Giustino nacque a Flavia Neapolis, l’odierna Nablus, in Israele, nel 100 d.C. Proveniva da una famiglia greca pagana. Lui stesso riferisce che l’interesse per la ricerca della verità lo porto ad accostarsi e a studiare le filosofie degli stoici, dei peripatetici e dei pitagorici. Però nessuna di queste lo convinse. Quindi si dedicò allo studio di Platone, ma un giorno, un anziano, gli descrisse il senso del Cristianesimo (fatto descritto nell’opera “Dialogo con Trifone”). Da allora dedicò la sua vita alla difesa della fede cristiana. Fondò quindi una scuola apologetica cristiana a Roma, e uno dei suoi allievi fu Taziano. Secondo il “Martirium S.Justini et Sociorum”, Giustino fu mandato a morte insieme ad altri sei martiri nel 165 d.C., per ordine di Giunio Rustico.
Tre opere principali di Giustino sono giunte fino a noi: la prima apologia; la seconda apologia e il dialogo con Trifone.
Per comprendere meglio il pensiero di Giustino analizzaremo alcuni brani della sua “Apologia Prima”
X.
1. Noi invece abbiamo appreso che Dio non ha bisogno di offerte materiali da parte di uomini, dal momento che vediamo che è Lui stesso a somministrare ogni cosa; abbiamo imparato, e ne siamo convinti e crediamo, che Egli accoglie solo coloro che imitano il bene che è in Lui, cioè sapienza e giustizia e benignità, e tutto ciò che è proprio di Dio, il quale non può prendere alcun nome che Gli si imponga.
2. Abbiamo appreso anche che Egli, in quanto è buono, ha creato in principio tutte le cose dalla materia informe per gli uomini; e se questi si mostreranno, nei fatti, degni del Suo volere, abbiamo appreso che diverranno degni di vivere con Lui regnando insieme con Lui, resi incorruttibili ed immuni dal dolore.
Da questi passaggi si evince un cambio di direzione rispetto alla fede giudaica. Giustino asserisce che Dio non ha bisogno di offerte materiali (sacrifici animali). Inoltre Giustino afferma che chi segui il bene sarà accolto da Dio, al quale non si può imporre alcun nome.
XI.
1. E voi, sentito dire che noi attendiamo un regno, senza riflessione avete supposto che parlassimo di un regno umano, mentre parliamo di quello divino, come appare anche dal fatto che, interrogati da voi, confessiamo di essere cristiani, pur sapendo che per chi confessa è riservata, come pena, la morte.
2. Se, infatti, ci attendessimo un regno terreno, negheremmo per non essere uccisi e cercheremmo di vivere nascosti per conseguire il nostro scopo: ma, dal momento che abbiamo le speranze rivolte non al presente, non ci diamo pensiero di coloro che ci uccidono: in ogni modo si deve morire.
Con la logica Giustino dimostra che i cristiani non erano e non potevano essere dei violenti, dei sobillatori o rivoluzionari armati. Infatti se essi avessero lottato per un regno terreno avrebbero cercato di vivere nelle tenebre nascondendosi per poter attaccare e conseguire il loro scopo. Ma essi vivevano alla luce del sole, predicavano Gesù Cristo e non lo rinnegavano, sapendo di poter essere mandati a morte.
XIII –
3. Dimostreremo poi che a ragione noi veneriamo Colui che ci è stato maestro di queste dottrine, e per questo è stato generato, Gesù Cristo, crocifisso sotto Ponzio Pilato, governatore della Giudea al tempo di Tiberio Cesare; abbiamo appreso che Egli è il figlio del vero Dio, e Lo onoriamo al secondo posto, ed in terzo luogo lo Spirito Profetico.
In questo passaggio innanzitutto Giustino conferma la storicità della predicazione e morte di Gesù Cristo. Quindi dimostra di credere nella Trinità.
XIV.-
1. Vi diciamo innanzitutto di guardarvi dal farvi trarre in inganno dai demoni da noi prima accusati, e dal lasciarvi distogliere dal venire a piena conoscenza e dal comprendere quanto vi si dice (si sforzano infatti di avervi come schiavi e servitori: talvolta attraverso apparizioni di sogni, talvolta attraverso astuzie di magia, riducono in proprio potere tutti coloro che in nessun modo lottano per la propria salvezza); così come anche noi, dopo aver creduto nel Logos, ci siamo allontanati da loro, e seguiamo il solo ingenerato Iddio, per mezzo del Suo Figlio.
2. Noi che prima godevamo della dissolutezza, ora amiamo solo la continenza; noi che usavamo arti magiche, ora ci siamo consacrati al Dio buono ed ingenerato; noi che ambivamo, più degli altri, a conseguire ricchezze e beni, ora mettiamo in comune anche ciò che abbiamo e lo spartiamo con i bisognosi.
3. Noi che ci odiavamo l'un l'altro e ci uccidevamo e non spartivamo il focolare con coloro che non erano della nostra stirpe o avevano diversi costumi ora, dopo la manifestazione di Cristo, viviamo in comunità e preghiamo per i nemici e ci sforziamo di persuadere quanti ingiustamente ci odiano affinchè, vivendo secondo i buoni comandamenti di Cristo, abbiano la bella speranza di ottenere, insieme con noi, la stessa ricompensa da parte di Dio, signore di tutte le cose.
In questi passaggi Giustino avverte che i demoni sono sempre in agguato, e appaiono in sogni, pensieri impuri, o magia. Ma una volta conosciuto il Logos, l’uomo se ne allontana.
Inoltre Giustino descrive che in seguito al ravvedimento, i cristiani non si dedicano più a conseguire ricchezze e beni materiali ma vivono in comunità e si dedicano ad aiutare i bisognosi. Interessante notare che Giustino afferma che anteriormente non si “spartiva il focolare” con genti di altra stirpe, mentre ora si accolgono tutti.
XVIII.
6. Al pari di essi date retta, dunque, anche a noi: noi che, non meno di loro, anzi di più, crediamo in Dio, noi che speriamo di riprendere i nostri corpi, anche se morti e gettati nella terra, poichè diciamo che nulla è impossibile a Dio.
XIX –
1. E, per chi ci pensa bene, qualora non esistessimo nel corpo, cosa potrebbe apparire più incredibile del fatto che qualcuno ci dicesse che da una piccola stilla del seme umano è possibile che derivino e ossa e nervi e carne, manifestata con la forma che noi vediamo?
2. Immaginiamo ora per ipotesi: se voi non foste così come siete nè foste generati da tali persone, e qualcuno, mostrandovi il seme umano e poi un'immagine dipinta, affermasse con assoluta certezza che da un simile seme nasce un essere siffatto, prima di vederlo, voi ci credereste? Nessuno oserebbe negare che non gli credereste!
3. Nello stesso modo, perchè non avete ancora visto un morto resuscitare siete dominati dall'incredulità.
4. Ma, come all'inizio non avreste creduto che potessero nascere uomini così fatti da una piccola stilla, eppure li vedete formati, così dovete pensare che non sia impossibile che i corpi umani, dissolti e disfatti nella terra come semi, al momento opportuno, per ordine di Dio, risorgano e "si rivestano di incorruttibilità".
In questi passaggi del diciottesimo e diciannovesimo capitolo Giustino difende il concetto di Risurrezione dei corpi. Infatti se da un piccolo seme nasce e si sviluppa un bambino, evento realmente miracoloso e meraviglioso guidato da Dio, allora si può credere anche che Dio renda nuovamente vivo un corpo morto.
XXIII. –
1. Affinchè ormai appaia evidente anche questo, vi dimostreremo che quanto noi diciamo, per averlo imparato da Cristo e dai Profeti che lo precedettero, è la sola verità, e che è più antica di tutti gli scrittori; e che chiediamo di essere creduti non perchè diciamo le stesse cose ma perchè diciamo la verità:
2. che il solo Gesù Cristo è stato propriamente generato figlio di Dio, Suo Logos e primogenito e potenza operatrice e, fatto uomo per Sua volontà, ci ha dato questi insegnamenti per la liberazione e la rigenerazione del genere umano;
In questo passaggio Giustino afferma che solo Gesù Cristo è Figlio di Dio. E solo attraverso i suoi insegnamenti l’uomo può liberarsi e rigenerarsi.
XXVI. 5. Vi è poi un certo Marcione del Ponto, il quale tuttora insegna ai suoi seguaci a credere che esiste un altro Dio superiore al creatore. Costui, in mezzo ad ogni genere di uomini, con l'aiuto dei demoni, è riuscito a far sì che molti pronuncino bestemmie e neghino che Dio sia creatore dell'universo, e ammettano che un altro, il quale sarebbe superiore a Lui, ha compiuto cose maggiori di lui.
Giustino afferma che le dottrine di Marcione sono false. Anche altri filosofi cristiani del II secolo hanno confutato le tesi di Marcione, come per esempio Tertulliano.
XXXI. –
2. Quando Tolomeo, re d'Egitto, apprestava una biblioteca e cercava di raccogliervi gli scritti di tutti gli uomini, avuta notizia anche di queste Profezie, mandò a chiedere all'allora re dei Giudei, Erode, di inviargli i libri dei Profeti.
3. Ed il re Erode gli inviò i libri scritti nella lingua ebraica, come ho detto prima.
4. Però, poichè il loro contenuto non era comprensibile agli Egizi, di nuovo mandò a chiedere di inviargli dei traduttori in lingua greca.
5. Fatto ciò, i libri sono rimasti presso gli Egizi fino ad ora, e si trovano dovunque, presso tutti i Giudei. Questi, però, pur sapendoli leggere, non ne comprendono il contenuto, ma ci ritengono avversari e nemici, e, come voi, ci uccidono e ci perseguitano quando possono, come potete constatare anche voi.
6. Infatti, anche nella recente guerra Giudaica, Barkokeba, il capo della rivolta dei Giudei, comandava che venissero condotti a crudeli supplizi solo i cristiani, se non rinnegavano e bestemmiavano Gesù Cristo.
7. Tuttavia è proprio nei libri dei Profeti che trovammo vaticinato il nostro Gesù Cristo, la sua venuta, la sua nascita da una vergine, il suo divenire uomo, il suo guarire ogni malattia e ogni infermità, il suo risuscitare i morti; trovammo che sarebbe stato odiato, ignorato e crocifisso, che sarebbe morto e risorto e salito al cielo; che è ed è chiamato figlio di Dio, e che alcuni uomini sono inviati da Lui ad annunziare queste cose a tutto il genere umano e che avrebbero creduto in Lui di preferenza i pagani.
In questi passaggi si nota che Giustino da importanza alle profezie dell’Antico Testamento riferite alla missione di Gesù Cristo.
XXXVI. –
1. Quando udite le parole dei Profeti pronunziate come se fossero loro, non crediate che siano pronunziate da essi stessi sotto ispirazione, bensì dal Logos divino che le muove.
2. Questi infatti ora preannunzia il futuro sotto forma di predizione, ora parla come in persona di Dio, Signore e Padre di ogni cosa, ora come in persona di Cristo, ora come in persona di popoli che rispondono al Signore od al Padre Suo: una cosa simile si può vedere anche presso i vostri scrittori, che introducono vari personaggi dialoganti, pur essendo uno solo colui che scrive il tutto.
3. Non comprendendo questo, i Giudei, che pure hanno i libri dei Profeti, non riconobbero Cristo neppure quando comparve; anzi, odiano noi, poichè affermiamo che Egli è venuto e dimostriamo che è stato da loro crocifisso, come era stato annunziato.
Giustino si sofferma ancora sulle profezie, così importanti per individuare che Gesù è realmente il Cristo, il Messia che Israele aspettava da secoli. Tuttavia fa notare che furono proprio i giudei a non riconoscere il Cristo in Gesù di Nazaret.
XXXIX. –
1. Quando lo Spirito Profetico parla per annunziare il futuro, si esprime così: "Da Sion infatti uscirà una legge, il Logos del Signore da Gerusalemme, e giudicherà nel mezzo delle genti ed accuserà molto popolo. E ridurranno le loro spade in aratri e le loro lance in falci e non impugneranno più la spada, gente contro gente, e non impareranno più a fare la guerra".
2. E che così è avvenuto, potete persuadervene.
3. Infatti da Gerusalemme uscirono nel mondo dodici uomini: erano ignoranti ed incapaci di parlare, ma, per la potenza di Dio, rivelarono a tutto il genere umano che erano mandati da Cristo ad insegnare a tutti la sua parola. E noi, che un tempo ci uccidevamo l'un l'altro, non solo non facciamo guerra ai nemici, ma, per non mentire nè ingannare quelli che ci giudicano, volentieri moriamo confessando il Cristo.
Qui Giustino descrive gli Apostoli, che furono inviati da Gesù Cristo in tutto il mondo per far conoscere a tutti la Buona Novella. Giustino afferma che ciò è servito, in quanto ora regna la pace e i cristiani accolgono genti di differenti etnie.
XLII.
4. Invece il nostro Gesù Cristo, crocifisso e morto, resuscitò, e regnò dopo essere asceso al cielo; e per l'annuncio che da parte sua è stato portato dagli Apostoli a tutte le genti c'è gioia per quanti attendono l'immortalità annunciata da Lui.
Giustino annuncia il Vangelo: Gesù Cristo è morto e quindi è risuscitato, pertanto ha vinto la morte. E’ quindi il Signore della vita e può darla in eterno a chi crede in lui.
XLIII. –
1. Perchè nessuno, da quanto è stato da noi detto, ci pensi sostenere che gli avvenimenti soggiacciono inesorabilmente al fato, per il fatto di essere predetti come preconosciuti, scioglieremo anche questo nodo.
2. Noi abbiamo appreso dai Profeti, e dimostriamo essere vero, che le punizioni e le pene e le buone ricompense vengono assegnate a ciascuno secondo il merito delle sue azioni. Perchè, se non fosse così, ma tutto si compisse per destino, non esisterebbe per nulla il libero arbitrio. Se infatti fosse già stabilito che l'uno sia buono e l'altro cattivo, nè quello sarebbe da lodare, nè questo da biasimare.
3. D'altra parte, se il genere umano non ha facoltà di fuggire il male, e di preferire il bene per libera scelta, non è responsabile, qualsiasi azione compia.
4. Noi dimostriamo invece che l'uomo è virtuoso o fa il male per libera scelta.
5. Vediamo infatti che un medesimo uomo passa da un comportamento a quello opposto.
6. Se fosse stabilito che egli sia o cattivo o buono, non sarebbe mai soggetto a comportamenti contrapposti, nè muterebbe più volte. Non ci sarebbero nè i buoni ne i cattivi, poichè si dimostrerebbe che il destino è la causa sia del bene sia del male, e che esso perciò è contraddittorio in se stesso; oppure che noi riteniamo vero quanto riportato prima, che cioè virtù o vizio non sono nulla, e le cose sono buone o cattive solo a giudizio personale: il che, come la retta ragione dimostra, è massima empietà e ingiustizia.
7. Noi invece sosteniamo che fato ineluttabile è soltanto questo, che esiste un premio per chi sceglie il bene, e parimenti giusti castighi per chi sceglie il contrario: perchè Dio ha fatto l'uomo non come gli altri esseri, come alberi e quadrupedi, incapaci di agire per libera scelta. Infatti non sarebbe meritevole nè di ricompensa nè di lode, se non scegliesse egli stesso il bene, ma fosse buono per natura; nè, se fosse cattivo, sarebbe giusto che ricevesse una punizione, poichè non sarebbe tale per una scelta, bensì perchè non potrebbe essere diverso da come è.
Questi passaggi provano che Giustino credeva che l’uomo è stato creato libero di scegliere tra il bene e il male. La predestinazione assoluta, concetto sviluppato più tardi dal dogmatico Agostino di Ippona, non rientra nel pensiero di Giustino. Anche altri filosofi cristiani del II e del III secolo si espressero in modo concordante con Giustino, vediamo a tale proposito questa citazione di Archelao (250-300 d.C.): “Tutte le creature che Dio fece, le fece bene. E diede a ogni individuo la percezione del libero arbitrio, e per la stessa norma istituì la legge del giudizio…ed è ovvio che chi vuole può rispettare i comandamenti. Chiunque invece li disprezzi e faccia il contrario dei comandamenti, senza dubbio dovrà scontrarsi con questa legge del giudizio… non c’è dubbio che ogni individuo, usando la sua propria volontà, possa fissare il corso della sua vita nella direzione che più gli piaccia.” (Archelao, “disputa con Mani”, 32-33).
XLVI. –
1. Affinchè nessuno, sragionando, cerchi di distorcere i nostri insegnamenti - poichè affermiamo che Cristo è nato centocinquant'anni fa sotto Cirino, e ci insegnò quello che noi diciamo, qualche tempo dopo, sotto Ponzio Pilato - e obietti che tutti gli uomini che vissero prima sarebbero irresponsabili, noi preverremo e scioglieremo questa difficoltà.
2. Ci è stato insegnato che Cristo è il primogenito di Dio, ed abbiamo già dimostrato che Egli è il Logos di cui fu partecipe tutto il genere umano.
3. E coloro che vissero secondo il Logos sono cristiani, anche se furono giudicati atei, come, tra i Greci, Socrate ed Eraclito ed altri come loro; tra i barbari, Abramo ed Anania ed Azaria e Misaele ed altri molti, l'elenco delle cui opere e dei cui nomi ora tralasciamo, sapendo che è troppo lungo.
Innanzitutto Giustino ci comunica che Gesù è nato sotto il governatore Cirino, fornendo un importante dato storico. Inoltre scrive che Gesù nacque centocinquanta anni prima della stesura di questa Apologia.
Poi Giustino fa un accenno alla salvezza di chi ha vissuto prima di Cristo. Secondo la Bibbia, si salvava la persona che aveva fede nel fatto che Dio si sarebbe occupato dei suoi peccati inviando il Messia. Giustino conferma questa tesi, sostenendo che alcune persone, pur non conoscendo il messaggio bìblico, si salvarono in quanto avevano fede nel Logos, in Dio.
XLIX. –
1. Ed ancora: ecco come è stato predetto dallo stesso Isaia che i popoli che non l'attendevano l'avrebbero adorato, mentre i Giudei, che l'avevano atteso, non l'avrebbero riconosciuto alla Sua comparsa. Le parole sono riferite come pronunciate dalla persona di Cristo stesso.
2. Eccole: "Fui conosciuto da quelli che non domandavano di me, fui trovato da quelli che non mi cercavano. Dissi - Eccomi - alle genti che non invocavano il mio nome. Ho disteso le mani ad un popolo incredulo e renitente, a coloro che camminano per una via non retta, bensì seguendo i loro peccati. Il popolo è quello che mi provoca a sdegno di fronte a me".
3. I Giudei infatti, pur avendo le Profezie, ed essendo sempre in attesa di Cristo, quando venne non Lo riconobbero; non solo: Lo uccisero.
4. Invece i Gentili che non avevano mai udito parlare di Cristo, finchè gli Apostoli, usciti da Gerusalemme, non Lo fecero conoscere e diffusero le Profezie, pieni di gioia e di fede, rinnegarono gli idoli e si consacrarono al Dio ingenerato, mediante Cristo.
Giustino risalta molto le profezie, ed in particolare quelle di Isaia. Fa notare che furono proprio i gentili, che non avevano ma sentito parlare del Messia che riconobbero in Cristo il Salvatore del mondo.
L. –
1. Udite le Profezie pronunciate a proposito del fatto che Cristo, fattosi uomo per noi, sopportò di patire e di essere infamato e che di nuovo sarebbe ritornato in gloria.
2. Eccole: "In cambio dell'essere stata consegnata a morte la Sua anima e dell'essere annoverato tra gli iniqui, Egli prese su di sè i peccati di molti e propizierà il perdono agli iniqui".
3. "Ecco il mio servo intenderà e sarà innalzato e molto glorificato. Come molti stupiranno su di te, così il tuo aspetto e la tua fama saranno disprezzati dagli uomini; così molte genti si meraviglieranno ed i re chiuderanno la loro bocca. Poichè coloro ai quali Egli non fu annunziato, crederanno, e quelli che non ne hanno udito parlare comprenderanno".
4. "Signore, chi prestò fede alle nostre parole? E il braccio del Signore a chi fu svelato? L'annunziammo all'aspetto come un fanciullino, come radice in terra arida. Non ha parvenza nè splendore, e noi lo vedemmo, e non aveva parvenza nè bellezza, ma il Suo aspetto era spregevole e manchevole dinanzi agli uomini; uomo che era coperto di piaghe, cosciente di subire patimenti, poichè il suo volto fu stravolto, disonorato e non considerato. Questi prende su di sè i nostri peccati e soffre per noi, e noi comprendemmo che era sofferente, con piaghe e mali. Egli fu piagato per le nostre iniquità e ridotto allo sfinimento per i nostri peccati. Un ammaestramento di pace è su di Lui, per le Sue lividure noi fummo guariti. Tutti come pecore traviammo, l'uomo dalla sua via traviò; Egli consegnò se stesso per i nostri peccati e non aprì bocca, pur tra i maltrattamenti. Come pecora fu condotto al sacrificio e come agnello muto davanti a chi lo tosa, così non aprì bocca. Nell'umiliazione fu giudicato".
5. Dopo la crocifissione, persino i Suoi discepoli Lo abbandonarono tutti dopo averlo rinnegato; in seguito, però - dopo che fu resuscitato dai morti ed apparve a loro, e dopo che ebbe insegnato a leggere le Profezie nelle quali erano predetti tutti questi avvenimenti -, essi, vistolo ascendere al cielo credettero e ricevettero di lassù la forza inviata loro da Lui, andarono presso ogni stirpe umana, insegnarono queste cose e furono chiamati apostoli.
Ancora Giustino risalta la famosa profezia di Isaia riferita alla sofferenza e al trionfo del Servo. Fa notare quindi che la morte di Gesù Cristo ha avuto valore salfifico infinito, sufficente ad espiare tutti i peccati del mondo.
LIV. –
1. Coloro che insegnano le mitiche invenzioni dei poeti non offrono alcuna dimostrazione ai giovani discepoli; anzi, dimostriamo che esse sono state create dai cattivi demoni per ingannare e traviare il genere umano.
2. Infatti, avendo udito preannunziare dai Profeti la venuta di Cristo e la punizione degli empi nel fuoco, i demoni offrivano di rimando le favole di molti che si dicevano figli di Zeus, pensando che avrebbero potuto far sì che gli uomini considerassero le Profezie di Cristo come racconti fantastici, simili a quelli propalati dai poeti.
Con questi passaggi Giustino vuole risaltare che la vicenda di Cristo fu un fatto storico, reale, e non ebbe nulla a che vedere con racconti fantastici e mitici degli dei pagani.
LVII. –
1. I cattivi demoni non riescono a persuadere che non esiste il fuoco come punizione per gli empi, così come non poterono tenere nascosta la venuta di Cristo. Solo questo possono fare: che chi vive contro ragione, è cresciuto perversamente nei cattivi costumi ed è schiavo delle false opinioni, ci uccida e ci odi. Noi comunque non solo non li odiamo, ma - come è dimostrato - ne abbiamo pietà e desideriamo persuaderli a cambiare.
Malgrado vi erano persone che odiavano i cristiani, considerando che essi non propiziavano gli dei pagani, Giustino ribadisce che i cristiani non odiano nessuno, anzi amano e hanno pietà dei non credenti in Cristo.
LVIII. –
1. Come abbiamo detto, i cattivi demoni esibirono anche Marcione del Ponto, il quale ancora oggi insegna a negare Dio creatore di tutte le cose del cielo e della terra e Cristo Suo figlio, preannunziato dai Profeti; egli annunzia una sorta di altro dio accanto al Creatore dell'universo, e parimenti un altro figlio.
2. Molti, prestandogli fede, come se fosse il solo a sapere la verità, si burlano di noi pur non avendo alcuna prova delle loro affermazioni; irragionevolmente, come agnelli afferrati dal lupo, diventano preda delle dottrine atee e di demoni.
3. Infatti questi demoni non aspirano ad altro che ad allontanare gli uomini dal Dio che li ha creati e dal Suo primogenito, Cristo. Quanti non riescono ad innalzarsi dalla terra, essi li inchiodarono e li inchiodano alle cose terrene e costruite dalle mani dell'uomo, mentre subdolamente sviano e gettano nell'empietà quanti intendono volgersi alla contemplazione delle cose di Dio se non sono dotati di salde capacità di ragionamento e non conducono una vita pura e libera da passioni.
Giustino utilizza ancora l’esempio dello gnostico Marcione per ribadire che sono i demoni ad ispirare tali false dottrine. Infatti per Giustino i demoni non hanno altro obiettivo se non quello di allontanare le persone da Cristo.
LXI. –
1. Esporremo in quale modo ci siamo consacrati a Dio, rinnovati da Cristo, affinchè non sembri che, tralasciando questa parte, viziamo in qualche modo la nostra esposizione.
2. A quanti siano persuasi e credano che sono veri gli insegnamenti da noi esposti, e promettano di saper vivere coerentemente con questi, si insegna a pregare ed a chiedere a Dio, digiunando, la remissione dei peccati, mentre noi preghiamo e digiuniamo insieme con loro.
3. Poi vengono condotti da noi dove c'è l'acqua, e vengono rigenerati nello stesso modo in cui fummo rigenerati anche noi: allora infatti fanno il lavacro nell'acqua, nel nome di Dio, Padre e Signore dell'universo, di Gesù Cristo nostro salvatore e dello Spirito Santo.
4. Poichè Cristo disse: "Se non sarete rigenerati, mai entrerete nel regno dei cieli": è chiaro a tutti che è impossibile, una volta che si sia nati, rientrare nel ventre della madre.
Giustino descrive la cerimonia del battesimo. Essa non era attuata all’infante appena nato, come sosterrà più avanti Agostino d’Ippona, ma nell’età della ragione. Ancora una volta Giustino ribadisce la sua salda fede nella Trinità, ripetendo la formula battesimale.
LXIII.
- 1. Tutti i Giudei anche ora insegnano che il Dio ineffabile ha parlato a Mosè. Per questo lo Spirito Profetico, rimproverandoli per bocca del già nominato profeta Isaia - come scrivemmo sopra - disse: "Il bue conosce il suo padrone e l'asino la mangiatoia del suo padrone, ma Israele non conobbe me ed il suo popolo non mi ascoltò".
2. E Gesù Cristo, egualmente li rimproverò e disse: "Nessuno conosce il Padre se non il Figlio, nè il Figlio se non il Padre, e coloro a cui il Figlio l'abbia rivelato".
3. Il Logos di Dio è Suo figlio, come abbiamo già detto. Questi è chiamato "inviato" e "nunzio", poichè è lui ad annunziare che cosa bisogna conoscere, ed è inviato per spiegare quanto viene annunziato, come disse anche il Signore nostro: "Chi ascolta me ascolta colui che mi ha inviato".
4. Questo apparirà chiaro anche negli scritti di Mosè. In essi è detto così: "E parlò a Mosè l'inviato di Dio nella vampa di fuoco dal rovo e disse: Io sono colui che è, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, il Dio dei tuoi padri. Scendi in Egitto e conduci fuori il mio popolo".
5. Se volete, potete apprendere il resto da quei libri, poichè non è possibile riportarne tutto il contenuto.
6. Ma queste parole stanno a dimostrare che Gesù Cristo è figlio ed inviato di Dio: egli che prima era Logos, apparso ora in forma di fuoco ora in immagine incorporea, al nostro tempo, per volere di Dio fattosi uomo per amore del genere umano, sopportò anche di patire quanto i demoni gli procurarono per opera degli stolti Giudei.
7. Costoro, pur trovando chiaramente scritto nei libri di Mosè "E l'inviato di Dio parlò a Mosè in vampa di fuoco dal rovo, e disse - Io sono colui che è, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe -", sostengono che queste parole furono pronunciate dal Padre e creatore dell'universo. Proprio per questo lo Spirito Profetico li rimproverò, dicendo: "Israele non mi conobbe ed il popolo non mi comprese".
8. A sua volta Gesù, come abbiamo mostrato, stando in mezzo a loro, disse: "Nessuno conosce il Padre se non il Figlio; nessuno il Figlio se non il Padre, e coloro ai quali il Figlio l'ha rivelato". 9. Poichè dunque i Giudei ritennero che fosse sempre il Padre dell'universo a parlare a Mosè - mentre invece colui che parlava era il Figlio di Dio, che è anche chiamato nunzio ed inviato - giustamente vengono rimproverati sia dallo Spirito Profetico sia dallo stesso Cristo, per non avere riconosciuto nè il Padre nè il Figlio.
10. Quanti infatti affermano che il Figlio è il Padre, sono rimproverati di non conoscere il Padre, e di non sapere che il Padre dell'universo ha un Figlio. Questi, essendo Logos e primogenito di Dio, è anche Dio. Ed Egli prima apparve a Mosè ed agli altri Profeti in forma di fuoco e di immagine incorporea.
11. Ora invece, al tempo del vostro impero - come abbiamo detto - fattosi uomo da una vergine, secondo il volere del Padre, per la salvezza di quanti credono in Lui, sopportò di essere ritenuto un nulla e di patire, per poter vincere la morte, morendo e risorgendo.
12. Le parole dette a Mosè dal rovo: "Io sono colui che è, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, e il Dio dei tuoi Padri" indicano che essi, anche dopo morti sopravvivono e sono uomini dello stesso Cristo. Infatti, primi fra tutti gli uomini, si diedero alla ricerca di Dio Abramo, padre di Isacco, ed Isacco, padre di Giacobbe, come scrisse anche Mosè.
Per Giustino il Logos parlò a Mosè dal roveto. Gisutino quindi sostiene che il Logos apparve nella sua forma pre-incarnata ed eterna nell’Antico Testamento, per guidare, correggere, indicare la giusta via agli uomini.
LXVII. –
1. Da allora noi ci ricordiamo a vicenda questo fatto. E quelli che possiedono, aiutano tutti i bisognosi e siamo sempre uniti gli uni con gli altri.
2. Per tutti i beni che riceviamo ringraziamo il creatore dell'universo per il Suo Figlio e lo Spirito Santo.
3. E nel giorno chiamato "del Sole" ci si raduna tutti insieme, abitanti delle città o delle campagne, e si leggono le memorie degli Apostoli o gli scritti dei Profeti, finchè il tempo consente.
4. Poi, quando il lettore ha terminato, il preposto con un discorso ci ammonisce ed esorta ad imitare questi buoni esempi.
5. Poi tutti insieme ci alziamo in piedi ed innalziamo preghiere; e, come abbiamo detto, terminata la preghiera, vengono portati pane, vino ed acqua, ed il preposto, nello stesso modo, secondo le sue capacità, innalza preghiere e rendimenti di grazie, ed il popolo acclama dicendo: "Amen". Si fa quindi la spartizione e la distribuzione a ciascuno degli alimenti consacrati, ed attraverso i diaconi se ne manda agli assenti.
6. I facoltosi, e quelli che lo desiderano, danno liberamente ciascuno quello che vuole, e ciò che si raccoglie viene depositato presso il preposto. Questi soccorre gli orfani, le vedove, e chi è indigente per malattia o per qualche altra causa, e i carcerati e gli stranieri che si trovano presso di noi: insomma, si prende cura di chiunque sia nel bisogno.
7. Ci raccogliamo tutti insieme nel giorno del Sole, poichè questo è il primo giorno nel quale Dio, trasformate le tenebre e la materia, creò il mondo; sempre in questo giorno Gesù Cristo, il nostro Salvatore, risuscitò dai morti. Infatti Lo crocifissero la vigilia del giorno di Saturno, ed il giorno dopo quello di Saturno, che è il giorno del Sole, apparve ai suoi Apostoli e discepoli, ed insegna proprio queste dottrine che abbiamo presentato anche a voi perchè le esaminiate.
Qui Giustino fa una descrizione generale del culto al Signore che era attuato, allora come oggi, la domenica, o nel giorno chiamato "del Sole". Giustino sostiene che ci si riunisce la domenica perchè di domenica, o primo giorno della settimana, Dio creò il mondo, e di domenica Gesù Cristo è risuscitato dai morti.
Giustino non fa allusione al giorno del riposo ebraico, il sabato, lasciando comunque la libertà di seguirlo, a chi lo volesse, come anche stabilito da Paolo di Tarso (Lettera ai Colossesi 2, 16-17).
Yuri Leveratto
Immagine: un libro del 1636 sulla filosofia di Giustino
Immagine: un libro del 1636 sulla filosofia di Giustino