Tutti noi sappiamo che i nomi dei giorni della settimana derivano dall’osservazione dei corpi celesti da parte di antichi astronomi.
I sette corpi celesti visibili ad occhio nudo, che variano la loro posizione nel cielo (mentre invece le stelle sono “fisse”), sono: sole, luna, marte, mercurio, giove, venere e saturno.
Vi è però una questione che a tutt’oggi rimane irrisolta: la particolare disposizione dei giorni all’interno della settimana che ancora non è stata spiegata con certezza.
Per quanto riguarda la durata di sette giorni, si sono avanzate varie ipotesi, ma la più probabile è che nell’antichità, probabilmente durante l’era dei sumeri o più anticamente, nel periodo anti-diluviano, ci si rese conto, osservando la luna, che essa impiega un tempo di 28 giorni per girare intorno alla terra. Questo tempo detto “fase lunare”, è composto da 4 periodi ciascuno di 7 giorni: luna piena, luna calante, buio di luna e luna crescente.
Nella tradizione astrologica sumerica, egizia e greco-romana i nomi dei giorni della settimana derivano dai sette astri individuabili ad occhio nudo: il sole (considerato dio in molte antiche civiltà, ed associato ad Apollo nella cosmogonia greca e romana), o giorno del Signore (quindi Dominus in latino), si associò alla domenica, la luna, (associata alla dea Artemide nella cosmogonia greca e Diana in quella romana), corrisponde al giorno seguente, il lunedì, Marte (dio della guerra, Ares in Grecia), a martedì, Mercurio (messaggero degli dei, Hermes in Grecia) a mercoledì, Giove (divinità massima, Zeus in Grecia) a giovedì, Venere (dea dell’amore, Afrodite in Grecia) a venerdì, e Saturno (o Crono in Grecia, dio dell’agricoltura) al sabato.
Nell’antica tradizione astrologica indiana, i nomi dei giorni della settimana derivano esattamente dagli stessi astri: Surya (sole), Soma (luna) Mangala (marte), Budha (mercurio), Guru (giove), Shukra (venere), Shani (saturno).
Anche nelle tradizioni cinesi, giapponesi, tibetane e coreane i nomi dei giorni della settimana derivano dagli stessi astri, individuabili ad occhio nudo la cui posizione nel cielo cambia rispetto ad un osservatore situato sulla Terra.
Per quanto riguarda invece la “sequenza settimanale”, le cose si complicano, in quanto la sequenza universalmente adottata: domenica, lunedì, martedì, mercoledì, giovedì, venerdì, e sabato, non corrisponde né alla distanza del corrispondente astro dalla terra, nè alla sua grandezza o luminosità.
E la cosa strana è che apparentemente, tutte le antiche culture, dalla cinese, all’indiana alla medio-orentale ed egizia, adottarono la stessa sequenza settimanale, il che costituisce di per sè un enigma.
E’ possibile che l’identica sequenza settimanale sia stata adottata contemporaneamente da popoli così distanti tra loro? O forse vi è un origine comune anti-diluviana dalla quale poi sono derivate tutte le sequenze settimanali?
Per ora non c’è risposta a questa domanda, ma è interessante analizzare le teorie che portarono all’attuale sequenza settimanale.
La prima teoria è quella dei “salti ogni tre astri”. Partendo dalla sequenza dell’astro visibile più lontano (secondo gli antichi) ovvero nell’ordine:
saturno, giove, marte, sole, venere, mercurio, luna, si procede a saltare di tre in tre e si ottiene: saturno (sabato), sole (domenica), luna (lunedì), marte (martedì), mercurio (mercoledì), giove (giovedì), ed infine venere (venerdì).
La seconda ipotesi assegna ad ogni ora del giorno (24 ore), il nome di un pianeta (sempre secondo lo schema dell’astro visibile più lontano, secondo gli antichi), partendo dalla prima ora (00-01), che viene assegnata a saturno (l’astro più distante), la seconda a giove, la terza a marte e così via, fino all’ultima ora del giorno (23-24) dedicata a marte. La prima ora del secondo giorno sarà dedicata pertanto al sole.
Seguendo questo schema, si nota che, se la prima ora e il primo giorno si dedica a saturno (quindi sabato), il secondo giorno sarà dedicato al sole (quindi domenica), e la prima ora del terzo giorno sarà dedicata alla luna (quindi lunedì). Seguendo secondo questa logica si otterrà la sequenza settimanale che utilizziamo tutti.
Questi due metodi ci sono stati tramandati dallo storico Cassio Dione nella sua Storia Romana. Secondo lo studioso Bickerman, invece fu il filosofo greco Celso che riportò nelle sue opere l’origine persiana dell’ipotesi che assegna ad ogni ora del giorno il nome di un pianeta.
Vi è però un altra teoria che spiega la sequenza settimanale universalmente adottata ed è molto interessante.
L’esoterico peruviano Daniel Ruzo (1900-1991), che studiò a fondo l’altopiano di Marcahuasi in Perù, elaborò una teoria esoterica-alchemica, molto particolare.
Secondo l’alchimia medievale (a sua volta derivata da quella egizia), ad ogni dio dell’antichità era associato un elemento.
Saturno era associato al piombo, Giove allo stagno, Marte al ferro, Apollo (sole) all’oro, Venere al rame, Mercurio al mercurio, e Diana (luna), all’argento.
Ora, se consideriamo il peso atomico di ogni elemento, otteniamo la seguente sequenza decrescente:
piombo (Saturno, sabato), 82; mercurio (Mercurio, mercoledì), 80; oro (Apollo, domenica), 79; stagno (Giove, giovedì), 50; argento (Diana, lunedì), 47; rame (Venere, venerdì), 29; ferro (Marte, martedì), 26.
Applicando ora, a questa terza teoría, il metodo del “salto ogni due elementi”, otteniamo, partendo da Saturno: sabato, domenica, lunedì, martedì, mercoledì, giovedì, venerdì: la sequenza settimanale universale.
Come si vede vi sono varie teorie che spiegano l’ordine della “sequenza settimanale universale”, ma nessuna è accettata come quella vera e certa. Non sembra plausibile che le cosidette “prime civiltà” (sumeri, civiltà dell’Indo, cinesi), abbiano adottato all’unisono la stessa sequenza settimanale per puro caso.
Più probabile è un origine comune di detta sequenza, forse durante il periodo anti-diluviano.
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Foto: Mappa mondo babilonese (500 a.C.)
Bibliografia: Daniel Ruzo, Marcahuasi la historia fantastica de un descubrimiento (1974).