venerdì 17 giugno 2016

I titoli di Gesù Cristo


Qui di seguito si riportano i titoli di Gesù Cristo, secondo gli Evangelisti

Figlio dell’Uomo

Vangelo di Matteo (8, 20): 

Gli rispose Gesù: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».

Vangelo di Marco (8, 31): 

E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.

Vangelo di Luca (6, 22):

Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo.

Vangelo di Giovanni (1, 51): 

Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo».

Figlio di Dio

Vangelo di Matteo (27, 43): 

Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: “Sono Figlio di Dio”!»

Vangelo di Marco (3, 11):

Gli spiriti impuri, quando lo vedevano, cadevano ai suoi piedi e gridavano: «Tu sei il Figlio di Dio!»

Vangelo di Luca (1, 35): 

Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio.

Vangelo di Giovanni (1, 32-34): 

Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

Vangelo di Giovanni (1, 49): 

Gli replicò Natanaele: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!»

Messia / Cristo

Vangelo di Matteo (23, 10): 

E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.

Vangelo di Marco (8, 29): 

Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo».

Vangelo di Luca (4, 41):

Da molti uscivano anche demòni, gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era lui il Cristo.

Vangelo di Giovanni (4, 25-26): 

Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».

Maestro

Vangelo di Matteo (26, 18): 

Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”».

Vangelo di Luca (5, 5): 

Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti».

Vangelo di Luca (8, 24-25): 

Si accostarono a lui e lo svegliarono dicendo: «Maestro, maestro, siamo perduti!». Ed egli, destatosi, minacciò il vento e le acque in tempesta: si calmarono e ci fu bonaccia. Allora disse loro: «Dov’è la vostra fede?». Essi, impauriti e stupiti, dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che comanda anche ai venti e all’acqua, e gli obbediscono?».

Vangelo di Luca (17, 13):

e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!».

Vangelo di Giovanni (13, 13-14):

Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. 

Signore

Vangelo di Marco (5, 19): 

Non glielo permise, ma gli disse: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te».

Vangelo di Giovanni (20, 28): 

Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 

Salvatore

Vangelo di Luca (2, 11): 

oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore.

Vangelo di Giovanni (4, 42): 

e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

Foto in alto: Papiro 46, datato dal 175 al 225 d.C.

domenica 12 giugno 2016

Il Logos è Dio: analisi del primo verso del Vangelo di Giovanni


Con questo capitolo inizierò l’analisi approfondita dei primi diciotto versi del Vangelo di Giovanni. Questi versi celebri, sono fondamentali perché descrivono l’essenza stessa di Gesù Cristo, il Verbo che si è fatto carne. Tutti i successivi versi, dal diciannovesimo del primo capitolo, fino alla fine del quarto Vangelo, narrano una serie di episodi storici che confermano le affermazioni fatte nel Prologo. Innanzitutto vediamo il primo verso: 

In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.

Vediamo la corrispondente pronuncia in greco: 

En arché en ho Logos kai ho Logos ēn pros ton Theon kai Theos en ho Logos

Nella frase “In principio era il Verbo”, il verbo “era” appare nel tempo imperfetto. 
Il verbo greco è en (ἦν), che significa “era”. In realtà en è l’imperfetto del verbo greco eimi, ossia: essere. L’Apostolo Giovanni ci dice quindi che “in principio”, ossia prima della creazione del mondo, prima di ogni cosa, da sempre, esisteva il Logos, che in italiano viene tradotto “la Parola” o “il Verbo”. Pertanto si potrebbe concludere che Giovanni volesse indicare che il Verbo esisteva prima che ci fosse qualsiasi inizio, prima di ogni cosa. Il Verbo era pertanto pre-esistente ad ogni cosa. Era la Causa Prima. 
In questa prima parte del primo verso, l’Apostolo Giovanni non è dunque interessato a spiegare chi ha creato il mondo, o chi esisteva prima della creazione, ma semplicemente sta spiegando da quando è esistito il Verbo. 
Il soggetto è il Verbo e l’enfasi è la sua pre-esistenza eterna. Giovanni sta iniziando a descrivere chi è il Logos (Gesù Cristo), ma per ora ci dice che Egli esiste da sempre, ossia non ha avuto inizio. Ed è proprio nel verbo en in greco, che si esprime perfettamente il concetto di eternità. In pratica prima che esistesse il tempo, il Verbo era. Il Verbo pertanto era ed è fuori dal tempo. E’ eterno. 
Quando l’Apostolo Giovanni descrive Giovanni il Battista (sesto verso del primo capitolo del Vangelo di Giovanni) utilizza un verbo completamente differente: egeneto, che significa “venne”, che ovviamente si riferisce ad un determinato tempo storico. Quindi ci fu un tempo nel quale Giovanni il Battista non esisteva, (ovviamente prima della sua nascita), ma non ci fu un tempo nel quale il Verbo non esisteva. Il verbo en pertanto, che si trova nei versi 1, 2, 4, 8, 9, 10 indica un’esistenza continua, mentre il verbo egeneto, che si trova nei versi 3, 6, 10 e 14 si riferisce ad un’esistenza limitata. 
Questa prima parte del primo verso del Vangelo di Giovanni è pertanto di fondamentale importanza, perché ci dice che “prima che ci fosse un principio”, ossia prima del tempo stesso, il Verbo era già. 
Che cosa voleva indicare Giovanni quando scrisse “nel principio”?
Anche nel primo verso della Genesi vi è la parola “principio” (in ebraico: bereshit):

In principio Dio creò il cielo e la terra.

La parola greca utilizzata dall’Apostolo Giovanni nel primo verso del suo Vangelo è arché, una parola molto importante nell’ambito del Nuovo Testamento, il cui significato merita di essere approfondito. Mentre però bereshit si riferisce al principio della creazione, arché si riferisce all’eternità del passato.
Proprio dall’analisi della parola arché si evince che Gesù Cristo, essendo il Creatore del mondo, non può essere una semplice creatura. Questa parola può essere usata sia in senso assoluto che in senso relativo. Se si usa in senso assoluto, si riferisce “al principio, o all’origine, di tutte le cose”. Nel primo verso del Vangelo di Giovanni la parola arché è usata in senso assoluto, giacchè non viene specificata alcuna cosa che limiti l’azione descritta. 
La parola arché con significato assoluto viene utilizzata anche nel Vangelo di Matteo (19, 4; 24, 21); Nel Vangelo di Giovanni (8, 44); nella prima Lettera di Giovanni (1, 1; 2, 13; 3, 8), ecc. Un esempio potrebbe essere il seguente verso del Vangelo di Giovanni (6, 64): 

Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito.

Gesù pertanto sapeva dal principio chi lo avrebbe tradito.

Vi sono molti passaggi nel Nuovo Testamento che indicano che Gesù Cristo è il Creatore del mondo e non una semplice creatura. Per esempio il terzo verso del Vangelo di Giovanni: 

tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

La parola “tutto”, significa “ogni cosa”. Se il Verbo, Gesù Cristo, fosse una creatura, avrebbe creato tutto meno lui stesso. Ma nel terzo verso vi è scritto: “tutto”, quindi significa che il Verbo, Gesù Cristo, è la Causa Prima, avendo creato ogni cosa. E’ una affermazione implicita della sua piena Divinità. 
Tornando al primo verso la parola “principio” (arché), si riferisce a Gesù Cristo non come il primo risultato della creazione fatta da Dio, ma come la prima causa della creazione, ossia come l’unico e il solo Creatore. Lui non potrebbe essere stato la prima creatura se tutte le cose, sono state fatte da lui. 
Osserviamo ora i seguenti passaggi della Lettera ai Colossesi (1, 15-18):

Egli è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potenze. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono. Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa. Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose.

In questi versi la parola proototokos tradotta “primogenito” è riferita a colui che ha sovranità su tutta la creazione. Il verso sedicesimo descrive che tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Quindi Paolo di Tarso precede l’Apostolo Giovanni nell’indicare che Gesù Cristo è il Creatore. E nel verso diciassette dice che egli non solo è il Creatore di tutte le cose ma esse in lui sussistono. Nel verso diciotto si usano le parole arché, “principio” e proototokos, “primogenito”. 
Vi sono altri versi dove Gesù Cristo ha affermato di “essere” da sempre, ossia dal principio. Per esempio nel Vangelo di Giovanni (17, 5): 

E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse.

Ora analizziamo la parola Logos. Perché Giovanni utilizza questa parola per definire il Creatore del mondo? Ovviamente il Creatore esisteva prima di tutte le sue creature. E il Creatore deve avere per forza un’intelligenza, una mente. Solo nella parola greca Logos poteva trovare l’esatto significato di quello che voleva e doveva esprimere. 
Anche se il termine Logos era comune nel mondo ellenico, (per esempio in seguito alla filosofia di Filone di Alessandria), vari teologi pensano che Giovanni aveva in mente la parola ebrea memra tradotta nella Bibbia dei settanta come Logos.
Logos significa innanzitutto “parola”, quindi Gesù Cristo è la Parola di Dio. Da Logos è derivata la parola “logica”. Giovanni vuole quindi mostrarci che dietro il mondo creato vi è l’intelligenza, e non il caso. Ma l’intelligenza può esistere solo in una persona, infatti Giovanni descrive che il Logos è Gesù Cristo, quindi non una forza impersonale o astratta. 
Gesù Cristo non fu semplicemente un Verbo, ma “il Verbo”, infatti questa è la ragione per la quale l’articolo definito è usato prima della parola Logos: en arché en ho Logos. 
Passiamo ad analizzare ora la seconda parte del primo verso del Vangelo di Giovanni: 

E il Verbo era con Dio

Qui l’Apostolo Giovanni ci segnala che il Verbo, pur essendo la Causa Prima, ossia il Creatore del mondo, non è la stessa persona di Dio Padre. Nel diciottesimo verso del primo capitolo del Vangelo di Giovanni ci viene presentata la relazione filiale che esiste tra due delle tre persone della Trinità, il Padre e il Figlio: 

Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.

“Dio, nessuno lo ha mai visto”, si riferisce a Dio Padre. La parola monogenees, che viene tradotta con “unigenito”, significa “della stessa sostanza”, che inoltre è sempre stato nel seno del Padre. La differenza è quindi tra il Figlio, ossia il Logos eterno, e il Padre, proprio perché il primo si è fatto carne, (Vangelo di Giovanni 1, 14). Però entrambi, insieme allo Spirito Santo, citato in altri numerosi passaggi del Nuovo Testamento, sono della stessa stessa sostanza, quindi sono “Dio”, pur avendo personalità diverse. 
Il verbo che si usa nella seconda parte del primo verso è en, uguale a quello che si è usato nella prima frase, ossia l’imperfetto del verbo eimi, essere. Ancora una volta Giovanni usa questo verbo per indicarci che il Verbo era con Dio dall’eternità del passato, quindi da sempre, da prima che il tempo fosse. Quindi il Verbo non ha acquisito una posizione intima con il Padre in un certo momento storico, ma il Verbo è stato da sempre con il Padre. Non è mai esistito un tempo nel quale il Verbo non era con il Padre. Questo è il significato del verbo en nell’imperfetto. E questa è anche la ragione che lo Spirito Santo ha scelto il greco come lingua da utilizzare nel Nuovo Testamento in modo che la rivelazione per noi possa essere assolutamente chiara. Infatti in altre lingue non sarebbe stato possibile esprimere l’eternità di Gesù Cristo e la sua presenza infinita con il Padre. Il termine italiano “era”, infatti, non rende appieno l’idea dell’eterna coesistenza del Logos con il Padre. 
Un’altra parola importante di questa frase è pros, ossia: “con”. Pros è tradotto “con” ma rende l’idea di “verso”, per esprimere un movimento. Con questo termine Giovanni voleva possibilmente indicare che il Logos e il Padre erano uniti in eterna comunione. Non era che il Logos seguiva il Padre, perché ciò implicherebbe una dipendenza del Logos dal Padre. Erano in perfetta armonia e comunione, fin dall’eternità. Se ci pensiamo, Gesù si riferisce costantemente al Padre nel Vangelo di Giovanni, e specialmente nel capitolo diciassette. Gesù prega il Padre per noi. Il suo unico fine è perdonare i nostri peccati in modo da condurci al Padre. 
Analizziamo ora la terza parte del primo verso del Vangelo di Giovanni: 

e il Verbo era Dio.

Fino ad ora abbiamo visto che il Verbo era eterno, e coesisteva fin dal principio con Dio Padre. Ma se era eterno, e se era la Causa Prima, non poteva che essere Dio stesso. Nella versione greca originale, la parola Dio viene posta immediatamente dopo la congiunzione “e”, e non alla fine della frase. Infatti in alcune versioni della Bibbia la frase “kai Theos en ho Logos”, è tradotta: “e Dio era il Verbo”. 
Non vi è un articolo definito prima della parola “Theos”. Questo fatto ha indotto alcuni gruppi di persone, nella fattispecie quelli che vorrebbero divulgare l’idea che Gesù Cristo sia una persona inferiore al Padre, un essere creato, invece del Creatore eterno, a tradurre questa parola come “un dio”, invece di “Dio”. 
Nella grammatica greca normalmente il predicato non ha l’articolo mentre il soggetto della frase ha l’articolo (1). Infatti in questa frase il soggetto (il Verbo) ha l’articolo definito, mentre il predicato (Dio), non c’è l’ha. Se Giovanni avesse posto l’articolo davanti alla parola “Dio” e davanti alla parola “Logos”, le due parole sarebbero intercambiabili e la frase si sarebbe potuta tradurre: “e il Dio era il Verbo”. In questo caso il Verbo si sarebbe trasformato nel predicato e Dio nel soggetto. Per la stessa ragione nella frase riportata nella Prima Lettera di Giovanni (4, 16): “Dio è amore”, l’articolo ho è davanti a Theos e non davanti ad amore. Infatti il soggetto è “Dio” e non “amore”. Se vi fosse l’articolo definito anche davanti ad “amore” si potrebbe dire tanto “Dio è amore”, come “Amore è Dio”. Ma in questo caso il Dio della Bibbia non sarebbe una persona, ma una qualità astratta. 
Se la terza frase del primo verso del Vangelo di Giovanni fosse tradotta: “e il Verbo era un dio”, come fanno i testimoni di Geova, allora dovremmo tradurre “un dio” tutte le volte che si usa la parola greca Theos senza l’articolo definito.  
Pertanto, possiamo affermare che Giovanni ha omesso l’articolo ho prima della parola “Dio” per il fatto che vuole comunicarci la caratteristica generale del Logos, che è Dio nella sua essenza e in tutti i suoi attributi. Infatti la parola “Theos”, ossia “Dio”, senza articolo vuole significare la nozione generale di Dio, ossia la Causa Prima, l’Assoluto. Giovanni vuole quindi enfatizzare la natura stessa del Verbo, che è uguale a quella del Padre. 
L’Apostolo Giovanni vuole quindi comunicarci che Gesù Cristo non era “divino”, ma era (ed è) “Dio”, nella sua pienezza. Se avesse voluto comunicarci che Gesù Cristo è “divino” avrebbe potuto usare la parola “theios”. Esiste una grande differenza tra le parole “theios” e “Theos”. I termini non sono assolutamente intercambiabili. Ciò che è divino non è sempre Dio, ma Dio è sempre divino. Da theios derivano le parole theiotees, Divinità, e theotees, deità. 
E’ quindi totalmente errato tradurre la terza parte del primo verso del Vangelo di Giovanni come “e il Verbo era divino”, in quanto la parola che si usa è “Theos”, “Dio” e non “theios”, “divino”. Gesù Cristo pertanto non era un uomo che raggiunse la divinità, ma era Dio che umiliò se stesso in modo da assumere la natura umana oltre alla sua natura divina, che non ha mai lasciato. (vedi la Lettera ai Filippesi cap. 2).
Riassumiamo i concetti espressi in questo articolo. 

In principio era il Verbo,

Significa che il Verbo, (Gesù Cristo) è esistito da sempre, dall’eternità.

e il Verbo era presso Dio

Significa che il Verbo, (Gesù Cristo), è stato da sempre in perfetta armonia e comunione con Dio Padre.

e il Verbo era Dio.

Significa che il Verbo, (Gesù Cristo), era ed è Dio da sempre, nella sua totale pienezza. 

YURI LEVERATTO
Copyright 2016

Bibliografia: Spiros Zodhiates, Cristo era Dio? 

Note:
1-A.T. Robertson, Grammar of the Greek New Testament (Doran, quarta edizione, pag. 767).

mercoledì 1 giugno 2016

La Bibbia è realmente la Parola di Dio?



Nel secondo secolo della nostra era, il Nuovo Testamento era già letto nella sua totalità (vedi il “frammento muratoriano”), e conformava, insieme al Tanakh, ossia l’Antico Testamento, la “Sacra Bibbia”. 
Ma fu proprio a partire da quel periodo che alcune persone, appartenenti al gruppo degli gnostici, iniziarono a criticare la Bibbia e a mettere in dubbio che questo libro sia la Parola di Dio. Nel corso dei secoli vi sono stati numerosi critici della Bibbia e di Gesù Cristo, come per esempio Celso, Porfirio, Friedrich Nietzsche, Dayananda Saraswati, Bertrand Russell, Christopher Hitchens, Richard Dawkins o Sam Harris. Nessuno di questi, però è riuscito a dimostrare che la Bibbia non sia realmente ispirata da Dio. 
Anche oggi vi sono numerosi critici della Bibbia, che spesso affermano che il Dio veterotestamentario fosse eccessivamente violento nelle punizioni verso i malvagi. Per rispondere a queste critiche bisogna considerare che secondo la mentalità vigente durante l’Antico Testamento la violenza e la punizione erano relazionate alla giustizia di Dio. Dio mostrava la sua giustizia con la punizione, perché ancora non aveva inviato il Figlio. Aveva inviato profeti, per annunciare proprio la venuta del Figlio. Infatti nell’Antico Testamento vi sono circa trecento profezie che indicano l’arrivo del Figlio. Ma proprio perché il Figlio non era arrivato e non aveva potuto salvare il mondo, il patto tra Dio e l’uomo era ancora “antico”. Proprio per questo ogni trasgressione contro Dio, doveva per forza essere punita severamente, o con la morte. La vendetta era pertanto un mezzo per far regnare la giustizia tra i popoli. Dio (IO SONO - YHWH) era un Padre severo che puniva i peccati se necessario con la morte. Puniva chi non gli obbediva e trasgrediva la legge, puniva chi non aveva fede in lui. Il Dio veterotestamentario doveva per forza essere infinitamente giusto, punendo i peccati, esattamente come lo è il Dio neo-testamentario. Ma nel Nuovo Testamento Gesù Cristo è venuto proprio per togliere il peccato del mondo e ristabilire il patto iniziale tra Dio e l’uomo. Ora non vi è più castigo terreno, ne punizione terrena, ma chi crede in Gesù Cristo è salvo. Proprio per questo Dio ha inviato suo Figlio, che è Dio stesso, il Verbo, con lo scopo di salvare il mondo dal peccato.

Si calcola che la Bibbia sia il libro più venduto e più letto al mondo con circa 5 miliardi di esemplari. E’ stata tradotta completamente in 349 lingue diverse, e almeno un capitolo della Bibbia è stato tradotto in altre 2123 lingue. (1)
Innanzitutto dobbiamo evidenziare che la Bibbia, considerata nella sua totalità, Antico e Nuovo Testamento, non è altro che la descrizione del progetto di Dio, iniziato con la creazione del mondo e dell’uomo. Dio ha amato l’uomo e per questo gli ha dato il libero arbitrio, la possibilità di fare delle scelte. L’uomo però, dopo essere stato tentato da Satana, ha voluto scegliere di scalzare Dio, anzi ha scelto di diventare egli stesso Dio. Per questo si descrive il “peccato originale” e la “caduta dell’uomo”. L’uomo ha scelto il peccato e la conseguenza del peccato è la morte. Lettera ai Romani (6, 23):

Perchè il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù nostro Signore.

Malgrado ciò Dio non ha abbandonato l’uomo. Ha inviato i profeti che annunciavano la missione di suo Figlio sulla terra. Infine ha inviato il Figlio, che è venuto con lo scopo principale di “togliere il peccato del mondo”, (Vangelo di Giovanni 1, 29), e stabilire con il suo sangue, un nuovo patto, tra Dio e l’uomo, il Nuovo Testamento. 
Pertanto, se osserviamo la Bibbia da un punto di vista amplio, ci rendiamo conto che essa è fortemente incentrata su Gesù Cristo, che è il Verbo che si è fatto carne (Vangelo di Giovanni 1, 14).
Ovviamente è stata proprio la missione di Gesù Cristo sulla terra, e la sua Risurrezione, che ha sancito la veridicità della Bibbia. 
Un passaggio molto significativo della Bibbia è il seguente, Seconda Lettera di Timoteo (3, 16-17): 

Tutta la Scrittura è divinamente ispirata e utile a insegnare, a convincere, a correggere e a istruire nella giustizia, affinchè l'uomo di Dio sia completo, pienamente fornito per ogni buona opera.

Pertanto è nella Bibbia stessa che si afferma che essa è ispirata. La frase greca corrispondete significa: “soffiata da Dio”. 
Inoltre bisogna riconoscere che molti uomini, anche non credenti, hanno compiuto opere d’arte o letterarie di grande valore, ma nessuno di essi ha potuto fare delle profezie che si siano rivelate valide, come invece accadde con i profeti della Bibbia. L’Apostolo Pietro ci indica infatti che le profezie non vengono dall’uomo. Vediamo il passaggio corrispondente, nella Seconda Lettera di Pietro (1, 21): 

Nessuna profezia infatti è mai proceduta da volontà d'uomo, ma i santi uomini di Dio hanno parlato, perchè spinti dallo Spirito Santo.

Una volta una persona che si credeva saggia mi ha detto: “quale è per te la chiave per leggere la Bibbia?” Si riferiva a qualche chiave esoterica che secondo lui avrebbe potuto svelare i segreti contenuti nel libro sacro. Ed io risposi: “vi è solo una chiave per leggere la Bibbia, e quella chiave è l’umiltà”. In effetti l’umiltà è il dono più grande che una persona possa avere e per leggere e comprendere profondamente la Parola di Dio è necessario essere umili. Inoltre leggendo la Bibbia con umiltà, e accettando Gesù Cristo, si deve poi anche metterla in pratica. A tale proposito riporto alcuni passi della Lettera di Giacomo (1, 21-25): 

Perciò, deposta ogni lordura e residuo di malizia, ricevete con mansuetudine la parola piantata in voi, la quale può salvare le anime vostre. E siate facitori della parola e non uditori soltanto, ingannando voi stessi. Poichè, se uno è uditore della parola e non facitore, è simile a un uomo che osserva la sua faccia naturale in uno specchio; egli osserva se stesso e poi se ne va, dimenticando subito com'era. Ma chi esamina attentamente la legge perfetta, che è la legge della libertà, e persevera in essa, non essendo un uditore dimentichevole ma un facitore dell'opera, costui sarà beato nel suo operare.

Le caratteristiche della Bibbia sono molte, ma fra le tante, si nota che questo libro risalta per sette principali qualità: antichità, attualità, diversità, unità, tema, influenza e potere di consolazione. 
E’ vero che nell’antichità sono stati scritti poemi o libri antecedenti alla Bibbia (possibilmente l’epopea di Gilgamesh), ma la Bibbia è il testo più antico che sia stato scritto in un arco di tempo che va dai 1600 (2) ai 1150 (3) anni (a seconda delle datazioni). 
Anche se la Bibbia è uno dei libri più antichi del mondo, è un libro di una straordinaria attualità, non solo nei principi morali. 
Oggigiorno un libro scientifico che abbia più di dieci anni, è completamente obsoleto. Un libro che abbia più di cent’anni, è una curiosità. Le informazioni mediche contenute in libri del 1700 d.C. si è dimostrato che sono errate, e quindi completamente superate. 
Ma nella Bibbia non vi sono concetti o versi che stiano in contraddizione con la scienza moderna, e pertanto non sono falsi. Anzi molti versi della Bibbia confermano la scienza attuale, il punto è che sono stati scritti nel nel I o nel II millennio a.C.! Vediamone alcuni: 

La terra è sferica, Isaia (40, 22):

Egli è colui che sta assiso sul globo della terra, i cui abitanti sono come cavallette; egli distende i cieli come un velo e li dispiega come una tenda in cui abitarvi. 

La terra è sospesa nello spazio (Giobbe 26, 7): 

Egli distende il settentrione sul vuoto e tiene sospesa la terra sul nulla. 

Lo spazio è troppo grande per essere misurato o perchè si possano contare le stelle, Genesi (15, 5): 

Poi lo condusse fuori e gli disse: «Mira il cielo e conta le stelle, se le puoi contare», quindi aggiunse: «Così sarà la tua discendenza». 

Geremia (33, 22): 

Come non si può contare l'esercito del cielo nè misurare la sabbia del mare, così io moltiplicherò i discendenti di Davide, mio servo, e i Leviti che mi servono».

Negli oceani vi sono “sentieri” ossia zone dove la corrente è forte, Salmi (8,8): 

gli uccelli del cielo e i pesci del mare, tutto quello che passa per i sentieri del mare

Questi passaggi non significano che la Bibbia sia un trattato scientifico, ma piuttosto che gli autori biblici non scrissero mai brani in contraddizione con la scienza. Anche dal punto di vista delle prescrizioni mediche, da adottare in caso di contatto o vicinanza con persone inferme, la Bibbia si rivela un testo straordinariamente attuale. Vediamo a tale proposito alcuni passaggi del Levitico (13, 42-46): 

Ma se sulla parte calva del capo o della fronte appare una piaga bianco-rossastra, è lebbra, scoppiata sul capo o sulla fronte. Il sacerdote la esaminerà; e se il gonfiore della piaga sulla parte calva del capo o della fronte è bianco-rossastro, simile alla lebbra sulla pelle del corpo, è lebbroso; è impuro, e il sacerdote lo dichiarerà impuro, a motivo della piaga sul suo capo. Il lebbroso, affetto da questa piaga, porterà le vesti strappate e il capo scoperto; si coprirà la barba e griderà: "Impuro, impuro". Sarà impuro tutto il tempo che avrà la piaga; è impuro; vivrà da solo; abiterà fuori del campo.

Ci sono altri passaggi biblici che dimostrano quanto questo libro sia attuale dal punto di vista medico:

Sia l’uomo che la donna sono depositari del seme della vita, Genesi (3, 15): 

E io porrò inimicizia fra te e la donna e fra il tuo seme e il seme di lei; esso ti schiaccerà il capo, e tu ferirai il suo calcagno». 

E’ pericoloso mangiare animali che siano morti naturalmente, Levitico (17, 15)

E qualunque persona, sia essa nativa del paese o straniera, che mangia una bestia morta naturalmente o sbranata, laverà le sue vesti e si laverà nell'acqua, e sarà impuro fino alla sera; poi sarà puro. 

Naturalmente la Bibbia è attuale soprattutto per i concetti morali in essa contenuti, e per il messaggio di salvezza proposto, l’unico che contempla la triplice realtà di Dio (infinita misericordia, giustizia e sacralità). 
I precetti morali descritti nella Bibbia sono innumerevoli. Fin dalla lettura della Genesi sono messi in risalto i concetti di giustizia, umiltà, pacatezza, buon senso, equilibrio, prudenza. Nel libro dell’Esodo vi è la descrizione dei “dieci comandamenti”, che sono norme morali scritte da Dio nei cuori degli uomini. Per esempio il sesto comandamento: “non uccidere”, è di fondamentale importanza in ogni società umana. E poi naturalmente sono basilari i precetti morali contenuti nei Vangeli e negli altri libri del Nuovo Testamento. Nei ricordiamo qui, per brevità, solo alcuni. 
Sul concetto di amore verso il prossimo: 

Vangelo di Matteo (5, 38-42): 

Voi avete udito che fu detto: "Occhio per occhio e dente per dente". Ma io vi dico: Non resistere al malvagio; anzi, se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l'altra, e se uno vuol farti causa per toglierti la tunica, lasciagli anche il mantello. E se uno ti costringe a fare un miglio, fanne con lui due. Da' a chi ti chiede, e non rifiutarti di dare a chi desidera qualcosa in prestito da te.

Vangelo di Matteo (5, 43-48):

Voi avete udito che fu detto: "Ama il tuo prossimo e odia il tuo nemico". Ma io vi dico: Amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono, fate del bene a coloro che vi odiano, e pregate per coloro che vi maltrattano e vi perseguitano, affinchè siate figli del Padre vostro, che è nei cieli, poichè egli fa sorgere il suo sole sopra i buoni e sopra i malvagi, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Perché, se amate coloro che vi amano, che premio ne avrete? Non fanno altrettanto anche i pubblicani? E se salutate soltanto i vostri fratelli, che fate di straordinario? Non fanno altrettanto anche i pubblicani? Voi dunque siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro, che è nei cieli».

Sul concetto di perdono: 

Vangelo di Luca (17, 3-4):

State attenti a voi stessi! Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai».

Sul concetto di carità:

Prima Lettera ai Corinzi (13, 1-8):

Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita.
E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla.
E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe.
La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà.

Ovviamente, per comprendere a fondo i numerosi precetti morali della Bibbia, bisogna approfondirli, leggendoli direttamente nel loro contesto.
Un’altra caratteristica della Bibbia è la sua incredibile diversità. 
Si è già evidenziato che la Bibbia è “cristocentrica”, ossia è la descrizione di colui che doveva venire (nell’Antico Testamento), di colui che è arrivato, (Gesù Cristo, nei Vangeli) e di colui che tornerà (sempre Gesù Cristo, alla fine dei tempi, negli altri libri del Nuovo Testamento). Però la Bibbia è anche uno dei libri più diversi del mondo, e abbraccia precetti morali, versi poetici e profezie. Essa è stata scritta da più di quaranta autori in un arco di tempo di più di mille anni.
Il tema delle profezie è il più importante, in quanto in nessun altro libro vi sono così tante profezie che si sono poi rivelate corrette. 
Nella Bibbia vi sono profezie sulla grandezza, la decadenza e la caduta di alcune nazioni. La storia di Israele è descritta nel Deuteronomio (28, 47-68). Inoltre si fecero profezie su molte altre nazioni tra le quali si include l’Assiria (Isaia 10, 12 – 24, 25 – 18, 13) e Babilonia (Isaia 13 e Daniele 5, 28).
Vi sono poi varie profezie sulle persone: per esempio sul re Giosia (1 Re 13, 2 – 2 Re 23, 15-16), o sul regno di Ciro di Persia (Isaia 48, 28 – 45, 1). 
In totale nella Bibbia ci sono circa ottocento profezie, e di queste circa trecento si riferiscono a Gesù Cristo (4).
Per concludere il tema della diversità si può aggiungere che nella Bibbia non c’è aspetto della vita e della spiritualità dell’uomo che non sia analizzato e descritto. Tutte le sfaccettature della personalità umana sono spiegate e considerate con il fine della salvezza. 
La quarta caratteristica della Bibbia è la sua unità. Se fosse stata scritta da un solo autore, è naturale che tutte le sue parti sarebbero in armonia. Ma in un libro scritto da più di quaranta autori, a volte separati da centinaia di anni, le probabilità che vi sia una completa armonia sono scarse. Eppure i sessantasei libri della Bibbia, sono in piena sintonia tra di essi. 
In effetti anche se la Bibbia si divide in Antico e Nuovo Testamento, le due parti sono in perfetta armonia tra di loro. Si può dire che nell’Antico Testamento è occulto il Nuovo e che il Nuovo Testamento è rivelato nell’Antico. Inoltre si può dire che l’Antico Testamento è la radice del Nuovo Testamento, che è il frutto. 
Notiamo alcuni punti della Bibbia: 
1-La Genesi inizia con la creazione del cielo e della terra. L’Apocalisse termina con la creazione dei nuovi cieli e della nuova terra. 
2-Nella Genesi si descrive la creazione della luce e del sole e della luna. L’Apocalisse descrive la fine del servizio di questi astri per l’uomo, giacchè nella Nuova Città (i cieli) Dio e l’Agnello (Gesù) saranno la luce. 
3-Nella Genesi l’uomo subisce una sconfitta da parte di Satana. Nei Vangeli, Gesù Cristo, morendo sulla croce, sconfigge il peccato e la sua origine, Satana. Nell’Apocalisse si combatte un’altra battaglia e Satana sarà sconfitto definitivamente. 
4- Nella Genesi l’uomo è scacciato dal Giardino dell’Eden, nell’Apocalisse, l’uomo è riconciliato definitivamente con Dio. 
5- Nella Genesi l’uomo perde il privilegio di mangiare frutti dall’albero della vita. Nell’Apocalisse, con la sconfitta definitiva di Satana l’uomo può tornare a mangiare dall’albero della vita. 
Ecco perchè la Bibbia è perfettamente armonizzata. Nessuno dei sessantasei capitoli è in disaccordo con gli altri. 
La quinta caratteristica della Bibbia è il suo tema centrale. 
Contrariamente a quello che si può pensare il tema centrale della Bibbia non è “la storia dell’umanità”, o “la storia degli ebrei”. Il tema centrale della Bibbia è Gesù Cristo. Il messaggio dell’Antico Testamento è: “Lui viene”. Il messaggio dei Vangeli è: “E’ qui”. E il messaggio degli altri libri del Nuovo Testamento è: “Lui tornerà”. 
Gesù è naturalmente presente anche nell’Antico Testamento. Per esempio nel libro della Genesi, capitolo 1. Questo si evince dal Vangelo di Giovanni (1, 3): 

tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

Gesù è presente nella Genesi, capitolo 3, in quanto più avanti sarà lui la stirpe della donna che schiaccerà la testa a Satana. (Genesi 3, 15, lettera ai Galati 3, 16). 
Gesù è presente nella Genesi, (4, 4) essendo rappresentato dal sacrificio dell’agnello di Abele, (si veda la Lettera agli ebrei, 12, 24).
Gesù Cristo è pertanto il Redentore che doveva venire, il Salvatore che è venuto, e il Re che verrà nuovamente. 
La sesta caratteristica della Bibbia è l’enorme influenza che ha avuto nella storia dell’umanità. E’ indubbio che questo libro ha cambiato il corso della storia varie volte, ha ispirato grandi uomini, e ha suscitato movimenti filosofici e culturali. Per esempio, sappiamo che la conquista europea delle Americhe causò  indirettamente la morte di milioni di indigeni, soprattutto a causa di malattie e virus portati inconsapevolmente dai colonizzatori. Attraverso l’evangelizzazione del mondo indigeno, però, si sono abbandonate pratiche aberranti ed arcaiche come i sacrifici umani, che erano portati a termine in mesoamerica e nel mondo andino (vedi la “momia juanita”). 
L’ultima caratteristica della Bibbia, ma non per questo la meno importante, è la sua capacità di consolare i credenti nei momenti difficili della vita. Non esiste alcun libro che possa consolare una persona triste che ha sofferto la perdita di una persona cara, come la Bibbia. Quando muore una persona cara, di solito si dicono alcune parole di consolazione. Ma è la Bibbia l’unico libro che mantiene viva la speranza della vita oltre la morte, ossia della risurrezione dei corpi. Vediamo alcuni passaggi. 

Salmi (23, 1-4): 

Salmo. Di Davide.
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla;
su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino,
per amore del suo nome.
Se dovessi camminare in una valle oscura,
non temerei alcun male, perchè tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.

Prima Lettera ai Corinzi (15, 54):

Così quando questo corruttibile avrà rivestito l'incorruttibilità e questo mortale avrà rivestito l'immortalità, allora sarà adempiuta la parola che fu scritta: «La morte è stata inghiottita nella vittoria».

Prima Lettera ai Tesalonicesi 4, (17-18):

poi noi viventi, che saremo rimasti, saremo rapiti assieme a loro sulle nuvole, per incontrare il Signore nell'aria; e così saremo sempre col Signore. Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole.

Apocalisse (21, 4): 

E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, e non ci sarà più la morte, nè cordoglio nè grido nè fatica, perchè le cose di prima son passate».

Nel corso dei secoli tutti questi passaggi biblici hanno consolato, hanno dato speranza e conforto a milioni di persone credenti.

In conclusione la Bibbia è un libro antico, ma sempre nuovo, un libro diverso, ma unitario, è un libro potente, ma capace di convertire e consolare. E’ la Parola di Dio, ed è incentrata sul Salvatore del mondo, Gesù Cristo. 

YURI LEVERATTO
Copyright 2016

Foto: Codice Sinaitico (parte del Vangelo di Matteo). E' il secondo manoscritto più antico che comprende sia l'Antico che il Nuovo Testamento scritto in greco, e risale al 330 d.C. (il più antico è il codice Vaticano, risalente al 300 d.C.). 

Bibliografia: Come diventare un vero cristiano, scuola mondiale missioni. 

Note:
(1)-http://www.guinnessworldrecords.com/world-records/best-selling-book-of-non-fiction
2-Secondo la datazione tradizionale Mosè avrebbe scritto la Genesi nel 1513 a.C.
3-Secondo la datazione storica, la Genesi sarebbe stata scritta a partire dal 950 a.C.
4-Alcune profezie bibliche su Gesù Cristo, http://www.laparola.net/intro/profezie.php