morte. La Risurrezione del crocifisso è stata l’approvazione divina di tutte le affermazioni di Gesù e la sua autenticazione come Messia. 
Matteo dedica la prima parte del suo Vangelo alla presentazione e autenticazione di Gesù come Messia di Israele. (1, 1-11, 1).
In questa prima parte, vi è la presentazione della ascendenza di Gesù (1, 1-17). Con questa lista degli antenati di Gesù, Matteo intende affaremare che Gesù è figlio di Abramo e della stirpe di Davide, come doveva essere il Messia promesso. 
Gesù è pertanto il Messia promesso e ha pertanto diritto al trono. Nei versi successivi (1, 18-2, 23), si prova la sua nascita verginale. Anche questo fatto prova il suo diritto al trono, infatti il Messia è Dio, nel concetto giudaico, ma è anche uomo (si veda Isaia 9, 5-6 e Daniele 7, 13-14).
Il nome che gli fu dato (1, 24-25) lo relaziona con Giosuè, colui che guidò  il popolo degli israeliti alla terra promessa e a una vita di pace e riposo. (Gesù deriva dal greco Ιησούς, Ieosus). 
Durante la sua infanzia Gesù viene omaggiato da i re magi, che non erano giudei, ma viene ripudiato dai giudei (2, 13-15) e la sua famiglia è costretta a viaggiare in Egitto. 
Nel terzo capitolo Matteo presenta l’ambasciatore del Re, il profeta Giovanni il Battista (3, 1-12), per dimostrare che le scritture si stavano compiendo. 
Nei passaggi seguenti Matteo descrive l’approvazione del Re, iniziando con il suo battesimo (3, 13-17), nel quale Dio manifesta la sua approvazione al Messia. Poi Matteo descrive la vittoria di Gesù su Satana (4, 1-11), che sancisce il suo diritto morale per governare. 
Nella seconda sezione di questa prima parte, Matteo registra le proclamazioni del Re (4, 12-7, 29), che sanciscono il suo diritto giudiziale per governare. 
La sua autorità reale si manifesta nella sua capacità di condurre gli uomini all’obbedienza (4, 12-22). Nei versi (4, 23-25), Matteo presenta le credenziali di Gesù, che sono regali, in quanto Egli ha potere sulle infermità. 
Gesù aveva dimostrato quindi un’autorità reale. Sia il suo precursore, Giovanni, che Lui stesso, avevano annunciato che il Regno si stava avvicinando e i miracoli avevano provato la validità di quest’annuncio. La gente desiderava sapere quali erano i requisiti per entrare in questo regno annunciato. Il discorso della Montagna fu pronunciato per esporre completamente i requisiti per entrare nel Regno. In esso si descrivono i sudditi del Regno (5, 1-16), si stabilisce la relazione del Re con la Legge (5, 17-20), si espongono le false interpretazioni che i farisei facevano dei requisiti della Legge (5, 21-48) e si rivelano le false pratiche dei farisei (6, 1-7, 6). 
Si danno quindi istruzioni a coloro che entrerebbero nel Regno in rispetto alla preghiera (7, 7-11), alla vera giustizia (7, 12), al cammino di acceso al regno (7, 13-14), ai falsi maestri (7, 15-23) e con rispetto ai due possibili cammini (7, 24-29).

A partire dal capitolo ottavo viene presentato il potere del Re. L’autorità del Messia si manifesta nella sfera dell’infermità quando sana il lebbroso (8, 1-4), il paralitico (8, 5-13) e la donna che era dominata dalla febbre (8, 14-15). Il Re dimostra la sua autorità contro i demoni (8, 16-17), sugli uomini (8, 18 - 22; 9, 9), sulla natura (8, 23-27), sul peccato (9, 1-8), sulla tradizione (9, 10-17), sulla morte (9, 18-26), sulle tenebre (9, 27-34). Tutte queste dimostrazioni di autorità servirono per manifestare i suoi diritti al trono come Messia (9, 35). 
La dimostrazione finale di questa autorità si nota in quanto Lui può delegare questa autorità ad altri (9, 35-11, 1). In questa parte del Vangelo il Messia è motivato dalla compassione (9, 35-38), e chiama a se i suoi discepoli (10, 1-4), dando loro una commissione (10, 5-11, 1). Il messaggio a loro impartito è per ora esclusivamente per Israele (10, 4-5), in quanto la sua condizione è perduta (10, 6). Nei versi successivi (10, 7-8), il Re istruisce i suoi discepoli a diffondere lo stesso messaggio divulgato precedentemente da Lui, che sarà autenticato dagli stessi segni che autenticarono il suo ministero (i miracoli). 
I discepoli sarebbero stati perseguiti e ripudiati in seguito a questo annuncio (10, 16-23). Tuttavia sarebbero stati consolati in quanto amati dal Padre (10, 24-33) e ci sarebbe stata una ricompensa per la loro predicazione e per coloro che la avessero ricevuta (10, 40-42).
Fino a qui, nel Vangelo di Matteo è stata presentata la persona del Re davanti alla sua nazione. Il suo diritto legale, morale, giudiziale e profetico erano stati provati. A questo punto inizia il ripudio del Re dal parte della nazione di Israele (11, 2-16, 12). 
Innanzitutto Matteo descrive l’opposizione al precursore, Giovanni il Battista (11, 2-15), continua con una critica (11, 16-19) e culmina con l’opposizione degli indifferenti (11, 20-24). Tuttavia anche se vi è stata opposizione, vi è un ulteriore invito a coloro che “si fanno come bambini” (11, 25-30).
Quindi Matteo descrive le controversia con le autorità. Le prime due controversie sono sulla questione del sabato (12, 1-21), la terza sulla guarigione di un indemoniato (12, 22-37). A causa di questo miracolo il Messia è stato accusato di sanare gli infermi con potere e autorità sataniche. Gesù confuta questa accusa, indicando che la divisione all’interno del regno di Satana è impossibile (12, 25-26) e che gli esorcisti non si possono accusare di potere satanico (12, 27). Gesù afferma che al contrario il miracolo deve interpretarsi come dimostrazione di autorità messianica (12, 28).
A tutta questa controversia segue una severa avvertenza (12, 31-37), in quanto alla gravità del peccato di ripudiare il testimonio dello Spirito Santo in riferimento alla persona di Gesù Cristo. 
Vi è poi una quarta controversia (12, 38-42), quando al Messia gli si chiede una maggiore evidenza sulla sua persona. La conclusione di questa controversia la si trova in (12, 43-50), dove Cristo ripudia le relazioni naturali come quella che Israele aveva con Lui, e anticipa una nuova relazione con tutti i popoli, basata sulla fede.
A questo punto Matteo descrive le conseguenze del ripudio (13, 1-52). Nelle parabole di questo capitolo il Messia descrive lo sviluppo del programma del Regno alla luce del ripudio da parte di Israele. Inoltre il Messia descrive i fatti del periodo di tempo che va dal ripudio della sua persona, fino alla futura accettazione del Messia da parte di Israele, durante il suo secondo avvento. 
Matteo inizia quindi a presentare nei dettagli il culmine del ripudio del Messia da parte di Israele. Vi è ripudio in Nazaret (13, 53-58), vi è ripudio da parte di Erode (14, 1-36), e vi è ripudio da parte degli scribi e farisei (15, 1-39), anche se Gesù dimostra il suo potere guarendo la figlia della donna sirofenicia (15, 21-28). 
Gesù dimostra di aver potere per sanare molti infermi (15, 29-31) e dimostra potere sulle forze della natura alimentando quattromila persone (15, 32-39). Vi è un ulteriore ripudio finale da parte di farisei e sadducei ((16, 1-12), che termina nella decisione da parte di Gesù di non mostrare più segni del suo potere, ad eccezione del segno di Giona, e con ciò  Gesù si riferisce alla sua morte e alla sua Risurrezione gloriosa. 
Pertanto tutta questa parte del Vangelo di Matteo (11, 2 – 16, 12) è la descrizione della progressiva opposizione contro il Messia. 
A questo punto il Messia annuncia un programma completamente nuovo e inesperato: la fondazione della Chiesa (16, 13-20). 
Inizialmente il Messia concede una rivelazione ai discepoli, in vista della sua morte, che si avvicina (16, 13-17). Quindi segue la rivelazione relazionata al suo programma per la Chiesa (16, 17-20) e quella relazionata con la morte del Messia (16, 21-26). Quindi il Messia concede una rivelazione sul programma del Regno. La Trasfigurazione infatti è un archetipo della venuta del Figlio dell’Uomo in gloria (16, 27).
Quindi Matteo presenta le istruzioni del Messia in vista della sua morte (17, 22 – 20, 34). 
In questa sezione vi sono istruzioni con ripetto alle persecuzioni (17, 22-23), ai privilegi dei figli (17, 24-27), all’umiltà (18, 1-5), alle offese (18, 6-14), alla disciplina (18, 15-20), al perdono (18, 21-35), al divorzio (19, 1-12), al ricevere i bambini (19, 13-15), alle ricchezze (19, 16-26), al servire (19, 27 – 20, 16), alla morte di Gesù (20, 17-19), all’ambizione (20, 20-28) e all’autorità messianica (20, 29-34).  
Quindi Matteo inizia a descrivere la presentazione e il ripudio formale del Re (21, 1 – 27, 66). Questa sezione inizia con l’entrata trionfale a Gerusalemme (21, 1-17), che risultava essere il compimento della profezia di Daniele (9, 24-27). La cacciata dei mercanti dal tempio (21, 12-13) è una parte addizionale della sua presentazione formale, infatti il Messia attua in nome di suo Padre per purificare il tempio di suo Padre. La succesiva guarigione degli infermi (21, 4) è una addizionale presentazione formale, in quanto in essa Gesù dimostra ancora la sua autorità. L’atto finale della presentazione formale di Gesù come il Messia è l’accettazione della lode che gli è fatta dal popolo (21, 15-17). Dopo questa presentazione formale, il Messia si ritirò  da Gerusalemme (21, 17). E’ un fatto significativo ed è dovuto al ripudio da parte della nazione. A ciò segue la maledizione del fico da parte di Gesù (21, 18-22). 
Il fico era un simbolo per rappresentare la nazione di Israele nella Scrittura, pertanto questo atto del Messia può  essere visto il ripudio di Gesù alla nazione di Israele. 
Da qui in avanti nel Vangelo di Matteo si descrive la disputa finale tra Gesù e la nazione di Israele. (21, 23 - 22, 46). Innazitutto vi è una disputa con sacerdoti e anziani (21, 23), sulla questione della sua autorità. Vi sono tre parabole dove si illustra questa disputa. La prima è la parabola dei due figli (21, 28-32), nella quale Gesù indica l’attitudine dei sacerdoti davanti al suo ministero. Nella parabola del padrone della vigna (21, 33-46), Gesù indica l’attitudine dei giudei verso il Padre e verso Lui stesso, il Figlio. Infine vi è la parabola della festa di nozze (22, 1-14), nella quale è indicata l’attidutine dei giudei in seguito all’invito che Dio gli fa di entrare nel Regno. 
Vi è poi una disputa con gli erodiani (22, 15-22) sulla questione dei tributi, nella quale Gesù distingue tra la sfera materiale dello stato e la sfera spirituale del rapporto con Dio. Segue una disputa con i sadducei (22, 23-33), sulla questione della resurrezione, e un’ultima disputa con i farisei (22, 34-46) sulla interpretazione della Legge. In quest’ultima disputa Gesù riassume quali sono i due comandamenti più importanti della Legge.
Nei passi successivi, il Re manifesta il suo ripudio alla nazione di Israele dovuto al fatto che Israele aveva manifestato per prima ripudio a Lui e al suo Regno (23, 1-39). 
Il capitolo ventitreesimo culmina con l’annuncio del giudizio (23, 33) e una dichiarazione finale di desolazione (23, 38). 
Nei passaggi successivi il Re fa delle predizioni sugli evento futuri relazionati con la nazione di Israele. (24, 1 - 25, 46). 
In risposta alle domande dei suoi discepoli in riferimento al futuro della città e della nazione, il Messia descrive il periodo della tribolazione (24, 4-26), il suo secondo avvento (24, 27-30) e la riunione di Israele (24, 31).
A questo punto vi è un’ esortazione a tenersi pronti (24, 32-51). 
Poi il Re continua esponendo il giudizio contro Israele (25, 1-13 e 25, 14-30) e il giudizio contro i gentili (25, 31-46), per indicare che solo i salvi entraranno nel millennio che seguirà il secondo avvento di Gesù. 
A questo punto Matteo inizia a descrivere gli evento della passione del Re (26, 1 – 27-66). Vengono descritti gli evento che precedono la sua morte (26, 1 - 27-32). 
In questi passaggi sono descritti l’annuncio del tempo della morte del Messia (26, 1-2), la cospirazione (26, 3-5), l’unzione (26, 6-13), il tradimento (26, 14-16), l’osservanza della Pasqua e l’istituzione della Cena del Signore (26, 17-30), la predizione della negazione di Pietro (26, 31-35), i dialoghi del Getsemanì (26, 36-46). Quindi si descrive l’arresto, il processo e il giudizio del Messia (26, 47 – 27, 32), dove l’unica questione che si presenta davanti al tribunale è se Gesù era il Messia, il Figlio di Dio (26, 63). 
In seguito si descrivono gli evento della sua morte e della sua sepoltura (27, 33-66). Vi sono varie evidenze nella crocifissione stessa che dimostrano che colui il quale era messo a morte era veramente il Messia. La spartizione delle vesti del Messia (27, 35) si riconosce come il compimento di un Salmo messianico e relaziona pertanto questo evento con il Messia stesso. La iscrizione sulla croce (27, 37), è un indizio addizionale. Le ingiurie che il Re ha ricevuto (27, 40), sono dovute al fatto che Lui aveva detto di avere poteri messianici. Gli scherni dei sacerdoti (27, 42-43), sono dovute al fatto che Lui ha offerto una salvezza che solo il Messia poteva presentare al popolo. 
I fenò meno atmosferici sopranaturali (27, 45), la celebre frase “Dio, mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato?” (27, 46) e come l’offerta dell’aceto (27, 48) sono tutti evento predetti nei Salmi. 
I miracoli che accompagnarono la sua morte (27, 45; 27, 51; 27, 52), sono prova che Lui era realmente il Messia, il Figlio di Dio. 
La sua sepoltura (27, 57-60) è stata il compimento della profezia di Isaia (cap. 53). 
Persino la morte e la sepoltura di Cristo, che sembrano una apparente sconfitta del suo proposito nel compiere i patti con Israele, sono evidenze della sua messianicità. 

L’aspetto finale del Vangelo secondo Matteo, consiste nella prova cardine del diritto messianico del Re: la Resurrezione del Messia (28, 1-20). La tomba vuota (28, 1-8) e le apparizioni dopo la Risurrezione (28, 9-10), sono evidenza sufficiente che Lui è il Messia. I capi sacerdoti dovettero ricorrere a uno stratagemma per negare la Risurrezione (28, 11-15). 
La grande commisione (28, 16-20) è l’ultima dimostrazione dell’autorità messianica del Re. 

Yuri Leveratto

Bibliografia: Dwight Pentecost, Eventos del Porvenir

domenica 7 ottobre 2018

Il Testimonium Flavianum, prova della storicità di Gesù Cristo



Il Testimonium Flavianum è costituito da due paragrafi del libro “Antichità Giudaiche”, scritto dallo storico ebreo Giuseppe Flavio, e pubblicato nel 93 d.C. 
Lo scritto in questione è importante per determinare la storicità di Gesù. 
Tuttavia dopo un’analisi attenta, si evince che all’interno di esso vi sono alcune interpolazioni che sono state aggiunte per risaltare la Divinità di Cristo. Come vedremo nell’articolo però il Testimonium Flavianum, nella sua versione originale, resta un documento di assoluto valore da un punto di vista storico. 
Vediamo lo scritto come ci è pervenuto nella maggioranza dei manoscritti occidentali (1).

Antichità Giudaiche (18, 63-64):

«Allo stesso tempo, circa, visse Gesù, uomo saggio, (se pure uno lo può chiamare uomo); poichè egli compì opere sorprendenti, e fu maestro di persone che accoglievano con piacere la verità. Egli conquistò molti Giudei e molti Greci. (Egli era il Cristo).
Quando Pilato udì che dai principali nostri uomini era accusato, lo condannò alla croce. Coloro che fin da principio lo avevano amato non cessarono di aderire a lui. (Nel terzo giorno, apparve loro nuovamente vivo: perchè i profeti di Dio avevano profetato queste e innumeri altre cose meravigliose su di lui). E fino ad oggi non è venuta meno la tribù di coloro che da lui sono detti Cristiani.»

Questo scritto riporta alcune frasi che danno ad intendere che chi le ha scritte doveva credere nella Divinità di Gesù (le frasi tra parentesi). Però sappiamo che Giuseppe Flavio non era un cristiano.
Vi sono tre frasi all’interno del Testimonium Flavianum che possibilmente non sono state scritte da Giuseppe Flavio. 
1-“se pure lo si può  chiamare uomo”. Questa frase sembra aggiunta, in quanto lascia ad intendere che Gesù non sia stato solo umano, ma anche divino. Un ebreo non cristiano non avrebbe potuto scriverla. 
2-“Egli era il Cristo”. Anche questa frase non avrebbe potuto essere scritta da un ebreo non cristiano in quanto Cristo significa Messia, e gli ebrei non cristiani non consideravano che Gesù fosse il Messia. 
3-“ Nel terzo giorno, apparve loro nuovamente vivo: perchè i profeti di Dio avevano profetato queste e innumeri altre cose meravigliose su di lui”. Anche questa frase non potrebbe essere stata scritta da un ebreo non cristiano in quanto presuppone la Risurrezione, e presuppone la concordanza delle profezie con la vita di Gesù. 
Inoltre, la logica dice che se realmente Giuseppe Flavio avesse scritto queste tre frasi, avrebbe creduto in Gesù. Ma in questo caso gli avrebbe dedicato molto più di due paragrafi.

A questo punto vi sono alcuni scettici non cristiani che sostengo che tutto il Testimonium Flavianum sia una interpolazione e che Giuseppe Flavio non abbia mai scritto nulla su Gesù. 
Ma anche questa tesi, viene a cadere, per vari motivi. Innanzitutto perchè all’interno di Antichità Giudaiche, Giuseppe Flavio cita ancora una volta Gesù. Vediamo: 

Antichità Giudaiche (20, 200):

«Anano [...] convocò i giudici del Sinedrio e introdusse davanti a loro un uomo di nome Giacomo, fratello di Gesù, che era soprannominato Cristo, e certi altri, con l'accusa di avere trasgredito la Legge, e li consegnò perchè fossero lapidati.»

In questa frase Giuseppe Flavio descrive Gesù come “colui che era soprannominato Cristo”. Da ciò si evince innazitutto che la frase “Egli era il Cristo” nel Testimonium Flavianum è interpolata. Infatti, perchè Giuseppe Flavio avrebbe dovuto scrivere in una parte del suo libro che Gesù è il Cristo e poi avrebbe scritto in un’altra parte del suo libro che “Gesù era soprannominato il Cristo”?
Però da questa frase si evince anche un’altra cosa: Giuseppe Flavio conosceva Gesù, anche se non credeva che fosse il Cristo. E pertanto si suppone che il Testimoniom Flavianum, depurato delle interpolazioni, sia stato scritto realmente da Giuseppe Flavio. 

La prova finale del fatto che il Testimonium Flavianum (depurato delle interpolazioni) è originale, è stata trovata nel 1971, quando lo storico ebreo Sholmo Pines dell’Universtità Ebraica di Gerusalemme ha pubblicato una versione del Testimonium Flavianum citato in un manoscritto arabo del X secolo. 
Il brano compare ne “Il libro del Titolo” dello storico arabo cristiano, nonchè vescovo melchita di Hierapolis Bambyce (2), Agapio (3), morto nel 941 d.C. 
La versione di Agapio risulta essere una copia di un’opera ancora più antica di Teofilo di Edessa (morto nel 785 d.C.). 
Ecco la versione di Agapio del Testimonium Flavianum (4):

«Egli afferma nei trattati che ha scritto sul governo dei Giudei: «In questo tempo viveva un uomo saggio che si chiamava Gesù, e la sua condotta era irreprensibile, ed era conosciuto come un uomo virtuoso. E molti fra i Giudei e le altre nazioni divennero suoi discepoli. Pilato lo condannò a essere crocifisso e morire. E quelli che erano divenuti suoi discepoli non abbandonarono la propria lealtà per lui. Essi raccontarono che egli era apparso loro tre giorni dopo la sua crocifissione, e che egli era vivo. Di conseguenza essi credevano che egli fosse il Messia, di cui i Profeti avevano raccontato le meraviglie».»

Questa scoperta di Sholmo Pines è di un’importanza enorme. Intanto prova che vi è almeno un manoscritto (di origine siriaca e non occidentale), dove il Testimonium Flavianum risulta diverso da come si legge nei manoscritti occidentali. 
Il Testimonium Flavianum, nella sua versione siriaca, concorda con la seconda citazione di Giuseppe Flavio (20, 200, dove è scritto che “Gesù era soprannominato Cristo”). 
Nel Testimonium Flavianum siriaco si descrive innazitutto che Gesù era un saggio, conosciuto come un uomo virtuoso, che ebbe molti seguaci. Si descrive che Pilato lo condannò  a morte per crocifissione e che dopo essere morto, apparve vivo dopo tre giorni. Si descrive inoltre che i suoi seguaci credevano che egli fosse il Messia. 

Possiamo concludere dunque che il Testimonium Flavianum nella sua versione originale è un documento storico di assoluto valore, che ci mostra che: 
1-Gesù è un personaggio storico.
2-Gesù era un saggio e aveva molti seguaci.
3-Gesù è stato condannato a morte per crocifissione da Ponzio Pilato. 
4-Dopo la sua morte i suoi seguaci hanno detto che era apparso loro nuovamente vivo.
5-Essi credevano che egli fosse il Messia.  

Yuri Leveratto

Immagine: Testimonium Flavianum, Biblioteca Ambrosiana.

Note:
1-http://www.tertullian.org/rpearse/manuscripts/josephus_antiquities.htm
1- In Antichità Giudaiche si descrive anche la persona di Giovanni il Battista. (Antichità giudaiche 18, 116-119)
2- https://it.wikipedia.org/wiki/Ierapoli_Bambice
3- https://it.wikipedia.org/wiki/Agapio_di_Ierapoli
4- (Traduzione di Shlomo Pines, citata da J.D. Crossan.)
http://khazarzar.skeptik.net/books/pines01.pdf