venerdì 25 novembre 2016

Legge, Grazia e Verità: analisi del diciassettesimo verso del Vangelo di Giovanni



Nel sedicesimo verso Giovanni ci ha mostrato che Gesù Cristo ci ha dato parte della sua pienezza: grazia su grazia. Nel diciasettesimo verso Giovanni puntualizza la differenza tra la Legge (nomos), la Grazia (charis) e la Verità (aletheia), queste ultime due date da Gesù Cristo. Vediamo il diciasettesimo verso del Vangelo di Giovanni:

Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.

Vediamo la corrispondente pronuncia in greco:

Hoti o nomos dia Mōuseōs edothē hē charis kai hē alētheia dia Iēsou Christou egeneto

Innanzitutto Gesù Cristo è un personaggio storico, ugualmente a come lo fu Mosè.
Però Cristo non è solo al di fuori di noi come lo è stato Mosè. Per il credente, ossia per colui il quale accoglie Gesù Cristo nel suo cuore, Gesù vive in lui e attua un cambiamento in lui. E per il credente Gesù è fonte di pienezza, ed è dispensatore di Grazia e Verità.
Il diciasettesimo verso non vuole mostrare alcun contrasto tra Mosè e Cristo. E neppure tra la Legge, la Grazia e la Verità. Giovanni vuole puntualizzare che mentre Dio ha dato la Legge per mezzo di Mosè, Gesù ha portato la Grazia e la Verità. Anteriormente ci si salvava per fede e seguendo la Legge, ora ci si salva credendo nel sacrificio di Gesù Cristo per noi sulla croce. Ci si salva accettando la Grazia, con la fede.
Però per quale motivo Giovanni ribadisce che Dio diede la Legge per mezzo di Mosè, antecedentemente alla Grazia?
Proprio per il fatto che la prima trasgressione della legge fu in Adamo. Dio aveva dato all’uomo la possibiltà di scelta, in quanto non poteva forzare l’uomo a scegliere il bene. Però poteva imporre un castigo per le trasgressioni. La Legge non fu “un’opzione di Dio”, ne la conseguenza della disobbedienza dell’uomo a Dio. Dopo l’uscita degli ebrei dall’Egitto, Dio scelse Mosè per dare la legge agli uomini. Mosè fu utilizzato da Dio solo come strumento. La legge fu data in un determinato momento storico. Per questo si usa il verbo edothe, “fu data”, che si riferisce ad un determinato periodo.
La Legge data da Dio per mezzo di Mosè era divisa in tre parti: cerimoniale, giudiziale e morale. Una parte della Legge era rivolta solo a Israele, mentre un’altra parte si estendeva a tutte le persone.
La legge cerimoniale si relazionava con il compimento di sacrifici e offerte. Queste norme si applicavano solo al popolo degli ebrei fino al tempo di Gesù Cristo, che fu il compimento della legge cerimoniale. Gesù Cristo si è convertito nel sacrificio finale e perfetto per tutti gli uomini per mezzo dello spargimento del suo sangue nella croce. Dopo la sua morte non era più necessario lo spargimento del sangue di animali per la remissione temporanea dei peccati. Pertanto con Cristo troviamo il compimento della legge cerimoniale. La legge cerimoniale era rivolta solo agli ebrei, infatti in Esodo (34, 23-24), si impone che ogni persona che era sotto la legge cerimoniale doveva recarsi a Gerusalemmme tre volte all’anno. E’ evidente che si riferiva solo agli ebrei. Pertanto oggi, gli ebrei di religione giudaica, dovrebbero recarsi a Gerusalemme tre volte all’anno, se applicassero alla lettera la Legge.
La legge cerimoniale pertanto non si applicò mai ai “gentili”, ossia ai non ebrei. Per gli ebrei cristiani il compimento della legge cerimoniale è stato Gesù Cristo. Infatti, leggiamo la Lettera ai Romani (10, 4):

Ora, il termine della Legge è Cristo, perché la giustizia sia data a chiunque crede.

Per quanto riguarda le Leggi giudiziali, esse si riferivano al governo dello stato di Israele. Queste leggi non erano obbligatorie per nessun’altra nazione. Israele era una teocrazia e Dio diede leggi per il suo governo.
La Legge morale è contenuta principalmente nei dieci comandamenti. Sono principi generali e morali che si riferivano a tutte le persone di qualunque etnia e che ancora adesso hanno vigenza (per i dieci comandamenti vedere Esodo, cap. 20).
Tuttavia, il rispetto assoluto dei dieci comandamenti non è sufficente per la salvezza. Al contrario, chi ha accettato Gesù Cristo nel suo cuore, naturalmente rispetterà i dieci comandamenti (1).
In altre parole non è il rispetto dei dieci comandamenti che porta l’uomo alla salvezza, ma è la fede che Gesù Cristo sia morto per i nostri peccati che porta l’uomo alla salvezza. Infatti anche se una persona rispettasse alla lettera i dieci comandamenti sarebbe sempre un peccatore. Non potrà salvarsi “da solo”, ne con azioni di riparazione dei suoi peccati (il peccato resta), ne con azioni buone tese a compensare il peccato. Solo accettando la Grazia data da Gesù Cristo, per mezzo della fede, l’uomo può salvarsi. Infatti vediamo questi due passaggi neo-testamentari:

Lettera ai Galati (3, 13):

Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della Legge, diventando lui stesso maledizione per noi, poichè sta scritto: Maledetto chi è appeso al legno, 

Lettera ai Romani (8, 1):

Ora, dunque, non c’è nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù.

Pertanto Gesù si è caricato dei nostri peccati e se accogliamo il suo sacrificio ci liberiamo dal potere di condanna della Legge, senza violarla, perché in Cristo troviamo il compimento della Legge morale di Dio.
Però in che cosa e perché la Grazia e la Verità sono superiori alla Legge?
Mosè non fu la personificazione della Legge. Ma Gesù Cristo fu la personificazione della Grazia e della Verità. Vediamo alcune frasi che richiamano alla Legge e altre che richiamano invece alla Grazia e alla Verità.

Legge:
Lettera ai Romani (6, 23 a):

Perché il salario del peccato è la morte; 

Grazia:
Lettera ai Romani (6, 23b):

ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore. 

Legge:
Ezechiele (18, 20):

Chi pecca morirà; il figlio non sconterà l’iniquità del padre, nè il padre l’iniquità del figlio. Sul giusto rimarrà la sua giustizia e sul malvagio la sua malvagità.

Grazia:
Vangelo di Giovanni (11, 25-26):

Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 

La Legge pronuncia condanna e morte.
La Grazia proclama giustificazione e vita.

Grazia:
Ezechiele (11, 19):

Darò loro un cuore nuovo, uno spirito nuovo metterò dentro di loro. Toglierò dal loro petto il cuore di pietra, darò loro un cuore di carne, 

Ezechiele (36, 26):

vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne.

Legge:
Lettera ai Galati (3, 10):

Quelli invece che si richiamano alle opere della Legge stanno sotto la maledizione, poichè sta scritto: Maledetto chiunque non rimane fedele a tutte le cose scritte nel libro della Legge per metterle in pratica. 

Grazia:
Salmi (32, 1-2):

Beato l’uomo a cui è tolta la colpa
e coperto il peccato.
Beato l’uomo a cui Dio non imputa il delitto
e nel cui spirito non è inganno.

Legge:
Deuteronomio (6, 5):

Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. 

Grazia:
Vangelo di Giovanni (3, 16-17):

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 

La Legge descrive ciò che l’uomo deve fare per Dio.
La Grazia descrive ciò che Cristo ha fatto per l’uomo.

La Legge si dirige all'uomo come parte della creazione antica.
La Grazia permette che l'uomo si faccia membro della nuova creazione.

La Legge produce una propensione naturale alla disobbedienza.
La Grazia crea una propensione naturale all'obbedienza.

La Legge richiede obbedienza per il timore della Legge stessa.
La Grazia supplica l’uomo per la misericordia di Dio.

La Legge chiede santità.
La Grazia da santità.

La Legge dice: “condannalo!”.
La Grazia dice: “assolvilo”.

Per la Legge la benedizione è il risultato dell’obbedienza.
Per la Grazia l’obbedienza è un risultato delle benedizioni.

La Legge fu data per sottomettere il vecchio uomo.
La Grazia libera l’uomo nuovo.

La Legge descrive sacrifici sacerdotali offerti anno per anno che non potranno mai rendere perfetti gli uomini.
Sotto la Legge la salvezza si doveva guadagnare.
Sotto la Grazia la salvezza è un dono.

Grazia:
Lettera agli Ebrei (10, 12-14)

Cristo, invece, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati, si è assiso per sempre alla destra di Dio, aspettando ormai che i suoi nemici vengano posti a sgabello dei suoi piedi. Infatti, con un’unica offerta egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati. 

Legge:
Lettera ai Romani (2, 12):

Tutti quelli che hanno peccato senza la Legge, senza la Legge periranno; quelli invece che hanno peccato sotto la Legge, con la Legge saranno giudicati. 

La Grazia:
Vangelo di Giovanni (5, 24):

In verità, in verità io vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita.

Nel diciassettesimo verso troviamo le parole Grazia e Verità come nel quattordicesimo verso. Infatti Gesù Cristo non venne solo a mostrarci la Grazia. Così come Dio è infinitamente misericordioso e sacro, è anche infinitamente giusto. La parola “Verità”, richiama la giustizia. La Verità richiama al fatto che lui ci trovò colpevoli del peccato. Infatti nessuno è senza peccato. Pertanto, siccome il prezzo del peccato è la morte, (Lettera ai Romani 6, 23), noi dovremmo morire per i nostri peccati. Proprio perché Dio è infinitamente misericordioso, ma anche infinitamente giusto, ha inviato il Figlio, per morire al posto nostro. Lui pagò la nostra pena in modo da poterci liberare, se noi accettiamo il suo sacrificio sulla croce. Pertanto il vero cambio rispetto alla Legge non è solo la Grazia, ma anche la Verità.
Analizziamo ora il verbo “vennero”, nella frase:

la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.

Vediamo la corrispondente pronuncia in greco:

hē charis kai hē alētheia dia Iēsou Christou egeneto

Mentre nella frase “la Legge fu data per mezzo di Mosè”, si utilizza il verbo edothe, nella frase seguente si utilizza il verbo “egeneto”. Egeneto indica un preciso atto, che indica un determinato momento. Lo stesso verbo viene utilizzato nel quattordicesimo verso.
Inoltre nel testo greco è scritto: “hē charis kai hē alētheia”. Giovanni non sta descrivendo un tipo di grazia o un tipo di verità. Giovanni sta descrivendo “la Grazia" e “la Verità". La Grazia e la Verità di Gesù Cristo sono definitive ed esclusive di lui. Pertanto Gesù Cristo non insegna la Grazia e la Verità. Gesù Cristo è la Grazia, ed è la Verità. Quando si dice: “ho sperimentato la verità”, è come se si stesse dicendo: “ho conosciuto Gesù Cristo”.
Inoltre c’è da analizzare un ultimo punto: la verità, (attinente alla giustizia), non si riferisce solo alla morte di Gesù Cristo sulla croce, ma si riferisce anche alla vita dei cristiani dopo che hanno sperimentato la Grazia di Dio nelle proprie vite. Quando una persona accoglie il perdono di Cristo nel suo cuore, e accetta la Grazia, la sua vita cambia, in quanto ottiene la giustificazione.
La Grazia pertanto è differente dalla Legge, in quanto non proclama il castigo, ma ci permette di superarlo. Cristo fa l’uomo nuovo, l’uomo che vive nella Grazia, l’uomo perdonato e che sa perdonare.

Yuri Leveratto
Copyright 2016

Bibligrafia: Cristo era Dio? Spiros Zodhiates

1-Per quanto riguarda il sabato vedere atti degli Apostoli (20, 7).

Immagine: la guarigione del cieco nato, El Greco, 1567.

giovedì 10 novembre 2016

La linea della fede



Non è una novità che vi siano persone non credenti. Già dai primissimi anni dopo la vita terrena di Gesù Cristo vi erano persone che non credevano che Egli era realmente il Figlio di Dio. Il compito di noi cristiani non è quello di forzare altri a credere. Noi dobbiamo solo testimoniare, in differenti modi, il Vangelo di Gesù Cristo. La nostra testimonianza deve essere pacata, cortese, umile, ma ferma. Con la nostra testimonianza riusciremo ad avvicinare le persone a Gesù, e riusciremo ad avvicinarle alla “linea della fede”. Ciò che non potremo fare è far si che una persona creda. Ciò è impossibile da parte dell’uomo. La vera conversione, secondo le parole di Giovanni, (1, 12-13) viene direttamente da Dio, ossia è opera dello Spirito Santo: 

A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.

Tuttavia come ho scritto poc’anzi, il nostro compito è testimoniare il Vangelo. Ma oggi c’è gente che non vuole ascoltare il Vangelo, perchè ha dei preconcetti su Gesù o sui primi cristiani e pertanto si “chiude a riccio”. Analizziamo brevemente questi preconcetti e dimostriamo la loro infondatezza. 
Innanzitutto, seguendo il liberalismo, molte persone oggi credono che Gesù fosse un grande “saggio”, una persona di altissimo valore morale che predicò il bene ed ebbe vari seguaci. In pratica lo individuano come una persona illuminata, un grande filosofo, o “il più grande saggio di tutti i tempi”. Altri seguendo questo filone, considerano che Gesù fosse un “predicatore apocalittico.”
Questa interpretazione viene facilmente smontata non solo dalla Bibbia, ma soprattutto dalla logica. Innanzitutto vediamo questo punto: se Gesù Cristo fosse stato “solo” un “grande saggio”, non sarebbe risorto dai morti il terzo giorno. A questo punto nessuno dei suoi seguaci avrebbe divulgato la sua Risurrezione, peraltro rischiando la vita sia nei confronti del potere sacerdotale giudaico, sia nei confronti del potere romano. Che cosa ci avrebbero guadagnato i seguaci di Gesù a divulgare una menzogna sapendo di divulgare una menzogna? Nulla. 
Inoltre il messaggio centrale del Vangelo non è solo amore, ma è salvezza. Dalle fonti bibliche e storiche in nostro possesso si evince che fin dai primissimi anni dopo la vita terrena di Gesù, gli Apostoli e gli altri seguaci di Cristo hanno predicato che solo attraverso il pentimento dei propri peccati e la fede che Gesù sia morto in croce per perdonare tutti i peccati, si può accedere al Padre. In pratica essi hanno predicato che solo attraverso Gesù si può ottenere la vita eterna (Vangelo di Giovanni 14, 6). Inoltre i primi cristiani battezzavano nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, (Vangelo di Matteo 28, 19), dimostrando di credere nella Trinità e pertanto di considerare che Gesù Cristo, è vero Dio e vero uomo. La maggioranza dei primi cristiani sono andati al martirio pur di non negare la Risurrezione di Gesù nella carne e la sua piena Divinità. 
Tutti gli Apostoli eccetto Giovanni sono morti martiri. Ed inoltre Stefano, Paolo di Tarso, Barnaba, Giacomo il Giusto, Clemente di Roma, Ignazio di Antiochia, Giustino martire ed altri sono anch’essi morti sul patibolo, colpevoli di non aver rinnegato la Divinità di Gesù Cristo. 
A questo punto qualcuno potrebbe obiettare che la Risurrezione stessa non è stato un evento reale, ma che gli Apostoli si sono convinti di aver rivisto Gesù, il loro maestro, e ne hanno divulgato la Risurrezione. Nel mio articolo “Considerazioni sulla Risurrezione di Gesù Cristo”(1), ho analizzato varie ipotesi sulla Risurrezione. Per esempio che il corpo di Gesù sia stato sottratto dalla tomba, o che gli Apostoli abbiano avuto delle allucinazioni collettive. Analizziamo il primo punto: innanzitutto bisogna ricordare che la legge ebraica vietava espressamente di aprire i sepolcri (se non per collocarvi altri morti), e puniva con la morte il trafugamento di cadavere, pertanto l’ipotesi che qualcuno dei seguaci di Gesù abbia realmente asportato il corpo è, da un punto di vista storico, remota. Gli Apostoli stessi non avrebbero guadagnato nulla a divulgare una menzogna che loro stessi avrebbero creato. Al contrario avrebbero rischiato la morte. Anche se uno degli Apostoli, per assurdo, avesse asportato il corpo, la verità sarebbe venuta alla luce, e nessuno avrebbe divulgato una menzogna rischiando la vita. Da escludere che i sacertodi ebrei o i soldati romani abbiamo asportato il corpo, proprio perchè non avevano alcun interesse in alimentare il mito che Gesù fosse risorto dai morti. 
Anche l’ipotesi dell’allucinazione collettiva è da scartare. Gli studiosi di fenomeni di allucinazione sostengono che normalmente le allucinazioni si verificano attraverso uno dei cinque sensi. Pertanto si possono verificare allucinazioni visive, olfattive, uditive, tattili, e persino gustative. E’ rarissimo però che il fenomeno di allucinazione si manisfesti in modo completo, ossia vedendo, ascoltando e toccando “qualcuno o qualcosa”. Inoltre ancora più difficile è che una allucinazione si manisfesti a più persone contemporaneamente. 
Ma le apparizioni di Gesù non hanno avuto luogo in un singolo evento. Ve ne sono state varie, e in differenti luoghi. Inoltre gli Apostoli in seguito alle apparizioni non hanno dato segno di delirio o pazzia, ma hanno vissuto in modo mite, pacato e tranquillo, divulgando con fermezza la Buona Novella. 
Il fatto poi che nessuno di loro abbia contraddetto gli altri è un’altro indizio del fatto che ciò che videro era veritiero. Inoltre il fatto che i primi cristiani fossero disposti addirittura ad andare alla morte pur di non rinnegare Gesù Cristo è una ulteriore prova della veridicità delle apparizioni. Nessuno di loro sarebbe andato alla morte se non fosse stato più che sicuro che colui che gli apparve dopo la Risurrezione era proprio Gesù, in carne e ossa, ricordando ovviamente che questo evento era stato da lui annunciato, mentre era in vita. Inoltre c’è un fatto da considerare: se la teoria delle allucinazioni fosse vera, dovrebbe essere vera pure la teoria dell’asportazione del cadavere di Gesù dalla tomba. A questo punto gli scettici della Risurrezione devono conciliare vari fatti per negare che la Risurrezione sia realmente avvenuta: devono infatti assumere che il corpo di Gesù sia stato rubato (teoria che come abbiamo visto è, da un punto di vista storico, remota), e che contestualmente tutti gli Apostoli, oltre a Maria Maddalena, i discepoli di Emmaus, Giacomo il Giusto e poi Paolo di Tarso abbiano avuto allucinazioni di gruppo per più di una volta. Considerando infatti che nel Nuovo Testamento, vi sono descritte almeno dodici apparizioni (2) diverse fra loro (escludendo l’Apocalisse), risulta altamente improbabile che siano state tutte dovute ad allucinazioni, anche considerando che durante gli anni successivi, nessuno degli Apostoli ha dato segni di schizzofrenia o delirio.
Vediamo pertanto che la teoria del Gesù “grande saggio”, viene a cadere proprio per il comportamento degli Apostoli. Se fosse stato solo “un grande saggio”, nessuno di loro avrebbe divulgato la sua Risurrezione nella carne. 
Analizziamo ora la teoria del Gesù rivoluzionario, partigiano anti-romano che avrebbe combattuto contro le ingiustizie con lo scopo di liberare Israele dal giogo dei romani. Innanzitutto possiamo confutare questa teoria con la prima argomentazione: se Gesù fosse stato solo un partigiano anti-romano, nessuno ne avrebbe divulgato la sua Risurrezione. Ma vi è di più: se Gesù fosse stato un partigiano anti-romano, che voleva generare una rivolta per liberare Israele, i suoi seguaci, dopo la sua morte avrebbero diffuso idee rivoluzionarie e violente, ma la storia prova che essi divulgarono il Vangelo, ossia amore nei confronti anche dei nemici e salvezza per chi accetta il sacrificio di Gesù Cristo sulla croce. 
Il semplice fatto che gli Apostoli morirono come martiri smentisce la possibilità stessa che Gesù fosse un rivoluzionario anti-romano. Il martirio infatti era un atto pacifico e non violento. Essi preferivano morire piuttosto che negare il nome di Gesù Cristo e la sua Divinità. 
Se invece avessero avuto il fine di un complotto anti-romano, non si sarebbero fatti uccidere dopo torture atroci pur di non rinnegare la Divinità di Cristo, (come quelle inflitte per esempio a Bartolomeo, che fu scorticato vivo), ma avrebbero rinnegato, salvandosi così la vita e portando avanti le loro idee in altro modo. Anche la teoria del Gesù partigiano anti-romano decade, quindi. 
Analizziamo ora, brevemente, la teoria islamica su Gesù. Secondo il Corano, Gesù sarebbe stato solo un profeta di Dio, ma non l’Incarnazione di Dio. Inoltre non sarebbe morto in croce, (Corano 4, 157-158), e quindi non avrebbe potuto perdonare i peccati del mondo. Ovviamente per gli islamici Gesù non sarebbe risuscitato nella carne. 
La teoria islamica su Gesù si confuta facilmente con le citazioni storiche sulla morte di Gesù Cristo in croce (vedere nota 3, e 4), anche e soprattutto con la logica. Se infatti Gesù non fosse morto in croce, non sarebbe neppure risuscitato dai morti. Nessuno avrebbe quindi divulgato la sua Risurrezione, rischiando peraltro la vita sia nei confronti del potere sacerdotale giudaico, sia nei confronti del potere romano. 
Analizziamo ora l’ultima teoria su Gesù, ossia quella del “Gesù gnostico”. Innanzitutto individiamo brevemente cosa fu lo gnosticismo cristiano del secondo secolo della nostra era. La visione gnostica di Basilide, Valentino e Marcione, non fu una fede originale, ma fu un adattamento di concetti gnostici applicati al Cristianesimo, in forte contrapposizione all’Antico Testamento. Gli gnostici, vedendo solo le negatività del mondo terreno, ossia il male, il dolore e la sofferenza, le attribuirono a YHWH, che identificavano con il demiurgo cattivo. 
Gesù invece non potevano ripudiarlo, perché il suo messaggio era grandioso e molti erano disposti a morire per lui. Pertanto attuarono un sincretismo, adattandolo alla loro credenza. 
Il “Gesù gnostico” che ne derivava pertanto, non era più quello narrato dagli Apostoli, che furono coloro che vissero con il Salvatore, ma era quello inventato e idealizzato dagli gnostici. Quel “Gesù gnostico” non aveva sofferto in croce, in quanto la sua natura prettamente divina gli impediva di soffrire, e pertanto anche la Risurrezione non aveva senso, era un’allegoria. L’importanza della venuta di Gesù era solo e solamente la sua azione di “ponte” che avrebbe potuto portare l’uomo alla vera gnosi e quindi, a Dio. Ne risulta un Gesù completamente falsato e non attinente ai testi neo-testamentari. 
Gli gnostici attuali, di solito, riconoscono Gesù come una persona illuminata che fu capace di incarnare in sè la “coscienza di Cristo” (spesso utilizzano il termine “coscienza cristica”, in perfetto stile new age), e lo indicano come un ponte per poter ottenere la salvezza. Dichiarano pure di accettare la Bibbia, come rivelazione di Dio, ma nessuno di loro parla del peccato, e del messaggio di salvezza che fu dato da Gesù Cristo. Ripudiano la Grazia che ci è stata data da Gesù Cristo con la sua morte in croce e pertanto negano il concetto della “morte vicaria di Gesù Cristo.” Quando gli si fa notare che gli Apostoli hanno predicato il concetto di “morte vicaria di Gesù Cristo” e il concetto di espiazione dei peccati, sostengono che questo fu il pensiero di Paolo di Tarso, ma non degli Apostoli. Questa tesi è facilmente confutabile. Innanzitutto le citazioni sulla “morte vicaria di Gesù Cristo” sono numerose non solo nelle lettere di Paolo, ma anche nei Vangeli e negli altri libri neotestamentari (5). In secondo luogo è errato dire che Paolo di Tarso avrebbe influenzato gli altri Apostoli e gli Evangelisti. Innanzitutto secondo alcuni studiosi sia il Vangelo di Matteo che il Vangelo di Marco sono stati scritti prima delle lettere paoline. Per lo studioso J. Carmignac il Vangelo di Matteo sarebbe stato scritto nel 45 d.C. inizialmente in aramaico (6). Inoltre secondo lo studioso O’Callaghan, uno dei frammenti dei Rotoli del Mar Morto, sarebbe parte del Vangelo di Marco, e risalirebbe addirittura al 50 d.C. (7).
Inoltre se prima del concilio di Gerusalemme gli Apostoli si fossero resi conto che Paolo di Tarso sosteneva delle tesi non coincidenti con il messaggio centrale di Gesù Cristo, il kerygma (ossia: Gesù Cristo è nato da una vergine, per cui è il Figlio di Dio, è morto sulla croce per perdonare tutti i peccati ed è risorto il terzo giorno nella carne), lo avrebbero allontanato e scomunicato e non gli avrebbero permesso di predicare la parola del Signore. 
In terzo luogo le Lettere di Paolo furono dirette alle comunità cristiane dei tessalonicesi, dei corinzi, dei galati, dei filippesi, dei romani, degli efesini e dei colossesi. Pertanto queste lettere inizialmente non giunsero al cospetto degli altri Evangelisti, che quindi non avrebbero certo potuto copiarne i contenuti. In quarto luogo luogo bisogna considerare che Paolo di Tarso non viaggiò in Egitto, ne a Bisanzio (Costantinopoli), ne in Armenia, ne in Etiopia, ne in Persia e tantomeno in India. Però in quei luoghi si diffuse il kerygma fin dal I secolo. Chi diffuse il kerygma in quei territorio dove Paolo di Tarso non viaggiò? Gli Apostoli, naturalmente. Se Paolo di Tarso avesse inventato qualcosa, e se il suo predicare non fosse stato perfettamente coincidente con l’insegnamento di Gesù Cristo, ne sarebbe risultato che nei luoghi che ho citato si sarebbe diffuso un qualcosa di diverso, mentre solo nelle aree visitate da Paolo si sarebbe diffuso il kerygma, ma come sappiamo non fu così, per esempio in Egitto si diffuse il kerygma e il Cristianesimo apostolico, esattamente uguale al Cristianesimo diffuso da Paolo, e il primo che lo diffuse fu l’Evangelista Marco. E via di seguito per gli altri luoghi da me citati: Andrea per Bisanzio, Giuda Taddeo e Bartolomeo per l’Armenia, Tommaso per l’India ecc. 
Inoltre Paolo di Tarso andò al martirio pur di non rinnegare quello che aveva scritto e detto su Gesù Cristo. Naturalmente le fonti storiche sul martirio di Paolo di Tarso sono numerose. (7). 
Ecco pertanto dimostrato che la dottrina della “morte vicaria di Gesù Cristo” è apostolica, ossia fu divulgata da tutti gli Apostoli e non fu un’invenzione di Paolo di Tarso. 
Pertanto la visione gnostica, che non considera il Vangelo nella sua totalità, ossia scarta il peccato e il messaggio centrale della predicazione di Gesù Cristo sulla salvezza, risulta essere una fede falsata, accomodata alle esigenze di una tendenza alla moda, che mostra un Vangelo di amore, ma non di salvezza. Si scartano le parti del Vangelo che sono taglienti, e che indicano nel pentimento dei propri peccati e nella fede che Gesù sia morto per espiarli al posto nostro, e ci si sofferma solo sull’amore, la compassione e la misericordia. 
Abbiamo visto pertanto che ognuna di queste quattro teorie (ossia il Gesù “grande saggio” o “predicatore apocalittico”, il “Gesù rivoluzionario anti-romano”, il “Gesù  islamico” e il “Gesù gnostico”), non hanno un fondamento solido, ne dal punto di vista storico ne dal punto di vista logico. 

Yuri Leveratto
Copyright 2016

Note:
1-http://yurileveratto2.blogspot.com/2015/11/considerazioni-sulla-risurrezione-di.html

2-Elenco delle apparizioni e indicazione del rispettivo libro del Nuovo Testamento dove sono citate (senza contare l'Apocalisse):
Prima apparizione a Maria Maddalena, Marco 16, 9-11; Giovanni 20, 11-18
Seconda apparizione a Maria Maddalena e l’altra Maria, Matteo 28, 9-10
Terza apparizione a Simon Pietro: Vangelo di Luca 24: 43; 1 Corinzi 15, 5
Quarta apparizione a due discepoli in Emmaus: Vangelo di Luca 24, 13-35
Quinta apparizione a Gerusalemme ai dieci: Vangelo di Giovanni 20, 19-25; Marco 16, 14; Luca 24, 33-43
Sesta apparizione a Gerusalemme agli undici: Vangeli di Giovanni 20, 26-31; 1 Corinzi 15, 5
Settima apparizione ai sette sul lago di Galilea, (Pietro, Tommaso, Bartolomeo/Natanaele, Giovanni, Giacomo e altri due), Giovanni 21, 1-25
Ottava apparizione a 500 in una sola volta, 1 Corinzi 15, 6
Nona apparizione a Giacomo (fratello di Gesú); 1 Corinzi 15, 7
Decima apparizione agli undici in Galilea, Matteo 28, 16-20; Marco 16, 15-18
Undicesima apparizione agli undici (Ascensione) a Gerusalemme: Luca 24, 44-53; Atti 1, 3-12
Dodicesima apparizione (uditiva e accecante): a Paolo: Atti 9: 3-9; Atti 22: 6-11; Atti 26: 12-18
Tredicesima apparizione: a Stefano: Atti 7, 55

3-http://yurileveratto2.blogspot.com/2015/11/la-morte-in-croce-di-gesu-cristo.html

4-http://yurileveratto2.blogspot.com/2015/04/confutazione-della-religione-islamica.html

5-http://yurileveratto2.blogspot.com/2015/11/lo-scopo-principale-della-missione-di.html

6- J. Carmignac, Nascita dei Vangeli sinottici, San Paolo, Cinisello Balsamo, 1986.

7- http://www.statveritas.com.ar/Varios/JLoring-01.htm

8-Ecco le fonti del martirio di Paolo:

Lettera di Ignazio di Antiochia agli Efesini (110 AD)

XII. So chi sono e a chi scrivo. Io sono un condannato, voi avete ottenuto misericordia. Io in pericolo, voi al sicuro. Voi siete la strada per quelli che s'innalzano a Dio. Gli iniziati di Paolo che si è santificato, ha reso testimonianza ed è degno di essere chiamato beato. Possa io stare sulle sue orme per raggiungere Dio; in un'intera sua lettera si ricorda di voi in Gesù Cristo.

Lettera ai Romani di Dionigi, vescovo di Corinto (166-174 AD), in Eusebio di Cesarea - Storia Ecclesiastica 25-8

“Con una tale ammonizione voi avete fuso le piantagioni di Roma e di Corinto, fatte da Pietro e da Paolo, giacchè entrambi insegnarono insieme nella nostra Corinto e noi ne siamo i frutti, e ugualmente, dopo aver insegnato insieme anche in Italia, subirono il martirio nello stesso tempo”

Tertulliano –Prescrizione contro le eresie (200 AD)

Come felice è la sua chiesa, su cui gli apostoli riversano tutta la loro dottrina insieme con il loro sangue! Dove Pietro subisce la passione come il suo Signore! Dove Paolo vince la corona in una morte simile a quella di Giovanni, dove l'apostolo Giovanni fu immerso, illeso, in olio bollente, e quindi rimandato in esilio nella sua isola! Vedete ciò che ha imparato, ciò che ha insegnato, e quello che ha avuto comunione con le nostre chiese in Africa!

Lattanzio, De Mortibus Persecutorum (318 AD)

I suoi apostoli erano allora undici di numero, al quale sono stati aggiunti Mattia, al posto del traditore Giuda, e poi Paolo. Poi si dispersero per tutta la terra a predicare il Vangelo, come il Signore loro Maestro gli aveva ordinato; e durante venticinque anni, e fino all'inizio del regno di Nerone, si occuparono di gettare le fondamenta della Chiesa in ogni provincia e città. E mentre Nerone regnava, l'apostolo Pietro è venuto a Roma, e, attraverso la potenza di Dio che gli fu affidata, fece certi miracoli e, convertendo molti alla vera religione, costruì un tempio fedele e saldo al Signore. Quando Nerone sentì parlare di queste cose, e osservò che non solo a Roma, ma in ogni altro luogo, una grande moltitudine di persone abbandonava ogni giorno il culto degli idoli, e, condannando le loro vecchie abitudini, si avvicinava alla nuova religione, lui, un esecrabile e pernicioso tiranno, decise di radere al suolo il tempio celeste e distruggere la vera fede. Fu lui che per primo ha perseguitato i servi di Dio; lui ha crocifisso Pietro e ha fatto uccidere Paolo.

Vi sono poi altre fonti su Paolo, come la Lettera ai Filippesi di Policarpo e la Storia Ecclesiastica Eusebio di Cesarea, Libro II cap. 25 5-7

mercoledì 9 novembre 2016

La pienezza e la grazia di Gesù Cristo: analisi del sedicesimo verso del Vangelo di Giovanni

 

Abbiamo visto che nel quindicesimo verso del Prologo si riporta una citazione diretta di Giovanni il Battista nella quale egli, dicendo che Gesù Cristo “era prima” di lui anche se venne dopo di lui, ne dichiarava l’eternità. Nel sedicesimo verso l’Evangelista continua a descrivere il Cristo, e si sofferma su due caratteristiche peculiari: la pienezza e la grazia. Questo verso si collega in parte al precedente in quanto, siccome nel precedente Giovanni il Battista ha dichiarato l’eternità di Cristo e quindi la sua piena Divinità ora ci comunica che due qualità primarie di Cristo sono la pienezza e la grazia. Se egli non fosse Dio non avrebbe potuto dare parte della sua pienezza ai suoi figli. Vediamo il sedicesimo verso:

Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia

Vediamo la corrispondente pronuncia in greco:

Hoti ek tou plērōmatos autou hēmeis pantes elabomen kai charin anti charitos

Secondo il teologo greco Zodhiates vi è una relazione diretta tra il quattordicesimo e il sedicesimo verso. Nel quattordicesimo verso Giovanni ci comunica che Gesù Cristo è pieno di grazia e verità e nel sedicesimo verso Giovanni scrive che i figli di Dio ricevettero parte della pienezza di Cristo: grazia su grazia. La grazia è l’esternalizzazione della bontà.
Innanzitutto quando Giovanni scrive: “ricevemmo”, si riferisce a coloro che hanno accolto Gesù Cristo nel loro cuore, ossia i figli di Dio.
Cosa significa però la parola pienezza? Questa parola si riferisce al concetto di “riempire ciò che era vuoto”. Inoltre questa parola può riferirsi al completamento di qualcosa. Se una coppa è piena a metà di acqua, la sua “pienezza” sarà la quantità d’acqua che si aggiunge per riempire la coppa. Per quanto riguarda Gesù Cristo il concetto di “pienezza” si riferisce alla sua Divinità. Egli è come una coppa ricolma d’acqua fino all’orlo, e che pertanto può solo dare, ma che non ha bisogno di ricevere nulla, in quanto è piena. Ma di cosa è piena la coppa di Cristo? Si potrebbe rispondere affermando che essa è piena di grazia, amore, di misericordia, di bontà di giustizia. Però tutto ciò si può riassumere dicendo che la coppa di Cristo è piena di Divinità, e la sua Divinità è piena.
A tale proposito vediamo il passaggio della Lettera ai Colossesi (2, 9):

E’ in lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, 

Ciò significa che gli Apostoli quando videro Gesù Cristo non videro “una parte di Dio”, ma videro Dio in forma umana, in tutta la sua pienezza. La parola “pienezza”, plērōmatos, significa l’opposto di “parte”.
Giovanni però non scrive : “La sua pienezza infatti ricevemmo”, ma bensì: “Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto”. Cio significa che essi (ossia Giovanni più altri figli di Dio), ricevettero parte della sua pienezza, non “tutta” la sua pienezza.
L’uomo non può ricevere “tutta” la pienezza di Dio, perché sennò si convertirebbe in Dio. Ne può ricevere solo una parte. Ma quando l’uomo riceve parte della pienezza di Dio riceve Gesù Cristo nel suo cuore, e il suo Spirito va ad abitare nel suo cuore. Quando il Figlio vive nel cuore dell’uomo, l’uomo diventa un tutt’uno con il Figlio e potrà quindi accedere al Padre. Pertanto “parte della pienezza di Dio” è sufficente per convertire pienamente l’uomo a Dio.
Dio occupa pienamente la vita del credente, lo cambia radicalmente. La sua natura carnale è dominata e la natura divina ha il pieno dominio su di lui.
Siccome l’uomo che riceve Cristo ottiene la pienezza di Dio, riempie il suo vuoto iniziale, e non vi è più spazio in lui per la vita mondana.
Il verbo che si usa qui è elabomen, “ricevettero”, lo stesso verbo che si usa nel dodicesimo verso dove si descrive che solo chi ha accolto, o ricevuto Gesù Cristo ha ottenuto il potere di diventare figlio di Dio.
Il verbo elabomen si trova nel secondo tempo aoristo che normalmente si riferisce al passato. La pienezza di Cristo è stata ricevuta una volta sola o è un processo continuo che si ripeterà indefinitamente?
Secondo Zodhiates l’Evangelista Giovanni ha utilizzato un “aoristo gnomico”, riferendosi al fatto che ricevere parte della pienezza di Cristo non è un privilegio che ricevettero solo gli Apostoli o gli altri seguaci di Cristo, ma è una possibilità data a tutti gli esseri umani fino all’ultimo giorno di Grazia. La pienezza di Cristo per il credente è come l’aria che ci circonda: è sempre presente e sempre sarà a disposizione di chi vorrà riceverne.
Nell’ultima parte del sedicesimo verso viene descritto che i figli di Dio ricevettero “grazia su grazia”. Il verbo elabomen si riferisce infatti anche alla “grazia su grazia”. Questo concetto si spiega con il fatto che chi riceve parte della pienezza di Cristo ha sempre avuto bisogno di lui, e non ha mai smesso di essere colmato dalla sua grazia. In altre parole Cristo continua a colmare il vuoto che vi è nell’uomo e lo colma continuamente, con la sua grazia. Perché accade ciò? Secondo il Zodhiates l’uomo è come una coppa d’acqua; dopo aver ricevuto gratuitamente, gratuitamente da, regala ad altri parte della pienezza di Dio che ha ricevuto. Ma a questo punto la coppa dell’uomo risulterà essere nuovamente mezza piena. Quindi la coppa sarà riempita nuovamente con nuova “pienezza” e nuova “grazia”, come fosse acqua pura che fluisce da una sorgente di montagna. Chi non desidererebbe nuova acqua fresca e pura, nuova grazia su grazia da parte di Dio? Pertanto l’uomo, anche dopo aver accolto Gesù Cristo nel suo cuore, continua ad aver bisogno di grazia su grazia. Egli non tornerà più al peccato volontariamente o provando piacere al peccare, ma continuerà a deludere Dio in differenti forme. In ogni caso il peccato non avrà più dominio sull’uomo, perché l’uomo convertitosi a Cristo ha ricevuto e continua a ricevere grazia su grazia.
Ciò dimostra che la grazia di Dio è infinita. Se Dio ci dovesse dare esattamente quello che meritiamo, dovremmo ricevere tutti una sentenza di morte per crocifissione per espiare i nostri peccati, che sono infiniti, perché sono contro Dio. Ma Dio è infinitamente misericordioso e ci ha regalato la Grazia, ossia la possibilità di accogliere Cristo nei nostri cuori e di accogliere il sacrificio di Cristo sulla croce come perdono per i nostri peccati. La Grazia è pertanto un flusso continuo. Dio ci dona Grazia continuamente in modo che noi possiamo vivere di essa e continuare a riempire il nostro vuoto. Se noi daremo ad altri, (con l’amore), la grazia che abbiamo ricevuto (anche se non la meritiamo), riceveremo altra “grazia su grazia”.

Yuri Leveratto
Copyright 2016

Bibliografia, Spiros Zodhiates, Cristo era Dio? 
Foto: Cristo degli abissi, statua sommersa nel fondale di San Fruttuoso, (Genova)