Il Vangelo di Giovanni è uno dei 27 libri del Nuovo Testamento. Inizia con il famoso Prologo, nel quale Giovanni descrive l’incarnazione del Logos nella persona di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, e termina con la morte in croce di Gesù Cristo, la sua Risurrezione e le sue apparizioni ai suoi seguaci.
Varie fonti storiche, oltre alla tradizione, indicano nell’Apostolo Giovanni, figlio di Zebedeo e fratello di Giacomo il maggiore, l’autore del quarto Vangelo, composto molto probabilmente nel centro ellenistico di Efeso sul finire del I secolo dell’era cristiana.
Per quanto riguarda la datazione del quarto Vangelo la maggioranza degli studiosi è concorde che sia stato scritto prima della fine del I secolo. Il papiro 52, la più antica fonte documentale in nostro possesso (Rylands Library, Papyrus P52, nella foto), che è stato ritrovato in Egitto nel 1920, risale ad un epoca che va dal 117 al 138 d.C. (1). E’ ragionevole pensare pertanto, che se una copia del Vangelo fu scritta intorno al 125 d.C., in Egitto, l’originale possa essere stato scritto circa 25 anni prima, ad Efeso, dove si trovava l’Apostolo Giovanni.
Analizzando l’opera da un punto di vista sostanziale, si nota innnazitutto il famoso prologo. Vediamone i passi (1, 1-18):
In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio.
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perchè tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
nè da volere di carne
nè da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perchè era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perchè la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.
Innanzitutto notiamo che Giovanni utiliza il termine Logos (in greco Parola, ma nelle versioni italiane si usa spesso il termine Verbo).
Quale è l’origine della dottrina del Logos?
Il concetto di Logos risale al VI secolo a.C., quando nella cosidetta scuola di Mileto, i filosofi “naturalisti” Talete, Anassimandro e Anassimene lo avevano indicato come il mezzo attraverso cui l’essere umano arriva ad avere una conoscenza stabile delle continue trasformazioni che avvengono in natura.
Eraclito di Efeso e Parmenide di Elea descrivono un Logos insito nella natura, cioè un progetto razionale che governa le cose e dà loro le leggi cui sono sottoposte. Per Eraclito tale progetto è l’armonia dei contrari, che vanno sempre insieme, giorno/notte, buono/cattivo, bello/brutto, sopra/sotto, ecc., e la realtà è un continuo fluire, scorrere, ma ciò che permane stabile è il Logos, tale armonia. Parmenide, concepisce il Logos come il tutto, stabile, immobile, eterno, la vera realtà, mentre tutte le cose che si trasformano sono solo illusione dei sensi.
Per entrambi in ogni caso, solo il sapiente, il filosofo, aveva la facoltà di saper vedere oltre le apparenze e andare nella sostanza della realtà, per cogliere, grazie al buon raziocinio, il progetto razionale nascosto del Logos.
Uno sviluppo significativo nella filosofia ellenistica e nella concezione del Logos avvenne durante la dinastia di Tolomeo II (285-246 a.C.), ad Alessandria d’Egitto, nel III secolo a.C. Il sovrano commissionò alle autorità religiose di Gerusalemme una traduzione in greco del Pentateuco. In seguito, intorno al 185 a.C. furono tradotti al greco gli altri libri della Bibbia. Si diede inizio così ad un periodo di scambi culturali tra il mondo ebraico e quello ellenistico, che aveva appunto il suo centro ad Alessandria d’Egitto.
L’ebreo ellenizzato Filone di Alessandria (I sec. d.C.) contribuì a sviluppare una sintesi tra l’Antico testamento e la filosofia ellenistica. Per Filone il Logos è inteso come il progetto di Dio prima della creazione. Il Logos è pure la parola di Dio che fa essere, che crea, che parla, è la parola dotata di senso profondo e sostanziale, una parola mediatrice che avvicina cielo e terra, divino e umano.
Giovanni, Apostolo del Signore ed evangelista, visse a lungo ad Efeso, città ellenistica che fu sede di grandi filosofi nei secoli precedenti. In quel periodo ad Efeso vi era il culto popolare di Artemide, dea della caccia, della luna crescente e della iniziazione femminile.
Giovanni però aveva chiaro il proposito del suo Vangelo. Doveva riportare e divulgare dei detti del Signore che avrebbero chiarito la sua reale identità.
Giovanni, descrivendo Gesù, descrive la persona che lui aveva conosciuto, con la quale aveva percorso i sentieri polverosi della Galilea e della Giudea, la persona che aveva dato un insegnamento nuovo, originale, profondo, che aveva dato la vista ai ciechi e che aveva fatto camminare i paralitici. Giovanni descrive colui il quale aveva fatto resuscitare i morti, ed in ultima analisi descrive colui il quale affermò la sua consustanzialità con Dio Padre, e colui il quale resuscitò dalla morte e rimase con gli Apostoli per altri 40 giorni.
Giovanni si inserisce in modo diretto nel substrato ellenistico ma anche in quello prettamente asiatico, dominato dal dualismo tra luce e tenebre, tra verità e falsità e riporta alcuni detti di Gesù Cristo che toccano i cuori di quelle popolazioni.
La piena Divinità di Gesù Cristo era già stata divulgata fin dagli anni immediatamente successivi alla Resurrezione di Gesù, (si vedano a tale proposito le Lettere di Paolo di Tarso: per esempio, Lettera ai Colossesi 2, 9), ma Giovanni introduce un concetto nuovo: il Logos, il Verbo di Dio, si è incarnato in un essere umano. Inoltre Giovanni svela la Verità ultima: il “Logos è Dio”.
Innazitutto nel Prologo (1, 1-2), si nota la pre-esistenza del Logos (Verbo), con Dio “dal principio” (en archè, pronuncia del greco). Se il Verbo coesisteva con Dio “dal principio” non poteva che essere Dio stesso, o meglio, una delle sue “Persone”. Notiamo quindi che Giovanni inizia a delineare quello è il concetto di Trinità. Ma poi vi è scritto espressamente: “e il Verbo era Dio”.
Pochi passi dopo, (1, 14), Giovanni ci rivela che il Verbo, il Logos, ossia Dio, si fece carne e venne tra di noi.
E’ un cambiamento rivoluzionario rispetto alla fredda concezione ellenistica, nella quale il Logos rimaneva distaccato, lontano. Nella fede cristiana invece il Verbo decise di venire tra di noi, incarnandosi in Gesù Cristo. Nel Prologo viene delineato inoltre il concetto che il Verbo è la vita, ossia l’origine stessa della vita sulla terra. Oltre a ciò si descrive il dualismo luce-tenebre: “la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta”.
Sempre nel primo capitolo del quarto Vangelo, Giovanni ci rivela per quale motivo il Logos si è incarnato in Gesù Cristo, ossia per quale motivo Gesù Cristo è venuto sulla terra. E Giovanni il Battista che parla, Vangelo di Giovanni (1, 29):
Il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!
Ecco che si inizia a delineare la vera identità di Gesù Cristo. Non è solo il Logos della filosofìa ellenistica, ma è Dio che si è incarnato, ed è venuto per “togliere il peccato del mondo”. L’incarnazione del Logos è pertanto il centro della storia e del cosmo, ed infatti la sua nascita di Gesù Cristo da inizio ad una nuova era.
Il Vangelo si Giovanni si differenzia dagli altri 3 Vangeli “sinottici” per vari motivi. Innanzitutto vi sono descritti solo 7 miracoli. 5 sono esclusivi, cioè sono presenti solo nel Vangelo di Giovanni: la tramutazione dell’acqua in vino (nozze di Cana, 2, 1-11), la guarigione del figlio del funzionario del re (4, 46-54), la guarigione del paralitico alla piscina di Betzaeta, (5, 1-18), la guarigione del cieco nato (9, 1-41) e la risurrezione di Lazzaro (11, 1-44).
Questi ultimi due invece sono presenti in altri Vangeli: la prima moltiplicazione dei pani (6, 1-14), il dominio di Gesù sulle acque del mare, quando vi cammina (6, 15-21). Inoltre il Vangelo di Giovanni si differenzia perchè in esso sono narrati vari discorsi tra Gesù e i farisei. Il fine ultimo del Vangelo di Giovanni è dare a conoscere al mondo che il Verbo incarnato è realmente Gesù Cristo. Per questo Giovanni ha riportato i detti di Gesù dove egli stesso ha svelato la sua vera identità.
Proseguendo con l’analisi dell’opera vediamo che Gesù Cristo svela a Nicodemo che l’incarnazione del Verbo è in realtà un dono fatto da Dio agli uomini, un dono fatto per salvare il mondo, e non per condannarlo.
(3, 16-18):
Dio infatti ha tanto amato il mondo, che ha dato il Figlio suo Unigenito, affinchè chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non mandò il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perchè il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perchè non ha creduto nel nome del Figlio Unigenito di Dio.
Nel capitolo sucessivo vi è il celebre dialogo con la samaritana, nel quale Gesù afferma di poter dare “l’acqua della vita”. (4, 13-14):
Gesù le risponde: “Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna”.
Nel sesto capitolo vi è il famoso discorso nel quale Gesù afferma di essere il “pane della vita”. Vediamo due importanti passaggi:
(6, 35-39):
Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete. Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perchè sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo
risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».
(6, 48-58):
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perchè chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perchè la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno»
Gesù Cristo è il pane per essere mangiato, in modo che noi stessi assorbiamo la sua essenza, la sua vita. La frase “il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo”, è il preludio dell’Eucarestia, il dono immenso che Gesù fa all’umanità. Mangiando il suo corpo e bevendo il suo sangue lo possiamo “assumere in noi”, in modo da salvarci e poter portare il suo messaggio di amore al prossimo.
Nel capitolo ottavo capitolo Gesù afferma di essere la “luce del mondo”
(8, 12-19):
Di nuovo Gesù parlò loro e disse: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita». Gli dissero allora i farisei: «Tu dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera». Gesù rispose loro: «Anche se io do testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perchè so da dove sono venuto e dove vado. Voi invece non sapete da dove vengo o dove vado. Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno. E anche se io giudico, il mio giudizio è vero, perchè non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato. E nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera. Sono io che do testimonianza di me stesso, e anche il Padre, che mi ha mandato, dà testimonianza di me». Gli dissero allora: «Dov’è tuo padre?». Rispose Gesù: «Voi non conoscete nè me nè il Padre mio; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio».
Quest’ultima è una frase molto significativa, perchè indica che solo conoscendo e accettando lui, si può accettare il Padre.
Sempre nell’ottavo capitolo Gesù Cristo afferma la sua pre-esistenza con Dio fin dal principio.
(8, 48-59)
Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono».
In questo passaggio Gesù Cristo, attribuendo a se stesso il nome con il quale Dio si rivelò a Mosè (“Io Sono”, in Esodo 3, 14) si pone alla pari con Dio.
Nel capitolo 10 vi è il celebre discorso di Gesù Cristo che si paragona alla “porta delle pecore”.
(10, 1-18)
In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perchè conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perchè non conoscono la voce degli estranei». Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perchè abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.
Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perchè è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perchè io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».
Il tema della porta è centrale nel messaggio cristiano. Nell’Antico testamento vi erano vari riferimenti alla porta, vediamone uno: Salmo (118,20):
E’ questa la porta del Signore, per essa entrano i giusti.
La porta è quindi un simbolo, utilizzato da Gesù per giungere al cuore degli ebrei e dei non ebrei. Solo attraverso “quella porta” si giunge al Padre, e non attraverso “altre porte”. Inoltre nell’ultima parte del suo discorso Gesù afferma che darà la sua vita e poi la riprenderà. E’ lui che decide di darla per espiare il peccato del mondo, ed è lui che decide di riprenderla, per certificare la sua vittoria sul peccato e sulla morte.
Sempre in questo capitolo, vi è un altro passaggio importante dove Gesù Cristo dichiara ancora la sua consustanzialità con il Padre (10, 30):
Io e il Padre siamo una cosa sola.
Nel capitolo undicesimo Gesù afferma di essere la Risurrezione e la vita, vediamo i passi rispettivi (11, 26-27):
Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
Gesù, come il Padre, ha in se la vita, ossia il bene più prezioso che esista. Lui quindi può ridarla e lui può darla in eterno a chi crede in lui. Dopo questa frase Marta testimonia che Gesù Cristo è il Figlio di Dio.
Nel capitolo dodicesimo vi è ancora un riferimento alla luce, contrapposta alle tenebre.
(12, 35-36)
Allora Gesù disse loro: «Ancora per poco tempo la luce è tra voi. Camminate mentre avete la luce, perchè le tenebre non vi sorprendano; chi cammina nelle tenebre non sa dove va. Mentre avete la luce, credete nella luce, per diventare figli della luce». Gesù disse queste cose, poi se ne andò e si nascose loro.
Nel capitolo quattordicesimo Gesù ribadisce di essere la via, la verità e la vita, e l’unica via per il Padre. Vediamo questo passaggio importante:
(14, 5-14):
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perchè io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perchè il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.
“Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”. Questa è la frase più significativa tra quelle nelle quali Gesù definisce se stesso. Vediamo perchè: innanzitutto il tema della Verità è centrale nel Vangelo di Giovanni. Vediamo anche questa frase pronunciata da Gesù davanti a Pilato: ““Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità” (18, 37).
La Verità non è altro che lui stesso, Gesù Cristo, il centro della storia e del cosmo, il Verbo incarnato che è venuto a “togliere il peccato del mondo”. Senza di lui nessuno potrebbe andare al Padre, senza di lui nessuno potrebbe salvarsi. La Verità è solo una, non ci possono essere altre verità e chiunque afferma ce ne siano altre è nella menzogna. Inoltre Gesù si definisce “la via” e “la vita”. La via, in quanto è solo attraverso il suo insegnamento d’amore che possiamo conoscere la Verità e quindi salvarci, ottenere la vita eterna. La vita, in quanto lui, come abbiamo visto è il “pane della vita”. Solo mangiando la sua carne e bevendo il suo sangue possiamo ottenere la vita eterna. Solo chi è il Creatore della vita, può vincere la morte. Solo chi è l’essenza stessa della vita, può sconfiggere il peccato, che causa la morte. Significative sono anche le frasi: “Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto”. – “Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me?” Infatti in questi passi ancora una volta Gesù ribadisce la sua consustanzialità con il Padre.
Nel capitolo quindicesimo Gesù afferma di essere la vite vera.
(15, 1-10):
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perchè porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perchè senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.
Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.
L’immagine della vite e dei tralci è molto familiare in un popolo che coltiva uva da secoli. Ma il tralcio che non porta frutto, viene tagliato. Il tralcio invece che rimane con la vite, sicuramente porterà frutto. “Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto.”. Frase importante, in quanto solo assumendo il messaggio di Cristo nella sua pienezza e facendolo nostro, possiamo camminare nella via segnata da Cristo, che conduce alla salvezza.
Nel capitolo diciasettesimo Giovanni riporta la preghiera al Padre di Gesù.
(17, 1-11):
Così parlò Gesù. Poi, alzàti gli occhi al cielo, disse: «Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perchè il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perchè egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perchè le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato.
Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perchè sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perchè siano una sola cosa, come noi.
Qui l’Apostolo Giovanni riporta il lungo discorso finale di Gesù. Nella sua preghiera, Gesù afferma di aver glorificato il Padre, compiendo l’opera che doveva essere compiuta. Poi chiede di essere glorificato con la gloria che lui aveva “prima che il mondo fosse”. In quest’ultima frase Gesù afferma di essere pre-esistente con il Padre prima che il mondo fosse creato, ossia da sempre, dall’eternità. Nelle ultime frasi Gesù ribadisce che quelli che gli sono stati dati, i “figli di Dio” continuano nel mondo, ma non sono del mondo, in quanto sono di Dio.
Nei capitoli sucessivi (18-19-20-21), si narra l’arresto, il processo, la crocifissione, la Risurrezione e alcune apparizioni di gesù agli Apostoli.
Il Vangelo di Giovanni pertanto, si delinea come un opera fondamentale del Nuovo Testamento, l’ultima testimonianza che ci ha dato l’Apostolo Giovanni poco prima di morire (2). In esso si è delineata chiaramente la vera identità di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, incarnazione del Verbo, che è venuto tra di noi con lo scopo principale di togliere il peccato del mondo.
YURI LEVERATTO
Copyright 2015
Nota:
(1)-https://en.wikipedia.org/wiki/Rylands_Library_Papyrus_P52
(2)-Oltre alle sue Lettere e all’Apocalisse
Nessun commento:
Posta un commento