venerdì 25 novembre 2016

Legge, Grazia e Verità: analisi del diciassettesimo verso del Vangelo di Giovanni



Nel sedicesimo verso Giovanni ci ha mostrato che Gesù Cristo ci ha dato parte della sua pienezza: grazia su grazia. Nel diciasettesimo verso Giovanni puntualizza la differenza tra la Legge (nomos), la Grazia (charis) e la Verità (aletheia), queste ultime due date da Gesù Cristo. Vediamo il diciasettesimo verso del Vangelo di Giovanni:

Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.

Vediamo la corrispondente pronuncia in greco:

Hoti o nomos dia Mōuseōs edothē hē charis kai hē alētheia dia Iēsou Christou egeneto

Innanzitutto Gesù Cristo è un personaggio storico, ugualmente a come lo fu Mosè.
Però Cristo non è solo al di fuori di noi come lo è stato Mosè. Per il credente, ossia per colui il quale accoglie Gesù Cristo nel suo cuore, Gesù vive in lui e attua un cambiamento in lui. E per il credente Gesù è fonte di pienezza, ed è dispensatore di Grazia e Verità.
Il diciasettesimo verso non vuole mostrare alcun contrasto tra Mosè e Cristo. E neppure tra la Legge, la Grazia e la Verità. Giovanni vuole puntualizzare che mentre Dio ha dato la Legge per mezzo di Mosè, Gesù ha portato la Grazia e la Verità. Anteriormente ci si salvava per fede e seguendo la Legge, ora ci si salva credendo nel sacrificio di Gesù Cristo per noi sulla croce. Ci si salva accettando la Grazia, con la fede.
Però per quale motivo Giovanni ribadisce che Dio diede la Legge per mezzo di Mosè, antecedentemente alla Grazia?
Proprio per il fatto che la prima trasgressione della legge fu in Adamo. Dio aveva dato all’uomo la possibiltà di scelta, in quanto non poteva forzare l’uomo a scegliere il bene. Però poteva imporre un castigo per le trasgressioni. La Legge non fu “un’opzione di Dio”, ne la conseguenza della disobbedienza dell’uomo a Dio. Dopo l’uscita degli ebrei dall’Egitto, Dio scelse Mosè per dare la legge agli uomini. Mosè fu utilizzato da Dio solo come strumento. La legge fu data in un determinato momento storico. Per questo si usa il verbo edothe, “fu data”, che si riferisce ad un determinato periodo.
La Legge data da Dio per mezzo di Mosè era divisa in tre parti: cerimoniale, giudiziale e morale. Una parte della Legge era rivolta solo a Israele, mentre un’altra parte si estendeva a tutte le persone.
La legge cerimoniale si relazionava con il compimento di sacrifici e offerte. Queste norme si applicavano solo al popolo degli ebrei fino al tempo di Gesù Cristo, che fu il compimento della legge cerimoniale. Gesù Cristo si è convertito nel sacrificio finale e perfetto per tutti gli uomini per mezzo dello spargimento del suo sangue nella croce. Dopo la sua morte non era più necessario lo spargimento del sangue di animali per la remissione temporanea dei peccati. Pertanto con Cristo troviamo il compimento della legge cerimoniale. La legge cerimoniale era rivolta solo agli ebrei, infatti in Esodo (34, 23-24), si impone che ogni persona che era sotto la legge cerimoniale doveva recarsi a Gerusalemmme tre volte all’anno. E’ evidente che si riferiva solo agli ebrei. Pertanto oggi, gli ebrei di religione giudaica, dovrebbero recarsi a Gerusalemme tre volte all’anno, se applicassero alla lettera la Legge.
La legge cerimoniale pertanto non si applicò mai ai “gentili”, ossia ai non ebrei. Per gli ebrei cristiani il compimento della legge cerimoniale è stato Gesù Cristo. Infatti, leggiamo la Lettera ai Romani (10, 4):

Ora, il termine della Legge è Cristo, perché la giustizia sia data a chiunque crede.

Per quanto riguarda le Leggi giudiziali, esse si riferivano al governo dello stato di Israele. Queste leggi non erano obbligatorie per nessun’altra nazione. Israele era una teocrazia e Dio diede leggi per il suo governo.
La Legge morale è contenuta principalmente nei dieci comandamenti. Sono principi generali e morali che si riferivano a tutte le persone di qualunque etnia e che ancora adesso hanno vigenza (per i dieci comandamenti vedere Esodo, cap. 20).
Tuttavia, il rispetto assoluto dei dieci comandamenti non è sufficente per la salvezza. Al contrario, chi ha accettato Gesù Cristo nel suo cuore, naturalmente rispetterà i dieci comandamenti (1).
In altre parole non è il rispetto dei dieci comandamenti che porta l’uomo alla salvezza, ma è la fede che Gesù Cristo sia morto per i nostri peccati che porta l’uomo alla salvezza. Infatti anche se una persona rispettasse alla lettera i dieci comandamenti sarebbe sempre un peccatore. Non potrà salvarsi “da solo”, ne con azioni di riparazione dei suoi peccati (il peccato resta), ne con azioni buone tese a compensare il peccato. Solo accettando la Grazia data da Gesù Cristo, per mezzo della fede, l’uomo può salvarsi. Infatti vediamo questi due passaggi neo-testamentari:

Lettera ai Galati (3, 13):

Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della Legge, diventando lui stesso maledizione per noi, poichè sta scritto: Maledetto chi è appeso al legno, 

Lettera ai Romani (8, 1):

Ora, dunque, non c’è nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù.

Pertanto Gesù si è caricato dei nostri peccati e se accogliamo il suo sacrificio ci liberiamo dal potere di condanna della Legge, senza violarla, perché in Cristo troviamo il compimento della Legge morale di Dio.
Però in che cosa e perché la Grazia e la Verità sono superiori alla Legge?
Mosè non fu la personificazione della Legge. Ma Gesù Cristo fu la personificazione della Grazia e della Verità. Vediamo alcune frasi che richiamano alla Legge e altre che richiamano invece alla Grazia e alla Verità.

Legge:
Lettera ai Romani (6, 23 a):

Perché il salario del peccato è la morte; 

Grazia:
Lettera ai Romani (6, 23b):

ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore. 

Legge:
Ezechiele (18, 20):

Chi pecca morirà; il figlio non sconterà l’iniquità del padre, nè il padre l’iniquità del figlio. Sul giusto rimarrà la sua giustizia e sul malvagio la sua malvagità.

Grazia:
Vangelo di Giovanni (11, 25-26):

Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 

La Legge pronuncia condanna e morte.
La Grazia proclama giustificazione e vita.

Grazia:
Ezechiele (11, 19):

Darò loro un cuore nuovo, uno spirito nuovo metterò dentro di loro. Toglierò dal loro petto il cuore di pietra, darò loro un cuore di carne, 

Ezechiele (36, 26):

vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne.

Legge:
Lettera ai Galati (3, 10):

Quelli invece che si richiamano alle opere della Legge stanno sotto la maledizione, poichè sta scritto: Maledetto chiunque non rimane fedele a tutte le cose scritte nel libro della Legge per metterle in pratica. 

Grazia:
Salmi (32, 1-2):

Beato l’uomo a cui è tolta la colpa
e coperto il peccato.
Beato l’uomo a cui Dio non imputa il delitto
e nel cui spirito non è inganno.

Legge:
Deuteronomio (6, 5):

Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. 

Grazia:
Vangelo di Giovanni (3, 16-17):

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 

La Legge descrive ciò che l’uomo deve fare per Dio.
La Grazia descrive ciò che Cristo ha fatto per l’uomo.

La Legge si dirige all'uomo come parte della creazione antica.
La Grazia permette che l'uomo si faccia membro della nuova creazione.

La Legge produce una propensione naturale alla disobbedienza.
La Grazia crea una propensione naturale all'obbedienza.

La Legge richiede obbedienza per il timore della Legge stessa.
La Grazia supplica l’uomo per la misericordia di Dio.

La Legge chiede santità.
La Grazia da santità.

La Legge dice: “condannalo!”.
La Grazia dice: “assolvilo”.

Per la Legge la benedizione è il risultato dell’obbedienza.
Per la Grazia l’obbedienza è un risultato delle benedizioni.

La Legge fu data per sottomettere il vecchio uomo.
La Grazia libera l’uomo nuovo.

La Legge descrive sacrifici sacerdotali offerti anno per anno che non potranno mai rendere perfetti gli uomini.
Sotto la Legge la salvezza si doveva guadagnare.
Sotto la Grazia la salvezza è un dono.

Grazia:
Lettera agli Ebrei (10, 12-14)

Cristo, invece, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati, si è assiso per sempre alla destra di Dio, aspettando ormai che i suoi nemici vengano posti a sgabello dei suoi piedi. Infatti, con un’unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati. 

Legge:
Lettera ai Romani (2, 12):

Tutti quelli che hanno peccato senza la Legge, senza la Legge periranno; quelli invece che hanno peccato sotto la Legge, con la Legge saranno giudicati. 

La Grazia:
Vangelo di Giovanni (5, 24):

In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita.

Nel diciassettesimo verso troviamo le parole Grazia e Verità come nel quattordicesimo verso. Infatti Gesù Cristo non venne solo a mostrarci la Grazia. Così come Dio è infinitamente misericordioso e sacro, è anche infinitamente giusto. La parola “Verità”, richiama la giustizia. La Verità richiama al fatto che lui ci trovò colpevoli del peccato. Infatti nessuno è senza peccato. Pertanto, siccome il prezzo del peccato è la morte, (Lettera ai Romani 6, 23), noi dovremmo morire per i nostri peccati. Proprio perché Dio è infinitamente misericordioso, ma anche infinitamente giusto, ha inviato il Figlio, per morire al posto nostro. Lui pagò la nostra pena in modo da poterci liberare, se noi accettiamo il suo sacrificio sulla croce. Pertanto il vero cambio rispetto alla Legge non è solo la Grazia, ma anche la Verità.
Analizziamo ora il verbo “vennero”, nella frase:

la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.

Vediamo la corrispondente pronuncia in greco:

hē charis kai hē alētheia dia Iēsou Christou egeneto

Mentre nella frase “la Legge fu data per mezzo di Mosè”, si utilizza il verbo edothe, nella frase seguente si utilizza il verbo “egeneto”. Egeneto indica un preciso atto, che indica un determinato momento. Lo stesso verbo viene utilizzato nel quattordicesimo verso.
Inoltre nel testo greco è scritto: “hē charis kai hē alētheia”. Giovanni non sta descrivendo un tipo di grazia o un tipo di verità. Giovanni sta descrivendo “la Grazia" e “la Verità". La Grazia e la Verità di Gesù Cristo sono definitive ed esclusive di lui. Pertanto Gesù Cristo non insegna la Grazia e la Verità. Gesù Cristo è la Grazia, ed è la Verità. Quando si dice: “ho sperimentato la verità”, è come se si stesse dicendo: “ho conosciuto Gesù Cristo”.
Inoltre c’è da analizzare un ultimo punto: la verità, (attinente alla giustizia), non si riferisce solo alla morte di Gesù Cristo sulla croce, ma si riferisce anche alla vita dei cristiani dopo che hanno sperimentato la Grazia di Dio nelle proprie vite. Quando una persona accoglie il perdono di Cristo nel suo cuore, e accetta la Grazia, la sua vita cambia, in quanto ottiene la giustificazione.
La Grazia pertanto è differente dalla Legge, in quanto non proclama il castigo, ma ci permette di superarlo. Cristo fa l’uomo nuovo, l’uomo che vive nella Grazia, l’uomo perdonato e che sa perdonare.

Yuri Leveratto
Copyright 2016

Bibligrafia: Cristo era Dio? Spiros Zodhiates

1-Per quanto riguarda il sabato vedere atti degli Apostoli (20, 7).

Immagine: la guarigione del cieco nato, El Greco, 1567.

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