L’evangelista Giovanni ha già descritto la persona di Giovanni il Battista nei versi sei, sette ed otto. Giovanni il Battista è stato presentato come un uomo inviato da Dio, (quindi una persona di altissima moralità), che venne come testimone con lo scopo di testimoniare la missione di Gesù Cristo sulla terra. Giovanni il Battista ha semplicemente riflettuto la luce eterna di Gesù Cristo. Nel quindicesimo verso però, l’autore indica una citazione diretta di Giovanni, l’ultimo dei profeti:
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Vediamo la corrispondente pronuncia in greco:
Iōannēs martyrei peri autou kay kekragen legōn Houtos ēn hon eipon Ho opisō mou erchomenos emprosthen mou gegonen hoti prōtos mou ēn
Nel primo capitolo del Vangelo di Giovanni, dopo il Prologo, è descritto l’episodio nel quale un gruppo di sacerdoti e leviti giunsero dove viveva Giovanni e gli domandarono chi fosse (1, 19-28). Giovanni rispose di non essere il Cristo e nemmeno Elia. Rispose citando il profeta Isaia (40, 3), ossia identificando se stesso come colui che testimonia l’avvento del Signore. Quindi sempre nel primo capitolo (1, 29-34), vi è la descrizione di Gesù da parte di Giovanni il Battista. Innanzitutto la prima frase (1, 29):
“Il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!”
Ma anche le frasi successive hanno un’importanza fondamentale. Vediamo il trentesimo verso:
Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”.
Questa citazione di Giovanni il Battista è riportata quasi uguale nel verso quindicesimo, come per rimarcarne l’assoluta importanza.
Secondo il teologo Zodhiates tra il quattordicesimo e il diciottesimo verso vi è una parentesi, rappresentata dal quindicesimo verso, esattamente come vi è una parentesi rappresentata dal sesto, settimo e ottavo verso, tra il primo e il quattordicesimo verso.
In effetti il quindicesimo verso non è interconnesso al quattordicesimo o con altri precedenti infatti non inizia con la congiunzione “e”, ma con la parola “Giovanni”.
Vi sono due motivi per i quali l’Evangelista descrive Giovanni il Battista nei versi sei, sette e otto del suo Prologo. Innanzitutto per risaltare la sua missione di testimone, e in secondo luogo per fugare ogni dubbio sulla sua persona in quanto qualcuno poteva pensare che il Battista fosse il Cristo, infatti nel verso ottavo è scritto:
Egli non era la luce,
ma doveva render testimonianza alla luce.
Il quindicesimo verso inizia con la frase “Giovanni gli dà testimonianza”, che translitterato è “Iōannēs martyrei”. E’ un presente storico. Perché è stato utilizzato un presente storico? Innanzitutto perché Giovanni il Battista, pur essendo morto da tempo, aveva lasciato una testimonianza così forte e chiara che ancora risuonava nella mente dell’Evangelista. In secondo luogo perché la testimonianza di Gesù Cristo è immutabile. Oggi si possono utilizzare differenti metodi per avvicinare la persone a Cristo, ma la testimonianza della sua persona deve essere uguale a quella di Giovanni il Battista. Egli ha detto che Gesù era l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo (1, 29) e ha detto che Gesù è il Figlio di Dio (1, 34). Quindi se si vuole testimoniare Gesù Cristo bisognerà farlo in modo concordante con Giovanni il Battista. Pertanto non è la testimonianza di Cristo che si deve adattare alle differenti epoche, ma è il predicatore e testimone di Cristo che deve correggere gli errori che vengono a crearsi nelle differenti situazioni storiche, continuando a divulgare il Vangelo, che è immutabile.
Quando Giovanni Evangelista scrive “Giovanni gli dà testimonianza”, usa il presente, mentre il verbo successivo, anche se è tradotto al presente nelle versioni bibliche italiane, (kekragen) è al passato. Secondo Zodhiates il primo verbo indica che la sua testimonianza non ha fine, continuerà a risuonare per sempre, mentre il secondo verbo indica che la sua testimonianza fisica fu data in un momento specifico della storia.
Il verbo kekragen deriva dal verbo krazoo che significa “gridare”, “fare clamore”. In effetti Giovanni il Battista gridò, annunciò con la sua forte voce l’arrivo del Messia.
Analizziamo ora la seconda frase:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Questa frase è simile, (ma non esattamente uguale) a quella del trentesimo verso del Prologo.
Alcune persone nel primo secolo si sono equivocate e hanno pensato che Giovanni il Battista fosse egli stesso il Messia. Oggi alcune persone si confondono e pensano che tra Giovanni il Battista e Gesù ci fosse stata una certa rivalità. Ma Giovanni il Battista, come descritto nel primo capitolo del Vangelo di Giovanni, ha dato una testimonianza verace e chiarissima, innanzitutto sulla missione di Gesù Cristo (1, 29), ma soprattutto sulla identità di Cristo (1, 30). Secondo questo verso, Gesù Cristo era prima del Battista, quindi “era” da sempre, quindi è l’Incarnazione di Dio. Inoltre Giovanni ha detto che Gesù Cristo battezza nello Spirito Santo (1, 34) e che Gesù Cristo è il Figlio di Dio (1, 34).
Analizziamo la frase in questione: “Colui che viene dopo di me”. Questa frase si riferisce al fatto che Gesù nacque dopo Giovanni il Battista (sei mesi dopo, ma non sappiamo le esatte date di nascita), ed iniziò il suo ministero pubblico dopo quello di Giovanni il Battista. Da notare che “erchomenos” ossia “che viene” è lo stesso verbo che si è usato nel nono verso del Prologo quando ci si riferiva alla Luce eterna di Cristo.
Nella frase: “è avanti a me,” vi è l’avverbio emprosthen, che significa “avanti”.
Il verbo utilizzato nella frase “è avanti a me,” è gegonen, tempo perfetto del verbo ginomai che significa “cominciare a essere”. Questa frase si riferisce al tempo e non al rango. Cioè anche se Gesù è venuto dopo Giovanni il Battista, in realtà “era” prima di lui.
Nell’ultima frase il senso del quindicesimo verso si rivela in tutta la sua pienezza. E infatti si riporta: “perché era prima di me”. Con questa frase il Battista dichiarò la vera natura del Figlio di Dio, ossia la sua co-esistenza con il Padre da sempre, dall’eternità del passato.
Ancora una volta Giovanni, riportando la frase del Battista, ci vuole indicare che Gesù Cristo nella sua eternità e deità non fu creato, ma è auto-esistente. Gesù Cristo non è pertanto una creatura, ma è Dio stesso. Quindi, come Gesù vero uomo, Egli venne dopo Giovanni il Battista, ma come Cristo eterno, Egli “era” da sempre (il verbo utilizzato è “en”, che indica l’eternità). Pertanto Giovanni il Battista non ha avuto bisogno di descrivere il rango superiore di Gesù rispetto a lui. Ha dichiarato semplicemente che Gesù Cristo esiste da sempre, ed è pertanto vero Dio. Da ciò si evince che ogni predicatore che compara Gesù ad altri uomini saggi del passato non sta predicando il Vangelo, in quanto nel Vangelo Gesù è il Verbo, il Cristo eterno, Dio che si è fatto carne per dare la possibilità agli uomini di convertirsi in figli di Dio.
Yuri Leveratto
Copyright 2016
Bibliografia: Spiros Zodhiates, Cristo era Dio?
Immagine: la predicazione di Giovanni il Battista, Pieter Bruegel the Elder
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Vediamo la corrispondente pronuncia in greco:
Iōannēs martyrei peri autou kay kekragen legōn Houtos ēn hon eipon Ho opisō mou erchomenos emprosthen mou gegonen hoti prōtos mou ēn
Nel primo capitolo del Vangelo di Giovanni, dopo il Prologo, è descritto l’episodio nel quale un gruppo di sacerdoti e leviti giunsero dove viveva Giovanni e gli domandarono chi fosse (1, 19-28). Giovanni rispose di non essere il Cristo e nemmeno Elia. Rispose citando il profeta Isaia (40, 3), ossia identificando se stesso come colui che testimonia l’avvento del Signore. Quindi sempre nel primo capitolo (1, 29-34), vi è la descrizione di Gesù da parte di Giovanni il Battista. Innanzitutto la prima frase (1, 29):
“Il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!”
Ma anche le frasi successive hanno un’importanza fondamentale. Vediamo il trentesimo verso:
Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”.
Questa citazione di Giovanni il Battista è riportata quasi uguale nel verso quindicesimo, come per rimarcarne l’assoluta importanza.
Secondo il teologo Zodhiates tra il quattordicesimo e il diciottesimo verso vi è una parentesi, rappresentata dal quindicesimo verso, esattamente come vi è una parentesi rappresentata dal sesto, settimo e ottavo verso, tra il primo e il quattordicesimo verso.
In effetti il quindicesimo verso non è interconnesso al quattordicesimo o con altri precedenti infatti non inizia con la congiunzione “e”, ma con la parola “Giovanni”.
Vi sono due motivi per i quali l’Evangelista descrive Giovanni il Battista nei versi sei, sette e otto del suo Prologo. Innanzitutto per risaltare la sua missione di testimone, e in secondo luogo per fugare ogni dubbio sulla sua persona in quanto qualcuno poteva pensare che il Battista fosse il Cristo, infatti nel verso ottavo è scritto:
Egli non era la luce,
ma doveva render testimonianza alla luce.
Il quindicesimo verso inizia con la frase “Giovanni gli dà testimonianza”, che translitterato è “Iōannēs martyrei”. E’ un presente storico. Perché è stato utilizzato un presente storico? Innanzitutto perché Giovanni il Battista, pur essendo morto da tempo, aveva lasciato una testimonianza così forte e chiara che ancora risuonava nella mente dell’Evangelista. In secondo luogo perché la testimonianza di Gesù Cristo è immutabile. Oggi si possono utilizzare differenti metodi per avvicinare la persone a Cristo, ma la testimonianza della sua persona deve essere uguale a quella di Giovanni il Battista. Egli ha detto che Gesù era l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo (1, 29) e ha detto che Gesù è il Figlio di Dio (1, 34). Quindi se si vuole testimoniare Gesù Cristo bisognerà farlo in modo concordante con Giovanni il Battista. Pertanto non è la testimonianza di Cristo che si deve adattare alle differenti epoche, ma è il predicatore e testimone di Cristo che deve correggere gli errori che vengono a crearsi nelle differenti situazioni storiche, continuando a divulgare il Vangelo, che è immutabile.
Quando Giovanni Evangelista scrive “Giovanni gli dà testimonianza”, usa il presente, mentre il verbo successivo, anche se è tradotto al presente nelle versioni bibliche italiane, (kekragen) è al passato. Secondo Zodhiates il primo verbo indica che la sua testimonianza non ha fine, continuerà a risuonare per sempre, mentre il secondo verbo indica che la sua testimonianza fisica fu data in un momento specifico della storia.
Il verbo kekragen deriva dal verbo krazoo che significa “gridare”, “fare clamore”. In effetti Giovanni il Battista gridò, annunciò con la sua forte voce l’arrivo del Messia.
Analizziamo ora la seconda frase:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Questa frase è simile, (ma non esattamente uguale) a quella del trentesimo verso del Prologo.
Alcune persone nel primo secolo si sono equivocate e hanno pensato che Giovanni il Battista fosse egli stesso il Messia. Oggi alcune persone si confondono e pensano che tra Giovanni il Battista e Gesù ci fosse stata una certa rivalità. Ma Giovanni il Battista, come descritto nel primo capitolo del Vangelo di Giovanni, ha dato una testimonianza verace e chiarissima, innanzitutto sulla missione di Gesù Cristo (1, 29), ma soprattutto sulla identità di Cristo (1, 30). Secondo questo verso, Gesù Cristo era prima del Battista, quindi “era” da sempre, quindi è l’Incarnazione di Dio. Inoltre Giovanni ha detto che Gesù Cristo battezza nello Spirito Santo (1, 34) e che Gesù Cristo è il Figlio di Dio (1, 34).
Analizziamo la frase in questione: “Colui che viene dopo di me”. Questa frase si riferisce al fatto che Gesù nacque dopo Giovanni il Battista (sei mesi dopo, ma non sappiamo le esatte date di nascita), ed iniziò il suo ministero pubblico dopo quello di Giovanni il Battista. Da notare che “erchomenos” ossia “che viene” è lo stesso verbo che si è usato nel nono verso del Prologo quando ci si riferiva alla Luce eterna di Cristo.
Nella frase: “è avanti a me,” vi è l’avverbio emprosthen, che significa “avanti”.
Il verbo utilizzato nella frase “è avanti a me,” è gegonen, tempo perfetto del verbo ginomai che significa “cominciare a essere”. Questa frase si riferisce al tempo e non al rango. Cioè anche se Gesù è venuto dopo Giovanni il Battista, in realtà “era” prima di lui.
Nell’ultima frase il senso del quindicesimo verso si rivela in tutta la sua pienezza. E infatti si riporta: “perché era prima di me”. Con questa frase il Battista dichiarò la vera natura del Figlio di Dio, ossia la sua co-esistenza con il Padre da sempre, dall’eternità del passato.
Ancora una volta Giovanni, riportando la frase del Battista, ci vuole indicare che Gesù Cristo nella sua eternità e deità non fu creato, ma è auto-esistente. Gesù Cristo non è pertanto una creatura, ma è Dio stesso. Quindi, come Gesù vero uomo, Egli venne dopo Giovanni il Battista, ma come Cristo eterno, Egli “era” da sempre (il verbo utilizzato è “en”, che indica l’eternità). Pertanto Giovanni il Battista non ha avuto bisogno di descrivere il rango superiore di Gesù rispetto a lui. Ha dichiarato semplicemente che Gesù Cristo esiste da sempre, ed è pertanto vero Dio. Da ciò si evince che ogni predicatore che compara Gesù ad altri uomini saggi del passato non sta predicando il Vangelo, in quanto nel Vangelo Gesù è il Verbo, il Cristo eterno, Dio che si è fatto carne per dare la possibilità agli uomini di convertirsi in figli di Dio.
Yuri Leveratto
Copyright 2016
Bibliografia: Spiros Zodhiates, Cristo era Dio?
Immagine: la predicazione di Giovanni il Battista, Pieter Bruegel the Elder