sabato 6 gennaio 2018

Riflessioni sulla “Prima Apologia” del greco Giustino, primo filosofo cristiano


Giustino nacque a Flavia Neapolis, l’odierna Nablus, in Israele, nel 100 d.C. Proveniva da una famiglia greca pagana. Lui stesso riferisce che l’interesse per la ricerca della verità lo porto ad accostarsi e a studiare le filosofie degli stoici, dei peripatetici e dei pitagorici. Però nessuna di queste lo convinse. Quindi si dedicò allo studio di Platone, ma un giorno, un anziano, gli descrisse il senso del Cristianesimo (fatto descritto nell’opera “Dialogo con Trifone”). Da allora dedicò la sua vita alla difesa della fede cristiana. Fondò quindi una scuola apologetica cristiana a Roma, e uno dei suoi allievi fu Taziano. Secondo il “Martirium S.Justini et Sociorum”, Giustino fu mandato a morte insieme ad altri sei martiri nel 165 d.C., per ordine di Giunio Rustico. 
Tre opere principali di Giustino sono giunte fino a noi: la prima apologia; la seconda apologia e il dialogo con Trifone. 
Per comprendere meglio il pensiero di Giustino analizzaremo alcuni brani della sua “Apologia Prima” 

X. 
1. Noi invece abbiamo appreso che Dio non ha bisogno di offerte materiali da parte di uomini, dal momento che vediamo che è Lui stesso a somministrare ogni cosa; abbiamo imparato, e ne siamo convinti e crediamo, che Egli accoglie solo coloro che imitano il bene che è in Lui, cioè sapienza e giustizia e benignità, e tutto ciò che è proprio di Dio, il quale non può prendere alcun nome che Gli si imponga.
2. Abbiamo appreso anche che Egli, in quanto è buono, ha creato in principio tutte le cose dalla materia informe per gli uomini; e se questi si mostreranno, nei fatti, degni del Suo volere, abbiamo appreso che diverranno degni di vivere con Lui regnando insieme con Lui, resi incorruttibili ed immuni dal dolore.

Da questi passaggi si evince un cambio di direzione rispetto alla fede giudaica. Giustino asserisce che Dio non ha bisogno di offerte materiali (sacrifici animali). Inoltre Giustino afferma che chi segui il bene sarà accolto da Dio, al quale non si può imporre alcun nome. 

XI. 
1. E voi, sentito dire che noi attendiamo un regno, senza riflessione avete supposto che parlassimo di un regno umano, mentre parliamo di quello divino, come appare anche dal fatto che, interrogati da voi, confessiamo di essere cristiani, pur sapendo che per chi confessa è riservata, come pena, la morte. 
2. Se, infatti, ci attendessimo un regno terreno, negheremmo per non essere uccisi e cercheremmo di vivere nascosti per conseguire il nostro scopo: ma, dal momento che abbiamo le speranze rivolte non al presente, non ci diamo pensiero di coloro che ci uccidono: in ogni modo si deve morire.

Con la logica Giustino dimostra che i cristiani non erano e non potevano essere dei violenti, dei sobillatori o rivoluzionari armati. Infatti se essi avessero lottato per un regno terreno avrebbero cercato di vivere nelle tenebre nascondendosi per poter attaccare e conseguire il loro scopo. Ma essi vivevano alla luce del sole, predicavano Gesù Cristo e non lo rinnegavano, sapendo di poter essere mandati a morte. 

XIII – 
3. Dimostreremo poi che a ragione noi veneriamo Colui che ci è stato maestro di queste dottrine, e per questo è stato generato, Gesù Cristo, crocifisso sotto Ponzio Pilato, governatore della Giudea al tempo di Tiberio Cesare; abbiamo appreso che Egli è il figlio del vero Dio, e Lo onoriamo al secondo posto, ed in terzo luogo lo Spirito Profetico.

In questo passaggio innanzitutto Giustino conferma la storicità della predicazione e morte di Gesù Cristo. Quindi dimostra di credere nella Trinità. 

XIV.- 
1. Vi diciamo innanzitutto di guardarvi dal farvi trarre in inganno dai demoni da noi prima accusati, e dal lasciarvi distogliere dal venire a piena conoscenza e dal comprendere quanto vi si dice (si sforzano infatti di avervi come schiavi e servitori: talvolta attraverso apparizioni di sogni, talvolta attraverso astuzie di magia, riducono in proprio potere tutti coloro che in nessun modo lottano per la propria salvezza); così come anche noi, dopo aver creduto nel Logos, ci siamo allontanati da loro, e seguiamo il solo ingenerato Iddio, per mezzo del Suo Figlio. 
2. Noi che prima godevamo della dissolutezza, ora amiamo solo la continenza; noi che usavamo arti magiche, ora ci siamo consacrati al Dio buono ed ingenerato; noi che ambivamo, più degli altri, a conseguire ricchezze e beni, ora mettiamo in comune anche ciò che abbiamo e lo spartiamo con i bisognosi. 
3. Noi che ci odiavamo l'un l'altro e ci uccidevamo e non spartivamo il focolare con coloro che non erano della nostra stirpe o avevano diversi costumi ora, dopo la manifestazione di Cristo, viviamo in comunità e preghiamo per i nemici e ci sforziamo di persuadere quanti ingiustamente ci odiano affinchè, vivendo secondo i buoni comandamenti di Cristo, abbiano la bella speranza di ottenere, insieme con noi, la stessa ricompensa da parte di Dio, signore di tutte le cose.

In questi passaggi Giustino avverte che i demoni sono sempre in agguato, e appaiono in sogni, pensieri impuri, o magia. Ma una volta conosciuto il Logos, l’uomo se ne allontana. 
Inoltre Giustino descrive che in seguito al ravvedimento, i cristiani non si dedicano più a conseguire ricchezze e beni materiali ma vivono in comunità e si dedicano ad aiutare i bisognosi. Interessante notare che Giustino afferma che anteriormente non si “spartiva il focolare” con genti di altra stirpe, mentre ora si accolgono tutti.

XVIII.
6. Al pari di essi date retta, dunque, anche a noi: noi che, non meno di loro, anzi di più, crediamo in Dio, noi che speriamo di riprendere i nostri corpi, anche se morti e gettati nella terra, poichè diciamo che nulla è impossibile a Dio.

XIX – 
1. E, per chi ci pensa bene, qualora non esistessimo nel corpo, cosa potrebbe apparire più incredibile del fatto che qualcuno ci dicesse che da una piccola stilla del seme umano è possibile che derivino e ossa e nervi e carne, manifestata con la forma che noi vediamo?
2. Immaginiamo ora per ipotesi: se voi non foste così come siete nè foste generati da tali persone, e qualcuno, mostrandovi il seme umano e poi un'immagine dipinta, affermasse con assoluta certezza che da un simile seme nasce un essere siffatto, prima di vederlo, voi ci credereste? Nessuno oserebbe negare che non gli credereste! 
3. Nello stesso modo, perchè non avete ancora visto un morto resuscitare siete dominati dall'incredulità. 
4. Ma, come all'inizio non avreste creduto che potessero nascere uomini così fatti da una piccola stilla, eppure li vedete formati, così dovete pensare che non sia impossibile che i corpi umani, dissolti e disfatti nella terra come semi, al momento opportuno, per ordine di Dio, risorgano e "si rivestano di incorruttibilità".

In questi passaggi del diciottesimo e diciannovesimo capitolo Giustino difende il concetto di Risurrezione dei corpi. Infatti se da un piccolo seme nasce e si sviluppa un bambino, evento realmente miracoloso e meraviglioso guidato da Dio, allora si può credere anche che Dio renda nuovamente vivo un corpo morto.

XXIII. – 
1. Affinchè ormai appaia evidente anche questo, vi dimostreremo che quanto noi diciamo, per averlo imparato da Cristo e dai Profeti che lo precedettero, è la sola verità, e che è più antica di tutti gli scrittori; e che chiediamo di essere creduti non perchè diciamo le stesse cose ma perchè diciamo la verità: 
2. che il solo Gesù Cristo è stato propriamente generato figlio di Dio, Suo Logos e primogenito e potenza operatrice e, fatto uomo per Sua volontà, ci ha dato questi insegnamenti per la liberazione e la rigenerazione del genere umano;

In questo passaggio Giustino afferma che solo Gesù Cristo è Figlio di Dio. E solo attraverso i suoi insegnamenti l’uomo può liberarsi e rigenerarsi. 

XXVI. 5. Vi è poi un certo Marcione del Ponto, il quale tuttora insegna ai suoi seguaci a credere che esiste un altro Dio superiore al creatore. Costui, in mezzo ad ogni genere di uomini, con l'aiuto dei demoni, è riuscito a far sì che molti pronuncino bestemmie e neghino che Dio sia creatore dell'universo, e ammettano che un altro, il quale sarebbe superiore a Lui, ha compiuto cose maggiori di lui.

Giustino afferma che le dottrine di Marcione sono false. Anche altri filosofi cristiani del II secolo hanno confutato le tesi di Marcione, come per esempio Tertulliano. 

XXXI. – 
2. Quando Tolomeo, re d'Egitto, apprestava una biblioteca e cercava di raccogliervi gli scritti di tutti gli uomini, avuta notizia anche di queste Profezie, mandò a chiedere all'allora re dei Giudei, Erode, di inviargli i libri dei Profeti. 
3. Ed il re Erode gli inviò i libri scritti nella lingua ebraica, come ho detto prima. 
4. Però, poichè il loro contenuto non era comprensibile agli Egizi, di nuovo mandò a chiedere di inviargli dei traduttori in lingua greca.
5. Fatto ciò, i libri sono rimasti presso gli Egizi fino ad ora, e si trovano dovunque, presso tutti i Giudei. Questi, però, pur sapendoli leggere, non ne comprendono il contenuto, ma ci ritengono avversari e nemici, e, come voi, ci uccidono e ci perseguitano quando possono, come potete constatare anche voi. 
6. Infatti, anche nella recente guerra Giudaica, Barkokeba, il capo della rivolta dei Giudei, comandava che venissero condotti a crudeli supplizi solo i cristiani, se non rinnegavano e bestemmiavano Gesù Cristo.
7. Tuttavia è proprio nei libri dei Profeti che trovammo vaticinato il nostro Gesù Cristo, la sua venuta, la sua nascita da una vergine, il suo divenire uomo, il suo guarire ogni malattia e ogni infermità, il suo risuscitare i morti; trovammo che sarebbe stato odiato, ignorato e crocifisso, che sarebbe morto e risorto e salito al cielo; che è ed è chiamato figlio di Dio, e che alcuni uomini sono inviati da Lui ad annunziare queste cose a tutto il genere umano e che avrebbero creduto in Lui di preferenza i pagani.

In questi passaggi si nota che Giustino da importanza alle profezie dell’Antico Testamento riferite alla missione di Gesù Cristo. 

XXXVI. – 
1. Quando udite le parole dei Profeti pronunziate come se fossero loro, non crediate che siano pronunziate da essi stessi sotto ispirazione, bensì dal Logos divino che le muove. 
2. Questi infatti ora preannunzia il futuro sotto forma di predizione, ora parla come in persona di Dio, Signore e Padre di ogni cosa, ora come in persona di Cristo, ora come in persona di popoli che rispondono al Signore od al Padre Suo: una cosa simile si può vedere anche presso i vostri scrittori, che introducono vari personaggi dialoganti, pur essendo uno solo colui che scrive il tutto.
3. Non comprendendo questo, i Giudei, che pure hanno i libri dei Profeti, non riconobbero Cristo neppure quando comparve; anzi, odiano noi, poichè affermiamo che Egli è venuto e dimostriamo che è stato da loro crocifisso, come era stato annunziato.

Giustino si sofferma ancora sulle profezie, così importanti per individuare che Gesù è realmente il Cristo, il Messia che Israele aspettava da secoli. Tuttavia fa notare che furono proprio i giudei a non riconoscere il Cristo in Gesù di Nazaret.

XXXIX. – 
1. Quando lo Spirito Profetico parla per annunziare il futuro, si esprime così: "Da Sion infatti uscirà una legge, il Logos del Signore da Gerusalemme, e giudicherà nel mezzo delle genti ed accuserà molto popolo. E ridurranno le loro spade in aratri e le loro lance in falci e non impugneranno più la spada, gente contro gente, e non impareranno più a fare la guerra". 
2. E che così è avvenuto, potete persuadervene. 
3. Infatti da Gerusalemme uscirono nel mondo dodici uomini: erano ignoranti ed incapaci di parlare, ma, per la potenza di Dio, rivelarono a tutto il genere umano che erano mandati da Cristo ad insegnare a tutti la sua parola. E noi, che un tempo ci uccidevamo l'un l'altro, non solo non facciamo guerra ai nemici, ma, per non mentire nè ingannare quelli che ci giudicano, volentieri moriamo confessando il Cristo.

Qui Giustino descrive gli Apostoli, che furono inviati da Gesù Cristo in tutto il mondo per far conoscere a tutti la Buona Novella. Giustino afferma che ciò è servito, in quanto ora regna la pace e i cristiani accolgono genti di differenti etnie. 

XLII.
4. Invece il nostro Gesù Cristo, crocifisso e morto, resuscitò, e regnò dopo essere asceso al cielo; e per l'annuncio che da parte sua è stato portato dagli Apostoli a tutte le genti c'è gioia per quanti attendono l'immortalità annunciata da Lui.

Giustino annuncia il Vangelo: Gesù Cristo è morto e quindi è risuscitato, pertanto ha vinto la morte. E’ quindi il Signore della vita e può darla in eterno a chi crede in lui. 

XLIII. – 
1. Perchè nessuno, da quanto è stato da noi detto, ci pensi sostenere che gli avvenimenti soggiacciono inesorabilmente al fato, per il fatto di essere predetti come preconosciuti, scioglieremo anche questo nodo. 
2. Noi abbiamo appreso dai Profeti, e dimostriamo essere vero, che le punizioni e le pene e le buone ricompense vengono assegnate a ciascuno secondo il merito delle sue azioni. Perchè, se non fosse così, ma tutto si compisse per destino, non esisterebbe per nulla il libero arbitrio. Se infatti fosse già stabilito che l'uno sia buono e l'altro cattivo, nè quello sarebbe da lodare, nè questo da biasimare.
3. D'altra parte, se il genere umano non ha facoltà di fuggire il male, e di preferire il bene per libera scelta, non è responsabile, qualsiasi azione compia. 
4. Noi dimostriamo invece che l'uomo è virtuoso o fa il male per libera scelta. 
5. Vediamo infatti che un medesimo uomo passa da un comportamento a quello opposto. 
6. Se fosse stabilito che egli sia o cattivo o buono, non sarebbe mai soggetto a comportamenti contrapposti, nè muterebbe più volte. Non ci sarebbero nè i buoni ne i cattivi, poichè si dimostrerebbe che il destino è la causa sia del bene sia del male, e che esso perciò è contraddittorio in se stesso; oppure che noi riteniamo vero quanto riportato prima, che cioè virtù o vizio non sono nulla, e le cose sono buone o cattive solo a giudizio personale: il che, come la retta ragione dimostra, è massima empietà e ingiustizia.
7. Noi invece sosteniamo che fato ineluttabile è soltanto questo, che esiste un premio per chi sceglie il bene, e parimenti giusti castighi per chi sceglie il contrario: perchè Dio ha fatto l'uomo non come gli altri esseri, come alberi e quadrupedi, incapaci di agire per libera scelta. Infatti non sarebbe meritevole nè di ricompensa nè di lode, se non scegliesse egli stesso il bene, ma fosse buono per natura; nè, se fosse cattivo, sarebbe giusto che ricevesse una punizione, poichè non sarebbe tale per una scelta, bensì perchè non potrebbe essere diverso da come è.

Questi passaggi provano che Giustino credeva che l’uomo è stato creato libero di scegliere tra il bene e il male. La predestinazione assoluta, concetto sviluppato più tardi dal dogmatico Agostino di Ippona, non rientra nel pensiero di Giustino. Anche altri filosofi cristiani del II e del III secolo si espressero in modo concordante con Giustino, vediamo a tale proposito questa citazione di Archelao (250-300 d.C.): “Tutte le creature che Dio fece, le fece bene. E diede a ogni individuo la percezione del libero arbitrio, e per la stessa norma istituì la legge del giudizio…ed è ovvio che chi vuole può rispettare i comandamenti. Chiunque invece li disprezzi e faccia il contrario dei comandamenti, senza dubbio dovrà scontrarsi con questa legge del giudizio… non c’è dubbio che ogni individuo, usando la sua propria volontà, possa fissare il corso della sua vita nella direzione che più gli piaccia.” (Archelao, “disputa con Mani”, 32-33).  

XLVI. – 
1. Affinchè nessuno, sragionando, cerchi di distorcere i nostri insegnamenti - poichè affermiamo che Cristo è nato centocinquant'anni fa sotto Cirino, e ci insegnò quello che noi diciamo, qualche tempo dopo, sotto Ponzio Pilato - e obietti che tutti gli uomini che vissero prima sarebbero irresponsabili, noi preverremo e scioglieremo questa difficoltà. 
2. Ci è stato insegnato che Cristo è il primogenito di Dio, ed abbiamo già dimostrato che Egli è il Logos di cui fu partecipe tutto il genere umano.
3. E coloro che vissero secondo il Logos sono cristiani, anche se furono giudicati atei, come, tra i Greci, Socrate ed Eraclito ed altri come loro; tra i barbari, Abramo ed Anania ed Azaria e Misaele ed altri molti, l'elenco delle cui opere e dei cui nomi ora tralasciamo, sapendo che è troppo lungo.

Innanzitutto Giustino ci comunica che Gesù è nato sotto il governatore Cirino, fornendo un importante dato storico. Inoltre scrive che Gesù nacque centocinquanta anni prima della stesura di questa Apologia. 
Poi Giustino fa un accenno alla salvezza di chi ha vissuto prima di Cristo. Secondo la Bibbia, si salvava la persona che aveva fede nel fatto che Dio si sarebbe occupato dei suoi peccati inviando il Messia. Giustino conferma questa tesi, sostenendo che alcune persone, pur non conoscendo il messaggio bìblico, si salvarono in quanto avevano fede nel Logos, in Dio. 

XLIX. – 
1. Ed ancora: ecco come è stato predetto dallo stesso Isaia che i popoli che non l'attendevano l'avrebbero adorato, mentre i Giudei, che l'avevano atteso, non l'avrebbero riconosciuto alla Sua comparsa. Le parole sono riferite come pronunciate dalla persona di Cristo stesso. 
2. Eccole: "Fui conosciuto da quelli che non domandavano di me, fui trovato da quelli che non mi cercavano. Dissi - Eccomi - alle genti che non invocavano il mio nome. Ho disteso le mani ad un popolo incredulo e renitente, a coloro che camminano per una via non retta, bensì seguendo i loro peccati. Il popolo è quello che mi provoca a sdegno di fronte a me". 
3. I Giudei infatti, pur avendo le Profezie, ed essendo sempre in attesa di Cristo, quando venne non Lo riconobbero; non solo: Lo uccisero. 
4. Invece i Gentili che non avevano mai udito parlare di Cristo, finchè gli Apostoli, usciti da Gerusalemme, non Lo fecero conoscere e diffusero le Profezie, pieni di gioia e di fede, rinnegarono gli idoli e si consacrarono al Dio ingenerato, mediante Cristo.

Giustino risalta molto le profezie, ed in particolare quelle di Isaia. Fa notare che furono proprio i gentili, che non avevano ma sentito parlare del Messia che riconobbero in Cristo il Salvatore del mondo. 

L. – 
1. Udite le Profezie pronunciate a proposito del fatto che Cristo, fattosi uomo per noi, sopportò di patire e di essere infamato e che di nuovo sarebbe ritornato in gloria. 
2. Eccole: "In cambio dell'essere stata consegnata a morte la Sua anima e dell'essere annoverato tra gli iniqui, Egli prese su di sè i peccati di molti e propizierà il perdono agli iniqui". 
3. "Ecco il mio servo intenderà e sarà innalzato e molto glorificato. Come molti stupiranno su di te, così il tuo aspetto e la tua fama saranno disprezzati dagli uomini; così molte genti si meraviglieranno ed i re chiuderanno la loro bocca. Poichè coloro ai quali Egli non fu annunziato, crederanno, e quelli che non ne hanno udito parlare comprenderanno". 
4. "Signore, chi prestò fede alle nostre parole? E il braccio del Signore a chi fu svelato? L'annunziammo all'aspetto come un fanciullino, come radice in terra arida. Non ha parvenza nè splendore, e noi lo vedemmo, e non aveva parvenza nè bellezza, ma il Suo aspetto era spregevole e manchevole dinanzi agli uomini; uomo che era coperto di piaghe, cosciente di subire patimenti, poichè il suo volto fu stravolto, disonorato e non considerato. Questi prende su di sè i nostri peccati e soffre per noi, e noi comprendemmo che era sofferente, con piaghe e mali. Egli fu piagato per le nostre iniquità e ridotto allo sfinimento per i nostri peccati. Un ammaestramento di pace è su di Lui, per le Sue lividure noi fummo guariti. Tutti come pecore traviammo, l'uomo dalla sua via traviò; Egli consegnò se stesso per i nostri peccati e non aprì bocca, pur tra i maltrattamenti. Come pecora fu condotto al sacrificio e come agnello muto davanti a chi lo tosa, così non aprì bocca. Nell'umiliazione fu giudicato". 
5. Dopo la crocifissione, persino i Suoi discepoli Lo abbandonarono tutti dopo averlo rinnegato; in seguito, però - dopo che fu resuscitato dai morti ed apparve a loro, e dopo che ebbe insegnato a leggere le Profezie nelle quali erano predetti tutti questi avvenimenti -, essi, vistolo ascendere al cielo credettero e ricevettero di lassù la forza inviata loro da Lui, andarono presso ogni stirpe umana, insegnarono queste cose e furono chiamati apostoli.

Ancora Giustino risalta la famosa profezia di Isaia riferita alla sofferenza e al trionfo del Servo. Fa notare quindi che la morte di Gesù Cristo ha avuto valore salfifico infinito, sufficente ad espiare tutti i peccati del mondo. 

LIV. – 
1. Coloro che insegnano le mitiche invenzioni dei poeti non offrono alcuna dimostrazione ai giovani discepoli; anzi, dimostriamo che esse sono state create dai cattivi demoni per ingannare e traviare il genere umano. 
2. Infatti, avendo udito preannunziare dai Profeti la venuta di Cristo e la punizione degli empi nel fuoco, i demoni offrivano di rimando le favole di molti che si dicevano figli di Zeus, pensando che avrebbero potuto far sì che gli uomini considerassero le Profezie di Cristo come racconti fantastici, simili a quelli propalati dai poeti.

Con questi passaggi Giustino vuole risaltare che la vicenda di Cristo fu un fatto storico, reale, e non ebbe nulla a che vedere con racconti fantastici e mitici degli dei pagani. 

LVII. – 
1. I cattivi demoni non riescono a persuadere che non esiste il fuoco come punizione per gli empi, così come non poterono tenere nascosta la venuta di Cristo. Solo questo possono fare: che chi vive contro ragione, è cresciuto perversamente nei cattivi costumi ed è schiavo delle false opinioni, ci uccida e ci odi. Noi comunque non solo non li odiamo, ma - come è dimostrato - ne abbiamo pietà e desideriamo persuaderli a cambiare.

Malgrado vi erano persone che odiavano i cristiani, considerando che essi non propiziavano gli dei pagani, Giustino ribadisce che i cristiani non odiano nessuno, anzi amano e hanno pietà dei non credenti in Cristo. 

LVIII. – 
1. Come abbiamo detto, i cattivi demoni esibirono anche Marcione del Ponto, il quale ancora oggi insegna a negare Dio creatore di tutte le cose del cielo e della terra e Cristo Suo figlio, preannunziato dai Profeti; egli annunzia una sorta di altro dio accanto al Creatore dell'universo, e parimenti un altro figlio. 
2. Molti, prestandogli fede, come se fosse il solo a sapere la verità, si burlano di noi pur non avendo alcuna prova delle loro affermazioni; irragionevolmente, come agnelli afferrati dal lupo, diventano preda delle dottrine atee e di demoni. 
3. Infatti questi demoni non aspirano ad altro che ad allontanare gli uomini dal Dio che li ha creati e dal Suo primogenito, Cristo. Quanti non riescono ad innalzarsi dalla terra, essi li inchiodarono e li inchiodano alle cose terrene e costruite dalle mani dell'uomo, mentre subdolamente sviano e gettano nell'empietà quanti intendono volgersi alla contemplazione delle cose di Dio se non sono dotati di salde capacità di ragionamento e non conducono una vita pura e libera da passioni.

Giustino utilizza ancora l’esempio dello gnostico Marcione per ribadire che sono i demoni ad ispirare tali false dottrine. Infatti per Giustino i demoni non hanno altro obiettivo se non quello di allontanare le persone da Cristo. 

LXI. – 
1. Esporremo in quale modo ci siamo consacrati a Dio, rinnovati da Cristo, affinchè non sembri che, tralasciando questa parte, viziamo in qualche modo la nostra esposizione. 
2. A quanti siano persuasi e credano che sono veri gli insegnamenti da noi esposti, e promettano di saper vivere coerentemente con questi, si insegna a pregare ed a chiedere a Dio, digiunando, la remissione dei peccati, mentre noi preghiamo e digiuniamo insieme con loro. 
3. Poi vengono condotti da noi dove c'è l'acqua, e vengono rigenerati nello stesso modo in cui fummo rigenerati anche noi: allora infatti fanno il lavacro nell'acqua, nel nome di Dio, Padre e Signore dell'universo, di Gesù Cristo nostro salvatore e dello Spirito Santo. 
4. Poichè Cristo disse: "Se non sarete rigenerati, mai entrerete nel regno dei cieli": è chiaro a tutti che è impossibile, una volta che si sia nati, rientrare nel ventre della madre.

Giustino descrive la cerimonia del battesimo. Essa non era attuata all’infante appena nato, come sosterrà più avanti Agostino d’Ippona, ma nell’età della ragione. Ancora una volta Giustino ribadisce la sua salda fede nella Trinità, ripetendo la formula battesimale. 

LXIII. 
- 1. Tutti i Giudei anche ora insegnano che il Dio ineffabile ha parlato a Mosè. Per questo lo Spirito Profetico, rimproverandoli per bocca del già nominato profeta Isaia - come scrivemmo sopra - disse: "Il bue conosce il suo padrone e l'asino la mangiatoia del suo padrone, ma Israele non conobbe me ed il suo popolo non mi ascoltò". 
2. E Gesù Cristo, egualmente li rimproverò e disse: "Nessuno conosce il Padre se non il Figlio, nè il Figlio se non il Padre, e coloro a cui il Figlio l'abbia rivelato". 
3. Il Logos di Dio è Suo figlio, come abbiamo già detto. Questi è chiamato "inviato" e "nunzio", poichè è lui ad annunziare che cosa bisogna conoscere, ed è inviato per spiegare quanto viene annunziato, come disse anche il Signore nostro: "Chi ascolta me ascolta colui che mi ha inviato". 
4. Questo apparirà chiaro anche negli scritti di Mosè. In essi è detto così: "E parlò a Mosè l'inviato di Dio nella vampa di fuoco dal rovo e disse: Io sono colui che è, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, il Dio dei tuoi padri. Scendi in Egitto e conduci fuori il mio popolo".
5. Se volete, potete apprendere il resto da quei libri, poichè non è possibile riportarne tutto il contenuto. 
6. Ma queste parole stanno a dimostrare che Gesù Cristo è figlio ed inviato di Dio: egli che prima era Logos, apparso ora in forma di fuoco ora in immagine incorporea, al nostro tempo, per volere di Dio fattosi uomo per amore del genere umano, sopportò anche di patire quanto i demoni gli procurarono per opera degli stolti Giudei. 
7. Costoro, pur trovando chiaramente scritto nei libri di Mosè "E l'inviato di Dio parlò a Mosè in vampa di fuoco dal rovo, e disse - Io sono colui che è, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe -", sostengono che queste parole furono pronunciate dal Padre e creatore dell'universo. Proprio per questo lo Spirito Profetico li rimproverò, dicendo: "Israele non mi conobbe ed il popolo non mi comprese". 
8. A sua volta Gesù, come abbiamo mostrato, stando in mezzo a loro, disse: "Nessuno conosce il Padre se non il Figlio; nessuno il Figlio se non il Padre, e coloro ai quali il Figlio l'ha rivelato". 9. Poichè dunque i Giudei ritennero che fosse sempre il Padre dell'universo a parlare a Mosè - mentre invece colui che parlava era il Figlio di Dio, che è anche chiamato nunzio ed inviato - giustamente vengono rimproverati sia dallo Spirito Profetico sia dallo stesso Cristo, per non avere riconosciuto nè il Padre nè il Figlio. 
10. Quanti infatti affermano che il Figlio è il Padre, sono rimproverati di non conoscere il Padre, e di non sapere che il Padre dell'universo ha un Figlio. Questi, essendo Logos e primogenito di Dio, è anche Dio. Ed Egli prima apparve a Mosè ed agli altri Profeti in forma di fuoco e di immagine incorporea. 
11. Ora invece, al tempo del vostro impero - come abbiamo detto - fattosi uomo da una vergine, secondo il volere del Padre, per la salvezza di quanti credono in Lui, sopportò di essere ritenuto un nulla e di patire, per poter vincere la morte, morendo e risorgendo. 
12. Le parole dette a Mosè dal rovo: "Io sono colui che è, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, e il Dio dei tuoi Padri" indicano che essi, anche dopo morti sopravvivono e sono uomini dello stesso Cristo. Infatti, primi fra tutti gli uomini, si diedero alla ricerca di Dio Abramo, padre di Isacco, ed Isacco, padre di Giacobbe, come scrisse anche Mosè.

Per Giustino il Logos parlò a Mosè dal roveto. Gisutino quindi sostiene che il Logos apparve nella sua forma pre-incarnata ed eterna nell’Antico Testamento, per guidare, correggere, indicare la giusta via agli uomini. 


LXVII. – 
1. Da allora noi ci ricordiamo a vicenda questo fatto. E quelli che possiedono, aiutano tutti i bisognosi e siamo sempre uniti gli uni con gli altri. 
2. Per tutti i beni che riceviamo ringraziamo il creatore dell'universo per il Suo Figlio e lo Spirito Santo. 
3. E nel giorno chiamato "del Sole" ci si raduna tutti insieme, abitanti delle città o delle campagne, e si leggono le memorie degli Apostoli o gli scritti dei Profeti, finchè il tempo consente. 
4. Poi, quando il lettore ha terminato, il preposto con un discorso ci ammonisce ed esorta ad imitare questi buoni esempi. 
5. Poi tutti insieme ci alziamo in piedi ed innalziamo preghiere; e, come abbiamo detto, terminata la preghiera, vengono portati pane, vino ed acqua, ed il preposto, nello stesso modo, secondo le sue capacità, innalza preghiere e rendimenti di grazie, ed il popolo acclama dicendo: "Amen". Si fa quindi la spartizione e la distribuzione a ciascuno degli alimenti consacrati, ed attraverso i diaconi se ne manda agli assenti.
6. I facoltosi, e quelli che lo desiderano, danno liberamente ciascuno quello che vuole, e ciò che si raccoglie viene depositato presso il preposto. Questi soccorre gli orfani, le vedove, e chi è indigente per malattia o per qualche altra causa, e i carcerati e gli stranieri che si trovano presso di noi: insomma, si prende cura di chiunque sia nel bisogno. 
7. Ci raccogliamo tutti insieme nel giorno del Sole, poichè questo è il primo giorno nel quale Dio, trasformate le tenebre e la materia, creò il mondo; sempre in questo giorno Gesù Cristo, il nostro Salvatore, risuscitò dai morti. Infatti Lo crocifissero la vigilia del giorno di Saturno, ed il giorno dopo quello di Saturno, che è il giorno del Sole, apparve ai suoi Apostoli e discepoli, ed insegna proprio queste dottrine che abbiamo presentato anche a voi perchè le esaminiate.

Qui Giustino fa una descrizione generale del culto al Signore che era attuato, allora come oggi, la domenica, o nel giorno chiamato "del Sole". Giustino sostiene che ci si riunisce la domenica perchè di domenica, o primo giorno della settimana, Dio creò il mondo, e di domenica Gesù Cristo è risuscitato dai morti. 
Giustino non fa allusione al giorno del riposo ebraico, il sabato, lasciando comunque la libertà di seguirlo, a chi lo volesse, come anche stabilito da Paolo di Tarso (Lettera ai Colossesi 2, 16-17).

Yuri Leveratto

Immagine: un libro del 1636 sulla filosofia di Giustino

venerdì 5 gennaio 2018

La croce e la Chiesa


Il messaggio centrale del racconto biblico è che il Figlio di Dio si è sacrificato sulla croce per espiare tutti i peccati. Le pagine dell’Antico Testamento, con le profezie, e quelle del Nuovo Testamento, con il compimento delle profezie, sono incentrate sulla morte espiatoria di Gesù Cristo. La croce pertanto è la soluzione divina per il più grande problema del mondo: il male, la cui origine è il peccato. 
La morte di Gesù Cristo in croce è quindi il primo dei due eventi cardine dell’intera storia umana (il secondo evento cardine è la Risurrezione, la vittoria di Gesù Cristo sulla morte). 
Uno dei versi biblici dai quali si evince l’importanza della morte in croce di Gesù Cristo è il seguente: Prima Lettera ai Corinzi (1, 18): 

La parola della croce è infatti stoltezza per quelli che vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio

In seguito alla morte in croce di Gesù Cristo, vi è stata la sua Risurrezione. E in seguito alla Risurrezione vi è stato l’invio dello Spirito Santo. Quindi cominciò la predicazione degli Apostoli e iniziò a formarsi la Chiesa di Cristo. 
Nel Nuovo Testamento quindi la croce e la Chiesa sono fortemente interconnesse. E per mezzo della croce che Dio avvicina alla redenzione persone di ogni nazione in modo che siano una sola nazione, un solo corpo, una sola “sposa”: la sposa di Cristo, la Chiesa. 

La croce quindi crea la Chiesa. La Chiesa sorge in quanto è il risultato della redenzione dei peccatori. Senza la croce non ci sarebbe la Chiesa. 
Vediamo a tale proposito questo passaggio biblico. 

Atti degli Apostoli (20, 28): 

Vegliate quindi su di voi stessi e su tutto il gregge in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha stabiliti come sorveglianti, per pascere la Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del suo proprio Figlio. 

La Chiesa quindi non è un’istituzione. Non è un edificio, non è un’organizzazione. La Chiesa è il popolo che Dio incarnato ha riscattato con il suo stesso sangue. 
E’ vero che i cristiani sono stati riscattati dal sangue di Cristo. Ma è anche vero che i cristiani non sono esenti dal peccato. In questo modo, la croce purifica continuamente la Chiesa. Infatti i cristiani non solo necessitano salvezza, ma necessitano anche conservare la propria salvezza. Vediamo a tale proposito questo verso della Prima Lettera di Giovanni (1, 7): 

Se invece noi camminiamo nella luce, come lui è nella luce, noi siamo in comunione gli uni con gli altri e il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato.

Il cristiano si conserva salvo sempre che cammini nella luce. Secondo l’Apostolo Giovanni “camminare nella luce” indica due caratteristiche spirituali del carattere di una persona. Innanzitutto la fede che Gesù ci salvarà, infatti vediamo questi due versi della Prima Lettera di Giovanni (2, 1-2): 

Figli miei, io vi scrivo queste cose affinchè voi non pecchiate. Ma se qualcuno pecca, noi abbiamo come intercessore presso il Padre Gesù Cristo, che è giusto. Egli è la propiziazione per i nostri peccati e non solo per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo. 

E’ evidente che nessuno può guadagnarsi la salvezza (Lettera agli Efesini 2, 8-9), ma il cristiano si caratterizza per aver fede che Gesù ha il potere di salvarlo.
In secondo luogo il cristiano si caratterizza per seguire la volontà di Dio. Vediamo a tale proposito questo passaggio della Prima Lettera di Giovanni (2, 4-5): 

Chi dice “lo conosco”, ma non osserva i suoi comandamenti, è un mentitore e la verità non è in lui. Invece se osserva la sua parola, veramente l’amore di Dio in lui è perfetto. 

C’è un ultimo punto da sottolineare nell’analisi tra la stretta relazione tra la croce e la Chiesa. 
La croce ricorda giornalmente ai cristiani il calvario di Cristo, il fatto che lui morì al posto nostro, espiando così i nostri peccati. Vediamo questo verso della Prima Lettera di Giovanni (4, 19): 

Noi dobbiamo amare, perchè lui per primo ci ha amati. 

Ogni volta che i cristiani analizzano la vita di Gesù, si sentono sempre più attratti a lui e desiderano seguire i suoi insegnamenti. Vediamo a tale proposito questo passaggio della Seconda Lettera ai Corinzi (3, 18): 

Noi, dunque, riflettendo senza velo sul volto la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine di gloria in gloria, conforme all’azione del Signore che è Spirito. 

La croce spinge quindi i cristiani a consegnare sempre più le proprie vite a Cristo. Non c’è cristiano più motivato per fare le opere di Cristo che colui che capisce e dà valore al sacrificio che fece Dio incarnato per lui sulla croce. 

Yuri Leveratto

giovedì 4 gennaio 2018

Il sacrificio espiatorio di Gesù Cristo: analisi del nono capitolo della Lettera agli Ebrei


Nell’ottavo capitolo della Lettera agli Ebrei è descritto il Nuovo Patto, la Nuova Alleanza, basato sul sangue di Cristo. Nel nono capitolo si descrive ancora la differenza tra il sacerdozio terreno, quello di Aronne, e il sacerdozio perfetto ed eterno, quello di Gesù Cristo. 
Vediamo i seguenti versi (1-10):

Certo, anche la prima alleanza aveva norme per il culto e un santuario terreno. Fu costruita infatti una tenda, la prima, nella quale vi erano il candelabro, la tavola e i pani dell’offerta; essa veniva chiamata il Santo. Dietro il secondo velo, poi, c’era la tenda chiamata Santo dei Santi, con l’altare d’oro per i profumi e l’arca dell’alleanza tutta ricoperta d’oro, nella quale si trovavano un’urna d’oro contenente la manna, la verga di Aronne, che era fiorita, e le tavole dell’alleanza. E sopra l’arca stavano i cherubini della gloria, che stendevano la loro ombra sul propiziatorio. Di queste cose non è necessario ora parlare nei particolari.
Disposte in tal modo le cose, nella prima tenda entrano sempre i sacerdoti per celebrare il culto; nella seconda invece entra solamente il sommo sacerdote, una volta all’anno, e non senza portarvi del sangue, che egli offre per se stesso e per quanto commesso dal popolo per ignoranza. Lo Spirito Santo intendeva così mostrare che non era stata ancora manifestata la via del santuario, finché restava la prima tenda. Essa infatti è figura del tempo presente e secondo essa vengono offerti doni e sacrifici che non possono rendere perfetto, nella sua coscienza, colui che offre: si tratta soltanto di cibi, di bevande e di varie abluzioni, tutte prescrizioni carnali, valide fino al tempo in cui sarebbero state riformate.

In questi versi viene descritto il sacerdozio terreno. Dopo una prima descrizione del santuario, dal settimo verso al decimo verso si ribadisce il fatto che solamente il sommo sacerdote poteva entrare nella seconda parte del tabernacolo, una volta all’anno. Ciò faceva intendere che nell’Antico Testamento non si faceva nessuna offerta definitiva per il peccato, e che le offerte che si facevano non potevano purificare la coscienza. 

Vediamo ora questi versi sucessivi (11-14): 

Cristo, invece, è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano d’uomo, cioè non appartenente a questa creazione. Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna. Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo – il quale, mosso dallo Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia a Dio – purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte, perché serviamo al Dio vivente?

In questi passaggi si ribadisce che, a differenza di quanto avveniva nei sacrifici ebraici, Cristo, in quanto sacerdote perfetto, è entrato nel tabernacolo celeste. Si utilizza il termine “tenda non manufatta”, riferendosi ai cieli creati da Dio stesso. Gesù Cristo, sacerdote perfetto, è entrato nel tabernacolo celeste in virtù del proprio sacrificio, del proprio sangue, (non del sangue di animali), offerto una sola volta (non tante volte), e ciò diede come risultato una redenzione eterna (e non temporale).  

Analizziamo i versi sucessivi (15-22): 

Per questo egli è mediatore di un’alleanza nuova, perché, essendo intervenuta la sua morte in riscatto delle trasgressioni commesse sotto la prima alleanza, coloro che sono stati chiamati ricevano l’eredità eterna che era stata promessa. Ora, dove c’è un testamento, è necessario che la morte del testatore sia dichiarata, perché un testamento ha valore solo dopo la morte e rimane senza effetto finché il testatore vive. Per questo neanche la prima alleanza fu inaugurata senza sangue. Infatti, dopo che tutti i comandamenti furono promulgati a tutto il popolo da Mosè, secondo la Legge, questi, preso il sangue dei vitelli e dei capri con acqua, lana scarlatta e issòpo, asperse il libro stesso e tutto il popolo, dicendo: Questo è il sangue dell’alleanza che Dio ha stabilito per voi. Alla stessa maniera con il sangue asperse anche la tenda e tutti gli arredi del culto. Secondo la Legge, infatti, quasi tutte le cose vengono purificate con il sangue, e senza spargimento di sangue non esiste perdono.

Nel quindicesimo verso si ribadisce che Cristo è pertanto il mediatore di una Alleanza Nuova. Inoltre si descrive come la morte di Cristo sia stata necessaria per la sua mediazione. La parola “diatheke”, viene tradotta “alleanza”, ma significa “deliberazione definitiva”, come le decisioni che si prendono in un “testamento”. Nei versi sedicesimo e diciassettesimo l’autore afferma che, affinchè il testamento, (o l’alleanza), sia valido, il testatore deve morire. Questo è un concettto molto importante. Se Gesù non fosse morto in croce, infatti, e non avesse versato il suo sangue, nessuno avrebbe predicato che lui è il Figlio di Dio, nessuno avrebbe predicato la sua Risurrezione nella carne e non si sarebbe formata la sua Chiesa, pertanto il Nuovo Testamento, e con esso la Nuova Alleanza, non sarebbe in vigenza. Pertanto è la morte di Gesù Cristo, e non la sua vita, che sancì l’inizio del Nuovo Patto. La sua piena divinità e la sua vita umana senza peccato lo qualificarono per essere il sacrificio adeguato per tutti i peccati, ma fu la sua morte che servì da espiazione per i peccati. 
Dal diciottesimo al ventiduesimo verso l’autore torna brevemente a descrivere i sacrifici animali che erano attuati durante l’Alleanza antica, ossia il patto mosaico. Si ribadisce che anche la prima Allenza fu sancita con il sangue, ma in quel caso era sangue di animali (Esodo 24, 6-8). Nel ventunesimo verso si descrive che quasi tutte le cose vengono purificate col sangue (le eccezioni si trovano in Levitico 5, 11-13; Numeri 16, 46; Numeri 31, 50). 

Vediamo ora gli ultimi versi del nono capitolo (23-28): 

Era dunque necessario che le cose raffiguranti le realtà celesti fossero purificate con tali mezzi; ma le stesse realtà celesti, poi, dovevano esserlo con sacrifici superiori a questi. Cristo infatti non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore. E non deve offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui: in questo caso egli, fin dalla fondazione del mondo, avrebbe dovuto soffrire molte volte. Invece ora, una volta sola, nella pienezza dei tempi, egli è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una sola volta per togliere il peccato di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione con il peccato, a coloro che l’aspettano per la loro salvezza.

Il santuario celestiale doveva essere purificato dal sacrificio di Gesù Cristo. Egli infatti, che non era un sacertode levitico, non è entrato in un santuario fatto da uomini, ma è entrato nel santuario celestiale, ossia il cielo, per presentarsi a Dio. Nei versi venticinquesimo e ventiseiesimo si afferma che Gesù Cristo non ha avuto bisogno di offrire se stesso varie volte, come i sacerdoti offrivano animali varie volte, ma ha offerto se stesso una sola volta, nella pienezza dei tempi, con lo scopo di annullare i peccati. 
Nei versi ventisette e ventotto si descrive che siccome è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, anche Cristo una volta sola è stato offerto per espiare i peccati di molti. Quindi si annuncia che Cristo apparirà una seconda volta, senza occuparsi del peccato, per portare la salvezza a quelli che lo attendono, ossia a coloro che credono in lui.
Questi ultimi passaggi sono importanti anche per smentire coloro i quali che, pur definendosi cristiani, ammettono la teoria della reincarnazione affermando che, se non si è accettato Cristo nella vita presente, ci sarà un’altra opportunità e si potrà accettare Cristo nella vita futura. 
Il Cristo eterno, venuto a farsi uomo nella persona di Gesù Cristo, è vero Dio e vero uomo. Come vero uomo è morto una volta sola, e pertanto anche noi umani moriremo una volta sola. Con la sua morte ha sconfitto Satana e pertanto Satana non ha potere sui figli di Dio. Inoltre Cristo è resuscitato nella carne una volta sola, e pertanto anche i figli di Dio resusciteranno nella carne una volta sola. 

Yuri Leveratto

mercoledì 3 gennaio 2018

Le citazioni bibliche che provano che Gesù Cristo è Dio incarnato



1
Dio ha creato l’universo e la terra: 

Genesi (1, 1):

In principio Dio creò il cielo e la terra. 

Gesù Cristo ha creato l’universo e la terra: 

Vangelo di Giovanni (1, 3):

tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

Lettera ai Colossesi (1, 16):

perchè in lui furono create tutte le cose
nei cieli e sulla terra,
quelle visibili e quelle invisibili:
Troni, Dominazioni,
Principati e Potenze.
Tutte le cose sono state create
per mezzo di lui e in vista di lui.

2

Dio è l’unico Salvatore

Libro di Isaia (43, 3):

poichè io sono il Signore, tuo Dio,
il Santo d’Israele, il tuo salvatore.
Io do l’Egitto come prezzo per il tuo riscatto,
l’Etiopia e Seba al tuo posto.

Isaia (43, 11):

Io, io sono il Signore,
fuori di me non c’è salvatore.

Gesù Cristo è l’unico Salvatore

Lettera a Tito, (2, 13)

nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. 

Atti degli Apostoli (4, 11-12):

Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati».


3

Dio è il Verbo

Vangelo di Giovanni (1, 1):

In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio 

Gesù Cristo è il Verbo 

Vangelo di Giovanni (1, 14):

E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.


4

Dio è il Primo e l’ultimo

Isaia (44, 6):

Così dice il Signore, il re d’Israele,
il suo redentore, il Signore degli eserciti:
«Io sono il primo e io l’ultimo;
fuori di me non vi sono dèi.

Gesù Cristo è il Primo e l’ultimo

Apocalisse (1, 17):

Appena lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli, posando su di me la sua destra, disse: «Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo,

5

Dio perdona i peccati

Salmi (103, 2, 3):

Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.
Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,

Daniele (9, 9):

al Signore, nostro Dio, la misericordia e il perdono, perchè ci siamo ribellati contro di lui, 

Gesù Cristo perdona i peccati

Vangelo di Marco (2, 5):

Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati».

Lettera ai Colossesi (3, 13):

sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi.


6

Dio è il nostro redentore

Isaia (48, 17):

Dice il Signore, tuo redentore,
il Santo d’Israele:
«Io sono il Signore, tuo Dio,
che ti insegno per il tuo bene,
che ti guido per la strada su cui devi andare.

Isaia (63, 16):

perchè tu sei nostro padre,
poichè Abramo non ci riconosce
e Israele non si ricorda di noi.
Tu, Signore, sei nostro padre,
da sempre ti chiami nostro redentore.

Gesù Cristo è il nostro redentore

Lettera agli Ebrei (9, 12):

Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna.


Lettera ai Tito (2, 13-14):

nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo. Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formare per sè un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone.

7

Dio è uno

Deuteronomio (6, 4):

Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore.  

Gesù Cristo e Dio sono uno

Vangelo di Giovanni (10, 30):

Io e il Padre siamo una cosa sola.

8

Dio è Santo

Salmi (89, 18):

Poichè il nostro scudo appartiene all'Eterno e il nostro re al Santo d'Israele.

Gesù Cristo è Santo

Atti degli Apostoli (3, 13, 14):

Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo servo Gesù, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato, mentre egli aveva deciso di liberarlo; voi invece avete rinnegato il Santo e il Giusto, e avete chiesto che vi fosse graziato un assassino. 

9

Dio è adorato

Vangelo di Matteo (4, 8-10):

Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti:
Il Signore, Dio tuo, adorerai:
a lui solo renderai culto».

Gesù Cristo è adorato

Vangelo di Giovanni (20, 28):

Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 

10

Dio è da sempre

Salmi (93, 1-2):

Il Signore regna, si riveste di maestà:
si riveste il Signore, si cinge di forza.
È stabile il mondo, non potrà vacillare.
Stabile è il tuo trono da sempre,
dall’eternità tu sei.

Gesù Cristo è da sempre

Michea (5, 1):

E tu, Betlemme di Èfrata,
così piccola per essere fra i villaggi di Giuda,
da te uscirà per me
colui che deve essere il dominatore in Israele;
le sue origini sono dall’antichità,
dai giorni più remoti.


11

Solo Dio è glorificato

Isaia (42, 8):

Io sono il Signore: questo è il mio nome;
non cederò la mia gloria ad altri,
nè il mio onore agli idoli.

Dio ha glorificato Gesù Cristo

Vangelo di Giovanni (5, 23):

perchè tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato.

Vangelo di Giovanni (17, 5):

E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse.

12

Dio è “Io Sono”

Esodo (3, 14):

Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io-Sono mi ha mandato a voi”». 

Gesù Cristo è “Io Sono”

Vangelo di Giovanni (8, 58):

Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono».

Vangelo di Giovanni (8, 23-24):

E diceva loro: «Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati».


13

Dio guarisce ogni malattia

Salmi (103, 2, 3):

Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.
Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,

Gesù Cristo guarisce ogni malattia

Vangelo di Matteo (4, 23-24):

Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. La sua fama si diffuse per tutta la Siria e conducevano a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guarì.

14

Dio è il giudice di tutta la terra

Genesi (18, 25):

Lontano da te il far morire il giusto con l’empio, così che il giusto sia trattato come l’empio; lontano da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?».

Salmi (96, 13):

davanti al Signore che viene:
sì, egli viene a giudicare la terra;
giudicherà il mondo con giustizia
e nella sua fedeltà i popoli.

Gesù Cristo è il giudice di tutta la terra

Seconda Lettera a Timoteo (4, 1):

Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno:

Vangelo di Giovanni (5, 22):

Il Padre infatti non giudica nessuno, ma ha dato ogni giudizio al Figlio,

15

Dio ha la vita in se stesso

Vangelo di Giovanni (5, 26):

Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso,

Gesù Cristo ha la vita in se stesso

Vangelo di Giovanni (5, 26):

Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso,

Vangelo di Giovanni (1, 4):

In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;


16

Dio resuscita i morti

Ezechiele (37, 12-14):

Perciò profetizza e annuncia loro: “Così dice il Signore Dio: Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d’Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra. Saprete che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò”». Oracolo del Signore Dio.

Vangelo di Giovanni (5, 21):

Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi egli vuole. 

Gesù Cristo resuscita i morti

Vangelo di Luca (7, 14-15):

Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre.

Vangelo di Giovanni (11, 25, 26):

Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 

Vangelo di Giovanni (11, 43-44):

Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».