Fino ad ora abbiamo visto che Giovanni ha voluto descrivere l’essenza del Logos, il Verbo, la sua comunione eterna con Dio Padre, e alcune sue caratteristiche. Per esempio nel terzo verso del Prologo si descrive che il Verbo ha creato “tutto”, e da ciò si evince che è la Causa Prima. Nel quarto verso si sottolinea che il Verbo è la vita stessa, ed inoltre si indica che la vita spirituale in Cristo, può appartenere all’uomo, con la conversione.
Ora analizziamo il quinto verso del Vangelo di Giovanni:
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta
Vediamo la corrispondente pronuncia in greco:
kai to phōs en tē skotia phainei kay hē skotia auto ou katelaben
La prima parte del verso si riferisce alla luce eterna di Cristo. Il verbo phainei, ossia “splende”, è il presente indicativo durativo del verbo “phainoo”, che significa: “splendere”.
Con ciò Giovanni ci vuole esprimere che la luce di Cristo non ha cominciato a brillare a partire dall’Incarnazione, ma ha brillato dall’eternità del passato.
In un certo senso però la luce di Gesù Cristo ha brillato in una forma speciale dopo la caduta dell’uomo, e in forma ancora più speciale dopo l’Incarnazione. Inoltre in questa prima parte del verso notiamo che Giovanni vuole sottolineare il fatto che la luce di Gesù Cristo brilla indipendentemente dal fatto che alcuni uomini non la accettino. Ovviamente molte persone hanno ripudiato la missione salvifica di Gesù Cristo, ciò si evince da molti passaggi biblici, per esempio, Vangelo di Giovanni (3, 19):
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie.
Tuttavia, anche se molti hanno negato che Gesù Cristo sia la luce vera, essa continua a brillare.
E’ un po’ come una persona che si rinchiude in una caverna e non vuole uscire all’aria aperta, per contemplare il sole. Anche se questa persona resterà tutta la vita dentro la caverna, il sole non cesserà di brillare.
Però la luce serve per vincere l’oscurità. Dio sapeva che l’uomo avrebbe scelto le tenebre, e per questo ha deciso di inviare suo Figlio, la luce vera, che splende nel mezzo dell’oscurità.
Notiamo che sia davanti alla parola “luce”, che sia davanti alla parola “tenebre” vi è l’articolo definito. Giovanni infatti sta descrivendo la luce specifica di Gesù Cristo e sta descrivendo le tenebre che sono venute in questo mondo in seguito al peccato e alla morte.
Analizziamo ora la parola greca skotia. La corretta traduzione è “tenebre, oscurità”, ma in senso figurativo questa parola significa “le conseguenze del peccato” (1)(2).
Vediamo il passaggio seguente della Prima Lettera di Giovanni (2, 10-11):
Chi ama suo fratello, rimane nella luce e non vi è in lui occasione di inciampo. Ma chi odia suo fratello, è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre hanno accecato i suoi occhi.
L’uomo infatti è peccatore in quanto, essendosi allontanato da Dio, prova odio verso il suo prossimo. Al contrario, se l’uomo è in comunione con Dio, prova amore verso il suo prossimo.
La prima parte del quinto verso del Vangelo di Giovanni:
la luce splende nelle tenebre
significa pertanto che la luce splende nell’oscurità che si è formata in seguito alle conseguenze del peccato.
Ovviamente una delle conseguenze del peccato è l’auto-inganno. L’uomo si inganna da solo pensando che può vedere, ossia che può, attraverso la conoscenza, raggiungere la “pienezza di Dio”, oppure che può, mediante la sua “luce personale”, alimentare la sua felicità. Ma questa condizione di saccenza non gli permette di vedere la luce vera, lo annebbia, lo confonde.
Vediamo adesso la seconda parte del verso:
e le tenebre non l’hanno vinta
Ancora una volta troviamo la parola “skotia”, ossia: tenebre. Qui può intendersi come: corruzione, saccenza, auto-inganno, presunzione, allontanamento dell’uomo da Dio, e, in ultima analisi, morte spirituale, come conseguenza del peccato.
In ogni caso Dio non è responsabile per il peccato. Dio non ha creato l’oscurità o le tenebre, e neppure fece l’uomo peccatore per poi poterlo salvare. Il peccato non deriva da lui, ma dalla libera scelta dell’uomo. Adamo ed Eva credettero che la conseguenza della loro scelta li avrebbe portati alla perfetta conoscenza, ed invece la loro scelta li portò alla morte. Infatti, Lettera ai Romani (6, 23):
Perché il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore.
A chi si riferisce Giovanni quando scrive: “e le tenebre non l’hanno vinta”? Giovanni scrivendo “le tenebre” si riferisce alle conseguenze peccaminose degli uomini che hanno ripudiato la luce. Essi, i peccatori, sono le “tenebre”, ma non hanno potuto vincere la “luce” perché essa splende, e continuerà a splendere.
Che significato ha il verbo katelaben? Il primo è: catturare, o per estensione, vincere. Il secondo è: capire, intendere. Il terzo è accogliere.
Pertanto la frase in questione significa che coloro i quali hanno ripudiato la Grazia che ci è stata offerta da Gesù Cristo, non hanno potuto neppure capirla, non la potranno accogliere, e non la potranno neppure vincere.
Da sempre il ladro ha bisogno dell’oscurità per perpetrare il suo furto. E l’assassino ha bisogno dell’oscurità per portare a termine il suo delitto. La luce pertanto è nemica delle tenebre perché mette allo scoperto le opere delle tenebre. Chi ripudia il Vangelo non solo non lo capisce, ma lo odia, e tenta tutto il possibile per smentirlo. Sono stati fatti innumerevoli tentativi per estiguere la luce di Gesù Cristo, ma tutti sono falliti miseramente. La luce continua a splendere, malgrado questi miseri attacchi. E mentre continuerà a splendere vi sarà qualcuno che la combatterà.
Yuri LeverattoOra analizziamo il quinto verso del Vangelo di Giovanni:
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta
Vediamo la corrispondente pronuncia in greco:
kai to phōs en tē skotia phainei kay hē skotia auto ou katelaben
La prima parte del verso si riferisce alla luce eterna di Cristo. Il verbo phainei, ossia “splende”, è il presente indicativo durativo del verbo “phainoo”, che significa: “splendere”.
Con ciò Giovanni ci vuole esprimere che la luce di Cristo non ha cominciato a brillare a partire dall’Incarnazione, ma ha brillato dall’eternità del passato.
In un certo senso però la luce di Gesù Cristo ha brillato in una forma speciale dopo la caduta dell’uomo, e in forma ancora più speciale dopo l’Incarnazione. Inoltre in questa prima parte del verso notiamo che Giovanni vuole sottolineare il fatto che la luce di Gesù Cristo brilla indipendentemente dal fatto che alcuni uomini non la accettino. Ovviamente molte persone hanno ripudiato la missione salvifica di Gesù Cristo, ciò si evince da molti passaggi biblici, per esempio, Vangelo di Giovanni (3, 19):
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie.
Tuttavia, anche se molti hanno negato che Gesù Cristo sia la luce vera, essa continua a brillare.
E’ un po’ come una persona che si rinchiude in una caverna e non vuole uscire all’aria aperta, per contemplare il sole. Anche se questa persona resterà tutta la vita dentro la caverna, il sole non cesserà di brillare.
Però la luce serve per vincere l’oscurità. Dio sapeva che l’uomo avrebbe scelto le tenebre, e per questo ha deciso di inviare suo Figlio, la luce vera, che splende nel mezzo dell’oscurità.
Notiamo che sia davanti alla parola “luce”, che sia davanti alla parola “tenebre” vi è l’articolo definito. Giovanni infatti sta descrivendo la luce specifica di Gesù Cristo e sta descrivendo le tenebre che sono venute in questo mondo in seguito al peccato e alla morte.
Analizziamo ora la parola greca skotia. La corretta traduzione è “tenebre, oscurità”, ma in senso figurativo questa parola significa “le conseguenze del peccato” (1)(2).
Vediamo il passaggio seguente della Prima Lettera di Giovanni (2, 10-11):
Chi ama suo fratello, rimane nella luce e non vi è in lui occasione di inciampo. Ma chi odia suo fratello, è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre hanno accecato i suoi occhi.
L’uomo infatti è peccatore in quanto, essendosi allontanato da Dio, prova odio verso il suo prossimo. Al contrario, se l’uomo è in comunione con Dio, prova amore verso il suo prossimo.
La prima parte del quinto verso del Vangelo di Giovanni:
la luce splende nelle tenebre
significa pertanto che la luce splende nell’oscurità che si è formata in seguito alle conseguenze del peccato.
Ovviamente una delle conseguenze del peccato è l’auto-inganno. L’uomo si inganna da solo pensando che può vedere, ossia che può, attraverso la conoscenza, raggiungere la “pienezza di Dio”, oppure che può, mediante la sua “luce personale”, alimentare la sua felicità. Ma questa condizione di saccenza non gli permette di vedere la luce vera, lo annebbia, lo confonde.
Vediamo adesso la seconda parte del verso:
e le tenebre non l’hanno vinta
Ancora una volta troviamo la parola “skotia”, ossia: tenebre. Qui può intendersi come: corruzione, saccenza, auto-inganno, presunzione, allontanamento dell’uomo da Dio, e, in ultima analisi, morte spirituale, come conseguenza del peccato.
In ogni caso Dio non è responsabile per il peccato. Dio non ha creato l’oscurità o le tenebre, e neppure fece l’uomo peccatore per poi poterlo salvare. Il peccato non deriva da lui, ma dalla libera scelta dell’uomo. Adamo ed Eva credettero che la conseguenza della loro scelta li avrebbe portati alla perfetta conoscenza, ed invece la loro scelta li portò alla morte. Infatti, Lettera ai Romani (6, 23):
Perché il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore.
A chi si riferisce Giovanni quando scrive: “e le tenebre non l’hanno vinta”? Giovanni scrivendo “le tenebre” si riferisce alle conseguenze peccaminose degli uomini che hanno ripudiato la luce. Essi, i peccatori, sono le “tenebre”, ma non hanno potuto vincere la “luce” perché essa splende, e continuerà a splendere.
Che significato ha il verbo katelaben? Il primo è: catturare, o per estensione, vincere. Il secondo è: capire, intendere. Il terzo è accogliere.
Pertanto la frase in questione significa che coloro i quali hanno ripudiato la Grazia che ci è stata offerta da Gesù Cristo, non hanno potuto neppure capirla, non la potranno accogliere, e non la potranno neppure vincere.
Da sempre il ladro ha bisogno dell’oscurità per perpetrare il suo furto. E l’assassino ha bisogno dell’oscurità per portare a termine il suo delitto. La luce pertanto è nemica delle tenebre perché mette allo scoperto le opere delle tenebre. Chi ripudia il Vangelo non solo non lo capisce, ma lo odia, e tenta tutto il possibile per smentirlo. Sono stati fatti innumerevoli tentativi per estiguere la luce di Gesù Cristo, ma tutti sono falliti miseramente. La luce continua a splendere, malgrado questi miseri attacchi. E mentre continuerà a splendere vi sarà qualcuno che la combatterà.
Copyright 2016
Foto: Papiro 66 (200 d.C.).
Note:
1-Secondo il Biblico-Teological Lexicon of New Testament Greek, T&T Clark, 1954, pp.866-867
2-Mentre la parola “skotos” significa: peccato.
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