Alcune persone pensano che la Divinità di Gesù Cristo sia un concetto espresso solamente nel Vangelo di Giovanni. Vi sono però altri libri del Nuovo Testamento dove si proclama la piena Divinità di Gesù Cristo. Innanzitutto il Vangelo di Matteo (1), che secondo vari studiosi risulta essere il primo libro scritto del Nuovo Testamento (2). Anche dalle lettere paoline si evince la piena Divinità di Gesù Cristo.
L’Apostolo dei Gentili aveva chiarissimo il concetto di Divinità di Gesù Cristo, e si evince da numerosi passaggi delle sue Lettere:
Innanzitutto vediamo un passaggio importante della Lettera ai Filippesi dell’Apostolo Paolo, (2, 3-11):
Non fate niente per ambizione ne per vanagloria, ma con umiltà ritenete gli altri migliori di voi; non mirando ciascuno ai propri interessi, ma anche a quelli degli altri. Coltivate in voi questi sentimenti che furono anche in Cristo Gesù:
il quale, essendo per natura Dio,
non stimò un bene irrinunciabile
l’essere uguale a Dio
ma annichilì se stesso
prendendo natura di servo,
diventando simile agli uomini;
e apparso in forma umana
si umiliò facendosi obbediente
fino alla morte
e alla morte in croce.
Per questo Dio lo ha sopraesaltato
ed insignito di quel nome,
affinché, nel nome di Gesù,
si pieghi ogni ginocchio
degli esseri celesti
dei terrestri e dei sotterranei
e in ogni lingua proclami,
che Gesù Cristo è Signore
a gloria di Dio Padre.
Analizzando questo importante brano ritmico, vediamo che, al sesto passo Paolo scrive: “il quale, essendo per natura Dio”. Quindi Paolo scrive chiaramente che Gesù è Dio, per natura. Inoltre nell’undicesimo passo scrive: “e in ogni lingua proclami, che Gesù Cristo è Signore a gloria di Dio Padre”. Paolo non scrive “Dio”, ma bensì “Dio Padre”. Così facendo, ricollegandosi al sesto passo, certifica la Divinità del Figlio.
Quindi vediamo il versetto della Lettera ai Colossesi (2, 9), in lingua greca:
ὅτι ἐν αὐτῷ κατοικεῖ πᾶν τὸ πλήρωμα τῆς θεότητος σωματικῶς,
che tradotto nella King James del 1611 d.C. è: “For in him dwelleth all the fulness of the Godhead bodily”. E in italiano:
“È in lui che dimora corporalmente tutta la pienezza della divinità”.
Paolo afferma che in Cristo si ha “tutta la pienezza della divinità”, cioè l'essenza divina. Cristo è Dio. Egli, in quanto Persona, si distingue dal Padre per la relazione che ha con il Padre essendo lui il Figlio Unigenito, ma una sola è l'essenza. Tutta la pienezza della divinità “abita corporalmente” in lui, cioè non per via di semplice azione della divinità su di un corpo umano, ma per l'unione ipostatica delle due nature, quella divina e quella umana. In Cristo vi sono due nature, non mescolate tra di loro, nell'unica Persona che è quella divina. In Dio si hanno tre Persone uguali e distinte nell'unica essenza. Dio è Trinità.
Vi sono poi altri passaggi di Paolo di Tarso dove si afferma la piena Divinità di Gesù Cristo.
Per esempio la Prima Lettera a Timoteo 3, 16, (Versione Diodati)
Senza alcun dubbio, infatti, è grande il mistero della pietà:
Dio si è manifestato nella carne
Fu giustificato nello spirito
Apparve agli angeli
Fu predicato alle nazioni
Fu creduto nel mondo
Fu assunto nella gloria
Mentre nel Textus Receptus è scritto “Dio si è manifestato nella carne”, nelle edizioni San Paolo, derivate dalla Vulgata è scritto “Colui che fu manifestato nella carne”. (3)
Analizziamo nuovamente un passaggio della Lettera ai Romani (9, 4-5)
Essi sono Israeliti, loro è l’adozione a figli, la gloria le alleanze, a loro è stata data la legge, il culto le promesse, i patriarchi, da loro proviene Cristo secondo la sua natura umana, egli che domina tutto è Dio, Benedetto nei secoli, amen.
In questo passaggio è chiaro che Paolo sosteneva la piena Divinità del Figlio.
Vediamo questo ultimo passaggio di Paolo di Tarso, nella Lettera a Tito, (2, 13):
nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore Gesù Cristo
Vediamo questo ultimo passaggio di Paolo di Tarso, nella Lettera a Tito, (2, 13):
nell'attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore Gesù Cristo
Ovviamente il fatto che Paolo credesse e divulgasse la piena Divinità di Gesù Cristo si evince anche dalla Prima Lettera ai Corinzi cap. 15, dove si descrive la Risurrezione.
Nella Risurrezione Gesù Cristo ha vinto la morte e ha dimostrato il suo potere su di essa. Solo Dio stesso, che ha creato l’universo, ha il potere di vincere il peccato e la morte. Senza Risurrezione, come scrive Paolo, la fede in Cristo sarebbe inutile. Tutte le altre religioni sono state fondate da uomini e profeti, la cui fine è stata la tomba. Ma solo nella religione cristiana Dio si è incarnato in un essere umano, che è venuto sulla terra (Giovanni 1, 11), con lo scopo di “togliere il peccato del mondo” (Giovanni 1, 29), vincere il peccato e la morte, fatto attestato dalla Risurrezione.
E tutto questo Paolo di Tarso lo ha sancito chiaramente, fino alle estreme conseguenze, ossia fino al martirio (4).
Yuri Leveratto
Copyright 2016
Immagine: Andrej Rublev, Icona di Paolo di Tarso, 1407
Immagine: Andrej Rublev, Icona di Paolo di Tarso, 1407
Note:
1-Per esempio nei passaggi del Vangelo di Matteo (26, 64) e (28, 19).
2-L'esegeta Francesco Spadafora sostiene che le lettera ai Tessalonicesi composte nel 50-51 dipendono dal Vangelo di Matteo ( Francesco Spadafora, L'escatologia di san Paolo, Ed. Studium, 1957). Il biblista Bernard Orchard data il Vangelo di Matteo tra il 45 e il 50 (J. B. Orchard, Thessalonians and the Synoptic Gospels, Bib 19 1938). Inoltre lo storico Gerarde Garitte riporta che due codici georgiani del X e XI secolo riferiscono la notizia che il vangelo secondo Matteo fu scritto otto anni dopo l'Ascensione di Gesù, il vangelo di Marco 11 anni dopo, Luca 15 anni dopo e Giovanni 32 anni dopo. (G. Garitte, Catalogue des manuscrits géorgiens littéraires du Mont Sinaï, Louvain, 1956.) Per finire Jean Carmignac propone una datazione originale dell'originale ebraico del Vangelo di Matteo intorno al 45 e la traduzione al greco nel 50. (J. Carmignac, Nascita dei Vangeli sinottici, San Paolo, Cinisello Balsamo, 1986).
3- Negli antichi manoscritti, i nomi sacri di Dio, Cristo, lo Spirito, ecc., erano abbreviati. L’abbreviazione greca per “Dio” sembra esattamente iguale alla parola “Chi”, eccetto che ha un breve trattino orrizontale che segna la differenza tra una theta e una omicron, e un altro trattino sulla parola da mostrare che si tratta di un’abbreviazione. I manoscritti hanno differenti letture: “Dio” (Textus receptus), “Chi”, e Colui che”. In ogni caso anche la dicitura “Colui che si manifestò nella carne”, indica l’incarnazione del Verbo, ossia Dio, in una persona umana. Infatti Paolo di Tarso non avrebbe scritto “colui che si manifestò nella carne” riferendosi ad un semplice uomo, giacché un semplice uomo è sempre in carne e ossa.
4-Ecco alcune fonti storiche sul martirio di Paolo di Tarso:
Lettera di Ignazio di Antiochia agli Efesini (110 AD)
XII. So chi sono e a chi scrivo. Io sono un condannato, voi avete ottenuto misericordia. Io in pericolo, voi al sicuro. Voi siete la strada per quelli che s'innalzano a Dio. Gli iniziati di Paolo che si è santificato, ha reso testimonianza ed è degno di essere chiamato beato. Possa io stare sulle sue orme per raggiungere Dio; in un'intera sua lettera si ricorda di voi in Gesù Cristo.
Lettera ai Romani di Dionigi, vescovo di Corinto (166-174 AD), in Eusebio di Cesarea - Storia Ecclesiastica 25-8
“Con una tale ammonizione voi avete fuso le piantagioni di Roma e di Corinto, fatte da Pietro e da Paolo, giacchè entrambi insegnarono insieme nella nostra Corinto e noi ne siamo i frutti, e ugualmente, dopo aver insegnato insieme anche in Italia, subirono il martirio nello stesso tempo”
Tertulliano –Prescrizione contro le eresie (200 AD)
Come felice è la sua chiesa, su cui gli apostoli riversano tutta la loro dottrina insieme con il loro sangue! Dove Pietro subisce la passione come il suo Signore! Dove Paolo vince la corona in una morte simile a quella di Giovanni, dove l'apostolo Giovanni fu immerso, illeso, in olio bollente, e quindi rimandato in esilio nella sua isola! Vedete ciò che ha imparato, ciò che ha insegnato, e quello che ha avuto comunione con le nostre chiese in Africa!
Lattanzio, De Mortibus Persecutorum (318 AD)
I suoi apostoli erano allora undici di numero, al quale sono stati aggiunti Mattia, al posto del traditore Giuda, e poi Paolo. Poi si dispersero per tutta la terra a predicare il Vangelo, come il Signore loro Maestro gli aveva ordinato; e durante venticinque anni, e fino all'inizio del regno di Nerone, si occuparono di gettare le fondamenta della Chiesa in ogni provincia e città. E mentre Nerone regnava, l'apostolo Pietro è venuto a Roma, e, attraverso la potenza di Dio che gli fu affidata, fece certi miracoli e, convertendo molti alla vera religione, costruì un tempio fedele e saldo al Signore. Quando Nerone sentì parlare di queste cose, e osservò che non solo a Roma, ma in ogni altro luogo, una grande moltitudine di persone abbandonava ogni giorno il culto degli idoli, e, condannando le loro vecchie abitudini, si avvicinava alla nuova religione, lui, un esecrabile e pernicioso tiranno, decise di radere al suolo il tempio celeste e distruggere la vera fede. Fu lui che per primo ha perseguitato i servi di Dio; lui ha crocifisso Pietro e ha fatto uccidere Paolo.
Vi sono poi altre fonti sul martirio di Paolo, come la Lettera ai Filippesi di Policarpo e la Storia Ecclesiastica Eusebio di Cesarea, Libro II cap. 25 5-7