venerdì 10 novembre 2017

Gesù Cristo è sacerdote perfetto: analisi dell’ottavo capitolo della Lettera agli Ebrei


L’ottavo capitolo della Lettera agli Ebrei è incentrato sui concetti del tabernacolo e della Nuova Alleanza. 
Vediamone i seguenti versi (1-7): 

Il punto capitale delle cose che stiamo dicendo è questo: noi abbiamo un sommo sacerdote così grande che si è assiso alla destra del trono della Maestà nei cieli, ministro del santuario e della vera tenda, che il Signore, e non un uomo, ha costruito.
Ogni sommo sacerdote, infatti, viene costituito per offrire doni e sacrifici: di qui la necessità che anche Gesù abbia qualcosa da offrire. Se egli fosse sulla terra, non sarebbe neppure sacerdote, poichè vi sono quelli che offrono i doni secondo la Legge. Questi offrono un culto che è immagine e ombra delle realtà celesti, secondo quanto fu dichiarato da Dio a Mosè, quando stava per costruire la tenda: «Guarda – disse – di fare ogni cosa secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte.
Ora invece egli ha avuto un ministero tanto più eccellente quanto migliore è l’alleanza di cui è mediatore, perchè è fondata su migliori promesse. Se la prima alleanza infatti fosse stata perfetta, non sarebbe stato il caso di stabilirne un’altra. 

Gesù Cristo viene descritto come ministro del vero tabernacolo, ossia quello celeste. Infatti egli non poteva essere un sacerdote del santuario terrestre, proprio perchè non discendeva dalla tribù di Levi, ma da quella di Giuda. 
Proprio per questo è stato necessario che sorgesse un sacerdote secondo l’ordine di Melchisedek, e non secondo l’ordine di Aronne. Quel sacerdote era Gesù Cristo, che ha offerto se stesso, in espiazione dei peccati. 
Il patto del quale Cristo è mediatore è migliore dell’antico, la legge mosaica (Esodo 19, 5), in quanto si basa su migliori promesse. Il sangue di Cristo sta alla base del Nuovo Patto ed espia i peccati di tutti. Vediamo infatti questi due versi corrispondenti: 

Vangelo di Matteo (26, 27-28): 

Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perchè questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati.

Sappiamo anche che i cristiani sono i ministri di questo patto, come si evince da questa citazione di Paolo di Tarso: Seconda Lettera ai Corinzi (3, 5-6): 

Non che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra capacità viene da Dio, il quale anche ci ha resi capaci di essere ministri di una nuova alleanza, non della lettera, ma dello Spirito; perchè la lettera uccide, lo Spirito invece dà vita.

Vediamo ora i versi sucessivi (7-13): 

Dio infatti, biasimando il suo popolo, dice:
Ecco: vengono giorni, dice il Signore,
quando io concluderò un’alleanza nuova
con la casa d’Israele e con la casa di Giuda.
Non sarà come l’alleanza che feci con i loro padri,
nel giorno in cui li presi per mano
per farli uscire dalla terra d’Egitto;
poichè essi non rimasero fedeli alla mia alleanza,
anch’io non ebbi più cura di loro, dice il Signore.
E questa è l’alleanza che io stipulerò con la casa d’Israele
dopo quei giorni, dice il Signore:
porrò le mie leggi nella loro mente
e le imprimerò nei loro cuori;
sarò il loro Dio
ed essi saranno il mio popolo.
Nè alcuno avrà più da istruire il suo concittadino,
nè alcuno il proprio fratello, dicendo:
«Conosci il Signore!».
Tutti infatti mi conosceranno,
dal più piccolo al più grande di loro.
Perchè io perdonerò le loro iniquità
e non mi ricorderò più dei loro peccati.
Dicendo alleanza nuova, Dio ha dichiarato antica la prima: 
ma, ciò che diventa antico e invecchia, è prossimo a scomparire.

In questi versi l’autore della Lettera agli Ebrei riporta i versi di Geremia, il profeta che ha annunciato il Nuovo Patto. 
Innanzitutto il Nuovo Patto è senza condizioni. La sua base è il sangue di Cristo. I comandamenti del Signore saranno scritti sui cuori. Israele troverà la sua condizione di popolo eterno (decimo verso, ciò  si compirà nel regno millenario vedere Zaccaria 8, 8). La conoscenza del Signore sarà comune a tutti (undicesimo verso, vedere Isaia 54, 13). Dio non si ricorderà più dei loro peccati ne delle loro iniquità (dodicesimo verso). 

Yuri Leveratto

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