sabato 7 luglio 2018

Chi è Gesù Cristo? Considerazioni sull’identità della persona più importante della storia


Per molte persone Gesù era una persona illuminata, un profeta, un grande filosofo, un grand’uomo, o addirittura l’uomo più saggio di tutti i tempi. Tuttavia queste definizioni non descrivono chi realmente fosse Gesù. 
Se era “solo” un saggio, o un grandissimo uomo, perchè è stato condannato a morte? 
Il pensiero vola subito a Socrate, il grande filosofo ateniese, che circa quattrocento anni prima di Gesù, fu condannato a morte. 
Quali sono le differenze tra i due personaggi? La differenza sostanziale è che mentre Socrate si è caratterizzato per cercare la verità, Gesù ha offerto sè stesso come la “Verità ”. 
Dopo la morte del filosofo ateniese nessuno ha iniziato un culto alla sua persona, ma piuttosto si è sviluppato un pensiero filosofico post-socratico, il cui massimo rappresentante è stato Platone. 
Dopo la missione terrena di Gesù, invece, è iniziato il culto alla sua persona. Questo culto era inizialmente guidato da giudei-cristiani, che quindi avevano riconosciuto in Gesù, il Messia di Israele. 
Per quale ragione un gruppo di giudei, stretti osservanti della Legge di Mosè, iniziò un culto a Gesù, associandolo apertamente a Dio e riunendosi non il sabato, giorno sacro per gli ebrei, ma la domenica ? (come si evince da Atti degli Apostoli 20, 7).

Per ora soffermiamoci sulla domanda iniziale. Se Gesù era “solo” un saggio, o un grandissimo uomo, perchè è stato condannato a morte? 
La risposta a questa domanda è semplice: Gesù è stato condannato a morte perchè ha dichiarato in varie occasioni di essere consustanziale a Dio.
Dalle fonti storiche in nostro possesso si evince infatti che Gesù è stato accusato di blasfemia dalle autorità  religiose di Gerusalemme, che conformavano il sinedrio. 

Gesù ha dichiarato varie volte di essere consustanziale al Padre.

Ogni volta che ha dichiarato di essere Dio, alcuni ebrei che stavano vicino a lui hanno tentato di lapidarlo dimostrando che le sue affermazioni erano inaudite. 
Gesù ha dichiarato di poter perdonare i peccati, una prerogativa di Dio (Vangelo di Matteo 9, 2); 
Gesù ha dichiarato di essere il Signore del sabato, facendosi quindi uguale al Creatore (Vangelo di Matteo, 12, 8).
Gesù ha dichiarato di essere “consustanziale” al Padre, dicendo la celebre frase “Io Sono” (Vangelo di Giovanni 8, 24; 8, 58, come in Esodo 3, 14). 
Analizziamo brevemente il verso 8, 58: 

Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono».

la frase “Io Sono” dimostra che Gesù ha attribuito a se stesso un’esistenza eterna, non semplicemente anteriore ad Abramo. E’ un’affermazione inaudita con la quale Gesù si fa uguale a Dio. Infatti, nel verso successivo i giudei tentarono di lapidarlo, accusandolo di blasfemia. 
Infine Gesù si pone al pari di Dio, in quanto siede alla sua destra (Vangelo di Marco 14, 61-62): 

Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». Gesù rispose: «Io lo sono!
E vedrete il Figlio dell’uomo
seduto alla destra della Potenza
e venire con le nubi del cielo».

In questa risposta Gesù cita il libro di Daniele (7, 13). Il titolo “Figlio dell’uomo” nella profezia di Daniele è colui che si siede alla destra di Dio ed è pertanto uguale ad esso. Con questa dichiarazione Gesù ha dichiarato di essere Dio ed infatti i sacerdoti del sinedrio, non credendo in Lui lo hanno accusato di blasfemia.  

Da tutte queste affermazioni si evince pertanto che Gesù ha dichiarato la sua piena Divinità. 
Se Gesù non fosse stato colui che diceva di essere, allora era un esaltato, ma in questo caso non avrebbe potuto compiere i miracoli. Se non avesse compiuto i miracoli, nessuno lo avrebbe seguito e presto tutti si sarebbero dimenticati di lui. 

Che tipo di miracoli ha fatto Gesù? Gesù ha dimostrato di avere potere assoluto sulle infermità, sui demoni, sulle forze della natura e sulla morte. 

Vediamo solo alcuni esempi dei 36 miracoli che vengono descritti nei quattro Vangeli.

Gesù ha dimostrato potere sulle infermità, per esempio quando ha sanato, da lontano, il servo del centurione (Vangelo di Matteo 8, 5-13).
Gesù ha dimostrato di avere potere sui demoni, per esempio quando ha liberato Maria Maddalena da sette demoni (Vangelo di Marco 16, 9).
Gesù ha dimostrato di avere potere sulle forze della natura, per esempio quando ha calmato una tempesta (Vangelo di Matteo 8, 23-27)
Gesù ha dimostrato di avere potere sulla morte, per esempio quando ha risuscitato Lazzaro (Vangelo di Giovanni 11, 17-44). 

Quindi Gesù è stato condannato a morte per aver affermato di essere “consustanziale a Dio”. Abbiamo considerato inoltre che Gesù non poteva essere un esaltato, che faceva affermazioni assurde sulla sua stessa identità. Se fosse stato un esaltato, non avrebbe potuto compiere i miracoli. Inoltre Gesù ha insegnato l’amore incondizionale anche verso i propri nemici e ha dimostrato una viscerale avversità  verso la falsità . 
Ci sono ancora due punti importanti da analizzare per poter comprendere chi era (e chi è), realmente Gesù Cristo. 

Innanzitutto la sua Risurrezione. 

Se Gesù fosse rimasto nella tomba, ben presto i suoi seguaci si sarebbero dispersi. Sarebbe stato ricordato solo come “un grande saggio”, ma nessuno avrebbe iniziato il culto alla sua persona. 
Ma quali sono gli indizi che portano a considerare possibile la sua Risurrezione dai morti? 
E’ praticamente impossibile l’ipotesi che qualcuno abbia sottratto il corpo esanime di Gesù dalla tomba. Le autorità  romane e i giudei del sinedrio, se avessero sottratto il corpo dalla tomba, lo avrebbero presto mostrato alle masse, dimostrando cosi che non era risorto. Avrebbero avuto tutto l’interesse a mostrare il corpo e non a nasconderlo. 
I seguaci di Gesù avrebbero teoricamente potuto sottrare il corpo di Gesù dalla tomba, ma cosa ci avrebbero guadagnato? Avrebbro dovuto mentire, sapendo di mentire, senza che la loro menzogna gli avrebbe fatto guadagnare nulla. Anzi avrebbero rischiato la vita, sostenendo il falso, e ciò va contro la logica. 
Alcune persone hanno poi sostenuto che gli Apostoli avessero avuto delle allucinazioni collettive. In pratica non avrebbero visto Gesù in carne e ossa risorto, ma si sarebbero convinti di averlo visto, di avergli parlato, in pratica avrebbero avuto un’esperienza non reale.
Gli studiosi di fenomeni di allucinazione sostengono che normalmente le allucinazioni si verificano attraverso uno dei cinque sensi. Pertanto si possono verificare allucinazioni visive, olfattive, uditive, tattili, e persino gustative.
E’ rarissimo però che il fenomeno di allucinazione si manifesti in modo completo, ossia vedendo, ascoltando e toccando “qualcuno o qualcosa”. Inoltre ancora più difficile è che una allucinazione si manifesti a più persone contemporaneamente. Ma le apparizioni di Gesù non hanno avuto luogo in un singolo evento. Ve ne sono state varie, e in differenti luoghi. Inoltre gli Apostoli in seguito alle apparizioni non hanno dato segno di delirio o pazzia, ma hanno vissuto in modo mite, pacato e tranquillo, divulgando con fermezza la Buona Novella. Il fatto poi che nessuno di loro abbia contraddetto gli altri è un’altra prova del fatto che ciò che videro era veritiero. Inoltre il fatto che i primi cristiani fossero disposti addirittura ad andare alla morte pur di non rinnegare Gesù Cristo è una ulteriore prova della veridicità delle apparizioni.
Nessuno di loro sarebbe andato alla morte se non fosse stato più che sicuro che colui che gli apparve dopo la Risurrezione era proprio Gesù, in carne e ossa, ricordando ovviamente che questo evento era stato da lui annunciato, prima della sua morte.
Inoltre c’è un fatto da considerare: se la teoria delle allucinazioni fosse vera, dovrebbe essere vera pure la teoria dell’asportazione del cadavere di Gesù dalla tomba. 
La Risurrezione di Gesù Cristo è comunque un evento meta-storico. Non si può provare scientificamente, però ciò non toglie che vi siano alcuni indizi che corroborano questa tesi. 

L’ultimo punto da considerare per cercare di individuare l’identità di Gesù è il comportamento degli Apostoli e di altri discepoli di Gesù dopo la sua missione terrena. 

Dopo la morte in croce di Gesù i suoi seguaci, erano timorosi e dubbiosi, ma dopo la Risurrezione del loro maestro, e soprattutto dopo l’effusione dello Spirito Santo (profetizzata nel libro di Gioele 2, 28), hanno testimoniato con forza il Vangelo. La testimonianza degli Apostoli è iniziata con il celebre discorso di Pietro (Atti degli Apostoli, 2, 14-36). Tutto ciò ha causato la nascita della Chiesa, che già nei primissimi mesi dopo la missione di Gesù sulla terra contava migliaia di credenti. (Atti degli Apostoli 2, 41). Come già  specificato i cristiani si riunivano non il sabato, giorno sacro per gli ebrei, ma la domenica (come si evince da Atti degli Apostoli 20, 7), dimostrando di rendere culto a Gesù, considerando la sua vittoria definitiva sulla morte.

Inoltre, anche alcune frasi in ebraico all’interno di testi in greco, dimostrano che il nucleo dei credenti iniziali erano ebrei e credevano che Gesù fosse Dio, il Signore. A tale proposito vediamo che nella Prima Lettera ai Corinzi (16, 22) vi è la frase “maranatha”, che significa “Il Signore viene”. 
Tutto ciò dimostra che i primi credenti in Gesù, lo identificavano come Dio (Signore) e diedero inizio al culto per la sua persona.  

Yuri Leveratto

Immagine: Nikolaj Ge, "Cosa è la Verità? Cristo e Pilato" (1890).

mercoledì 4 luglio 2018

Commento del nono capitolo del Vangelo di Giovanni


Nel nono capitolo del Vangelo di Giovanni, Gesù attua un miracolo ridando la vista a un uomo cieco dalla nascita. Oltre a ciò  Gesù offre la salvezza al miracolato, mostrandosi a lui come vera Luce. 
Il miracolato rappresenta l’uomo comune che nasce cieco, ossia senza la fede in Gesù Cristo. Durante il suo cammino gli viene offerta la vera Luce, come dono, e lui l’accetta, salvandosi ed ottenendo la vita eterna.  

Vediamo i primi tre versi del nono capitolo: 

1 Mentre passava, vide un uomo che era cieco fin dalla nascita. 2 E i suoi discepoli lo interrogarono, dicendo: «Maestro, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perchè sia nato cieco?». 3 Gesù rispose: «Nè lui nè i suoi genitori hanno peccato, ma ciò è accaduto, affinchè siano manifestate in lui le opere di Dio.

Il nono capitolo inizia con la descrizione di Gesù che vede un uomo cieco dalla nascita. Gesù pertanto si sofferma su di lui, ha compassione di lui. 
I discepoli interrogano il maestro domandando chi ha peccato, se lui o i suoi genitori, per giustificare il fatto che sia nato cieco. Ma come poteva, la cecità di quell’uomo, essere stata causata dal suo peccato, se questi era nato cieco? Forse, con quella frase, i discepoli di Gesù credevano in una qualche forma di reincarnazione, e “karma”, e che quindi una persona scontasse i peccati delle vite precedenti nella sua vita attuale con menomazioni fisiche? 
Più che altro la domanda dei discepoli di Gesù svela la lettura popolare dei credenti del tempo, che pensavano che le colpe di una persona o dei propri progenitori possano essere la causa di una infermità o una menomazione fisica. 
Gesù risponde negando che l’infermità di una persona derivi da colpe sue o dei suoi genitori. 
E aggiunge che l’infermità esiste perchè “siano manifestate in lui le opere di Dio”. Questa frase può  essere interpretata almeno in tre modi. 
Innazitutto che le opere di Dio siano manifestate con i miracoli, ed in effetti così successe, infatti Gesù fece il miracolo e diede la vista al cieco. 
La seconda interpretazione contempla che la sofferenza di una persona umile può servire per avvicinare altre persone a Dio. In questo caso le “opere di Dio” sono le conversioni di altre persone, che accettano il Signore attraverso la sofferenza di altri. 
Secondo la terza interpretazione al vedere una persona sofferente, altri cercheranno di aiutarla e quindi di guarirla. Ecco che verranno eseguite opere di Dio, quindi opere di bene. 
Vediamo i successivi due versi.

4 Bisogna che io compia le opere di colui che mi ha mandato, mentre è giorno; la notte viene in cui nessuno può operare. 5 Mentre sono nel mondo, io sono la luce del mondo».

Gesù sapeva che aveva a disposizione poco tempo per compiere atti d’amore verso gli altri. Poi sarebbe stato tradito e sarebbe stato crocifisso e ucciso, quindi non avrebbe più potuto compiere le opere di Dio, quindi le opere di bene. 
Il quarto verso è anche una esortazione a tutti i credenti per compiere opere di bene. La vita è breve e deve essere utilizzata per compiere opere buone. Quando poi viene la notte, ossia la morte, non c’è più tempo per agire, ma si è sottoposti al giudizio di Dio. 
Nel quinto verso Gesù ribadisce di essere la Luce del mondo. Questo concetto viene spiegato molto bene nel quinto verso del Vangelo di Giovanni:

la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta

L’Evangelista Giovanni vuole intendere che la Luce eterna di Cristo ha brillato da sempre e brillerà per sempre. Per gli uomini però la Luce eterna di Cristo ha brillato in modo particolare durante la sua Incarnazione, quindi durante la sua missione sulla terra, quando ha espresso il suo immenso amore con le sue parole, con i suoi atti, e persino con i suoi silenzi. 

Vediamo i due succesivi versi: 

6 Dopo aver detto queste cose, sputò in terra, con la saliva fece del fango e ne impiastrò gli occhi del cieco. 7 Poi gli disse: «Va', lavati nella piscina di Siloe» (che significa: "Mandato"); egli dunque vi andò, si lavò e ritornò che ci vedeva.

Dopo aver sanato il cieco, Gesù lo invita ad andare a lavarsi nella piscina di Siloè. Ma Siloè significa “inviato”. Per tanto vi è un chiaro riferimento all’opera messianica, l’opera che Gesù sta portando a termine. Praticamente è come se gli dicesse: “vai a lavarti con l’acqua pura, l’acqua di colui che è stato inviato”. L’uomo cieco andò e si lavò  nella vasca. A quel punto ricevette la vista. Per la prima volta potè vedere il mondo e le sue meraviglie. 

Vediamo questi versi successivi: 

8 Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima cieco, dissero: «Non è questi colui che stava seduto a mendicare?». 9 Alcuni dicevano: «È lui». Altri: «Gli assomiglia». Ed egli diceva: «Io sono». 10 Gli dissero dunque: «Come ti sono stati aperti gli occhi?». 11 Egli rispose e disse: «Un uomo, chiamato Gesù, ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: "Va' alla piscina di Siloe e lavati". Ed io vi sono andato, mi sono lavato e ho recuperato la vista». 12 E quelli gli dissero: «Dov'è costui?». Egli rispose: «Non lo so».

I conoscenti dell’uomo che aveva ottenuto la vista erano stupefatti. Non riuscivano a credere che costui fosse il cieco che per tanti anni aveva vissuto di elemosina. Fu proprio lui, colui che era stato cieco dalla nascita, a fugare ogni dubbio e a dichiarare di essere stato salvato da Gesù. Fino ad ora il miracolato non ha la consapevolezza di chi sia realmente colui che lo ha guarito, infatti lo chiama semplicemente con il suo nome: “Gesù”, e non aggiunge nessun titolo. 

Analizziamo i versi successivi: 

13 Allora essi condussero dai farisei colui che prima era stato cieco. 14 Ora era sabato quando Gesù fece del fango e gli aperse gli occhi. 15 Anche i farisei dunque gli domandarono di nuovo come avesse recuperato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16 Allora alcuni farisei dicevano: «Quest'uomo non è da Dio, perchè non osserva il sabato». Altri dicevano: «Come può un uomo peccatore compiere tali segni?». E c'era divisione tra di loro. 17 Chiesero dunque di nuovo al cieco: «E tu, che dici di lui per il fatto che ti ha aperto gli occhi?». Egli disse: «È un profeta!».

Probabilmente alcuni giudei, entusiasti del miracolo, portarono ai farisei colui che era stato cieco. Quel giorno era un sabato, giorno sacro secondo la tradizione bìblica. Ma pur essendo un giorno sacro, Dio non aveva mai impedito di fare del bene in quel giorno. I farisei, che erano i religiosi dell’epoca, sapevano che si potevano compiere opere buone di sabato, ma avversavano Gesù a tutti i costi, perchè non si aprivano al suo messaggio di amore, e non credevano in lui. 
Alla domanda dei farisei di come quell’uomo avesse ottenuto la vista, il miracolato raccontò  nuovamente i fatti. A questo punto vi fu divisione tra i farisei. Alcuni dissero che Gesù non poteva provenire da Dio perchè non osservava il sabato, altri invece difendevano l’operato di Gesù, sostenendo che un peccatore non potrebbe compiere alcun miracolo. A questo punto i farisei domandarono al miracolato cosa pensava sulla reale identità di Gesù, ed egli rispose che Gesù era un profeta. Come si vede la fede di quest’uomo sta aumentando. Prima lo aveva chiamato solamente con il suo nome, Gesù, mentre ora lo considera un profeta, quindi un inviato da Dio, una persona che può  far conoscere Dio e che quindi può  farsi avvicinare alla salvezza. 

Vediamo i versi sucessivi: 

18 Ma i Giudei non credettero che lui fosse stato cieco e avesse riacquistato la vista, finchè ebbero chiamato i genitori di colui che aveva riacquistato la vista. 19 E chiesero loro: «È questo il vostro figlio che voi dite esser nato cieco? Come mai ora ci vede?». 20 I suoi genitori, rispondendo loro, dissero: «Noi sappiamo che costui è nostro figlio e che è nato cieco, 21 ma come ora ci veda, o chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo; domandatelo a lui; egli è adulto, parlerà lui stesso di sè». 22 Questo dissero i suoi genitori, perchè avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che se uno avesse riconosciuto Gesù come il Cristo, sarebbe stato espulso dalla sinagoga. 23 Perciò i suoi genitori dissero: «È adulto, chiedetelo a lui».

Molti dei giudei non credevano al miracolo, percui vollero investigare ancora e chiamarono i genitori di colui che era cieco. Alle pressanti domande dei farisei, i genitori del miracolato risposero che quello era realmente il loro figlio, e che era nato cieco, ma dissero anche che non sapevano chi lo avesse sanato. Non si volevano esporre, in quanto sapevano che se avessero riconosciuto Gesù come il Messia (Cristo) sarebbero stati espulsi dalla sinagoga. Da questo passaggio si evince che i farisei avevano un pregiudizio verso Gesù. Non erano aperti al suo insegnamento e desiderosi di capire il suo messaggio (salvo rare eccezioni come Nicodemo e Giuseppe di Arimatea). Per timore quindi di essere espulsi dalla sinagoga e quindi espulsi di fatto dalla società giudaica, i genitori del miracolato dissero ai farisei di chiedere nuovamente al loro figlio, che essendo di maggiore età, poteva dare una testimonianza valida. 

Vediamo i versi sucessivi: 

24 Essi dunque chiamarono di nuovo l'uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da' gloria a Dio; noi sappiamo che quest'uomo è peccatore». 25 Egli allora rispose e disse: «Se sia peccatore, non lo so; ma una cosa so, che prima ero cieco e ora ci vedo». 26 Gli chiesero di nuovo: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». 27 Egli rispose loro: «Io ve l'ho già detto e voi non avete ascoltato; perchè volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». 28 Essi perciò l'ingiuriarono e dissero: «Tu sei suo discepolo; ma noi siamo discepoli di Mosè. 29 Noi sappiamo che Dio ha parlato a Mosè; ma quanto a costui non sappiamo da dove venga». 30 Quell'uomo rispose e disse loro: «Ebbene, è molto strano che voi non sappiate da dove venga; eppure egli mi ha aperto gli occhi. 31 Or noi sappiamo che Dio non esaudisce i peccatori, ma se uno è pio verso Dio e fa la sua volontà, egli lo esaudisce. 32 Da che mondo è mondo non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi ad un cieco nato. 33 Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto fare nulla». 34 Essi risposero e gli dissero: «Tu sei nato completamente nei peccati e vuoi insegnare a noi?». E lo cacciarono fuori.

Questi passaggi sono fondamentali per comprendere la visione dei farisei, ingabbiata nella religione giudaica ma lontana dall’umiltà che contraddistingue i veri credenti in Dio. I farisei chiamarono il miracolato e gli dissero: “Da’ gloria a Dio!”. Con questa frase i farisei esortarono il miracolato a ringraziare solo Dio e non Gesù, da loro considerato un peccatore. Ma ancora una volta si trovarono davanti a una bellissima testimonianza: il miracolato dice di non sapere se Gesù sia o non sia un peccatore, ma afferma ancora una volta che era cieco, ed ora vede. Già qui si nota una sottile allusione a chi “nasce di nuovo” (Vangelo di Giovanni cap. 3), ossia chi accetta Gesù come suo personale Signore e Salvatore. Anche chi si converte a Gesù era cieco, ma ora vede. 
A questo punto i farisei, completamente increduli, domandano che cosa Gesù gli abbia fatto, come sia stato possibile che lui abbia ottenuto la vista. L’uomo si spazientisce, anche perchè aveva già raccontato l’accaduto e domanda loro, sarcasticamente, se forse loro volessero diventare discepoli di Gesù. I farisei risposero in modo veeemente, accusando il miracolato di essere un discepolo di Gesù, mentre loro erano discepoli di Mosè. Dissero che Dio aveva parlato con Mosè, e affermarono di non sapere da dove venisse Gesù. Erano loro i veri ciechi. Non si rendevano conto che Gesù era ben maggiore di Mosè. 
A questo punto il miracolato risponde per le rime ai farisei dicendo che la cosa strana è esattamente questa: vi è un uomo che è in grado, con il suo potere, di ridare la vista ai ciechi, e loro, i sapienti, facendi parte del sinedrio, non sanno chi sia e non cercano neppure di approfondire il suo messaggio di amore. 
Il miracolato, che sta lentamente aprendo il suo cuore a Gesù, afferma che Dio non ascolterebbe mai un peccatore. Infatti Dio non approva i malvagi e non darebbe mai loro il potere di compiere miracoli, al contrario Dio approva gli uomini umili, giusti e buoni. Si rende conto di essere il primo uomo che, nato cieco, è tornato a vedere, e non comprende come i farisei si chiudano a questo atto di amore verso di lui. 
A questo punto i farisei, con rinnovato astio, lo rimproverano di essere nato nel peccato. Quindi insinuarono che la cecità fosse il risultato diretto del suo peccato. Essi inoltre lo cacciarono fuori. Questa frase significa che non solo lo mandarono via, ma che lo scomunicarono, in pratica lo espulsero dalla sinagoga e lo esclusero dalla religione giudaica. Lo ritennero colpevole di non seguire i riti della loro relione ossia l’osservanza assoluta del sabato. Questo fatto è molto significativo. Quell’uomo non faceva più parte della “religione” e quindi era pronto a ricevere la vera fede, la vera Luce. 

Ed è quello che successe nei versi successivi: 

35 Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori e, trovatolo, gli disse: «Credi tu nel Figlio di Dio?». 36 Egli rispose e disse: «Chi è, Signore, perchè io creda in lui?». 37 E Gesù gli disse: «Tu l'hai visto; è proprio colui che ti sta parlando». 38 Allora egli disse: «Io credo, Signore»; e l'adorò. 39 Poi Gesù disse: «Io sono venuto in questo mondo per fare un giudizio, affinchè quelli che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi». 40 Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste cose e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». 41 Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: "Noi vediamo", perciò il vostro peccato rimane».

A questo punto l’uomo miracolato, essendo uscito dalla “religione” non era più ingabbiato in dogmi e pregiudizi, era libero. Era quindi pronto a ricevere la vera fede. Gesù seppe che era stato espulso dalla sinagoga ed escluso dalla “religione”, e si avvicinò  a lui domandandogli se era disposto a credere nel Figlio di Dio (1). 
Quell’uomo aveva ricevuto la vista fisica, ma aveva ancora bisogno della vera vista, quella spirituale. Il miracolato domandò  a Gesù chi fosse il “Figlio di Dio”, e Gesù rispose semplicemente dicendo “è proprio colui che ti sta parlando”, ossia: “sono io”. 
A quel punto il miracolato crede, e chiama Gesù “Signore”, (Kyrios, in greco). Ammette dunque che Gesù è “Signore” quindi “Dio”. Si noti che il miracolato adora Gesù solo quando crede di essere al cospetto del Figlio di Dio e quindi del Signore. Come giudeo osservante non avrebbe mai adorato un semplice uomo. Si rende conto quindi che Gesù non è un semplice uomo, ma è il “Signore”, è il “Messia”. 
Nel verso successivo Gesù afferma di essere venuto nel mondo per fare un giudizio. Questa frase non è in contraddizione con il verso 3, 17 del Vangelo di Giovanni: “Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo”. In realtà venendo nel mondo Cristo non aveva lo scopo di giudicare, ma di salvare; ma per coloro che rifiutano questa salvezza vi sarà l’inevitabile castigo. Pertanto, gli umili, coloro che ammettono di non vedere, ricevono la vista. Mentre i saccenti, coloro che sostengono di vedere perfettamente rimarranno ciechi. Ciò  è un’allegoria che significa che gli umili, coloro che ammettono di non essere riusciti a raggiungere la perfezione al cospetto di Dio, ma hanno fede in lui, riceveranno ancora più fede. Mentre coloro cha affermano di essere perfetti al cospetto di Dio dimostrano poca umiltà, e pertanto non riceveranno la sufficiente fede per salvarsi. 
Alcuni farisei, ascoltando Gesù, compresero che Lui alludeva proprio a loro, perciò  gli domandarono con sfrontatezza se Egli intendesse insinuare che erano ciechi anche loro. La risposta del Signore è chiara e può  essere spiegata così: “se ammetterete di essere peccatori e di avere bisogno di un Salvatore allora i vostri peccati possono essere perdonati e voi potrete salvarvi. Ma siccome ammettete di non avere bisogno di nulla, di essere giusti e di non essere peccatori, i vostri peccati non possono essere perdonati”. Quando Gesù dice “se foste ciechi non avreste alcun peccato”, si riferisce al fatto che gli umili, coloro che ammettono di “non vedere” ossia di non essere perfetti e di non avere una fede piena, possono ricevere il perdono dei peccati. Quando Gesù dice “ma siccome dite: "Noi vediamo", perciò il vostro peccato rimane”, si riferisce al fatto che chi afferma di “vedere” quindi di avere fede e di essere giusto, non è umile, e quindi non si pente nel profondo del suo cuore, quindi i suoi peccati restano, e non possono essere perdonati. 

Yuri Leveratto

Bibliografia: Il comentario bìblico del discepolo, William McDonald

I versi biblici riportati sono tratti dalla “Sacra Bibbia” versione Diodati. 

Nota: 
1-nelle versioni bibliche derivate dalla Vulgata la frase è “Credi tu nel Figlio dell’uomo?”; mentre nella versione derivata dal textus receputus la frase è “Credi tu nel Figlio di Dio?”- la sostanza non cambia giacchè il “Figlio dell’uomo” è nella visione di Daniele (7, 13), il Messia, overo Dio che si è incarnato in un uomo, quindi vero Dio e vero uomo.