Nei primi giorni del 1543 Francisco de Orellana stava ritornando in Europa, dopo il suo fantastico viaggio durante il quale scoprì il Rio delle Amazzoni.
Il battello dove viaggiava il capitano Orellana però non approdò in Spagna ma bensì in Portogallo, a Lisbona.
Quale fu il motivo di questo cambio di piano? Forse per ragioni commerciali si doveva fare scalo a Lisbona. Alcuni storici sostengono invece che fu Orellana a volere un’udienza con João III, il re del Portogallo.
Orellana era convinto di dover offrire le terre da lui scoperte al suo re Carlo V, ma sapeva come andavano le cose al Consiglio delle Indie (Consejo de Indias), l’organo della Corona di Spagna predisposto al governo e all’amministrazione del Nuovo Mondo. Una volta giunto in patria, avrebbe dovuto affrontare mille difficoltà, per poter convincere il re e i suoi burocrati ad affidargli il comando di una spedizione per la conquista e il governo di un area grande quasi come l’intera Europa. La sua udienza con il re del Portogallo, serviva proprio a facilitare le sue richieste con Carlo V. Il re João III gli offrì di partecipare ad un impresa al comando di navi portoghesi, ma lui rifiutò, riservandosi di accettare in seguito.
In realtà Orellana stava tentando di guadagnare credito presso la Corona di Spagna, in quanto il re Carlo V sarebbe venuto a conoscenza della sua udienza con il re lusitano. Il capitano avrebbe potuto dimostrare che aveva già una proposta del sovrano del Portogallo, per rendere più “vendibile” la sua richiesta.
C’era però un altro punto, rilevante, che Orellana non ignorava: il trattato di Tordesillas. Secondo questo concordato, approvato nel 1494, il papa spagnolo Alessandro VI aveva diviso il mondo tra Spagna e Portogallo lungo il meridiano di 46 gradi: le terre a ovest di tale linea sarebbero state di proprietà della Spagna, quelle a est del Portogallo. Non era chiaro però dove cadesse esattamente quella demarcazione e se l’estuario del Rio delle Amazzoni risultasse essere d’influenza spagnola o portoghese.
Orellana si presentò al sovrano del Portogallo anche perché pensò che se in seguito si fosse dimostrata l’influenza portoghese sull’Amazzonia o su parte di essa lui avrebbe già potuto contare sulla proposta del re.
L’ultimo motivo per il quale Orellana chiese un’udienza con il monarca lusitano fu forse il più importante. Sapeva che Gonzalo Pizarro lo aveva screditato di fronte alla Corona, dipingendolo come un traditore. Forse le rimostranze di Pizarro erano già arrivate alle orecchie del re Carlo V. Se queste accuse fossero state provate e nel caso che lui non avesse potuto ribaltarle, aveva sempre la possibilità di partire con una spedizione portoghese.
Quindi Orellana si diresse a Valladolid, dove stava la corte del re di Spagna. Vi giunse durante il maggio del 1543 e chiese subito udienza con Carlo V.
Durante quei mesi il re era in guerra con i luterani, aveva iniziato delle querele con il papa e, contravvenendo i trattati di amicizia, aveva dato inizio al conflitto contro Francesco I, il sovrano di Francia. L’Europa intera era un guazzabuglio di confusione, fame, miseria e malattie.
Quando giunse al cospetto del re, Orellana descrisse gli immensi territori scoperti e attraversati. Le notizie del fiume colossale, dei numerosi indigeni che vi vivevano e delle straordinarie ricchezze che foreste enormi potevano racchiudere, incuriosirono Carlo V, che ascoltava attento il resoconto del capitano.
Siccome Carlo V doveva viaggiare al più presto in Germania, dispose che il Consiglio delle Indie investigasse sul viaggio del capitano estremegno, anche in considerazione delle lettere che erano giunte a corte da Gonzalo Pizarro.
Il Consiglio delle Indie esisteva da circa venti anni. Aveva una giurisdizione civile e militare sul Nuovo Mondo e s’avvaleva anche di un rappresentante diplomatico davanti al pontefice.
I suoi funzionari erano scettici, soprattutto su un punto: l’estuario del fiume ricadeva sotto l’influenza spagnola o portoghese? E per di più alcuni si dimostravano diffidenti nei confronti di Orellana, soprattutto dopo aver letto la lettera di Pizarro, datata 3 settembre 1542, che lo screditava. Eccone un estratto:
...E avendo camminato seguendo il corso del Rio Coca, come le guide ci indicarono, mi resi conto che nella zona non c’era abbondanza di cibo. E siccome i miei uomini erano stanchi e affamati mi misi a pensare come risolvere la situazione, che era disperata. Il capitano Francisco de Orellana si avvicinò, e mi disse che le guide avvisavano che per vari giorni non si sarebbe trovato cibo, fino a un luogo chiamato “unione dei due fiumi”, dove il Coca confluiva nel Rio de la Canela, oltre quel punto le guide dicevano che vi erano villaggi e molto cibo. Mi accertai di queste parole parlando io stesso con i nativi e verificai che erano vere. A questo punto il capitano Orellana mi disse che, per servire Sua Maestà e per amore verso di me, avrebbe proseguito lungo il fiume con il brigantino con il proposito di trovare cibo e quindi sarebbe tornato controcorrente per rifornire e soccorrere il resto delle truppe. Disse che sarebbe tornato al massimo in dodici giorni. Io confidai in lui, perché era il mio tenente e gli ordinai che per nessun motivo avrebbe potuto tardare più di dodici giorni.
Confidando in lui gli affidai il comando del brigantino, con 57 uomini e archibugi e balestre. E così partì. Non obbedendo al servigio che doveva a Vostra Maestà e quello che doveva fare come gli era stato ordinato, invece di portare del cibo, proseguì la navigazione senza lasciare nessun messaggio…senza che noi avessimo nessuna notizia di lui fino a oggi…
Orellana consegnò ai burocrati del re i vari atti che erano stati firmati nel corso del viaggio: la nomina di scrivano di Francisco de Isasaga e la dichiarazione dei suoi uomini che lo eleggevano unico comandante della spedizione.
Con questi documenti voleva dimostrare che non aveva agito in mala fede, volendo attribuirsi la gloria della scoperta, ma era stato costretto a proseguire la navigazione per l’impossibilità di ritornare indietro dal suo comandante Gonzalo Pizarro. Se lo avesse fatto, non solo avrebbe messo in pericolo le vite dei suoi uomini, ma non avrebbe potuto nemmeno portare cibo al resto della spedizione perché durante quei giorni le provviste si sarebbero imputridite: sarebbe stata un’impresa senza possibilità di successo.
I funzionari del Consiglio delle Indie chiesero a Orellana di scrivere un circostanziato rendiconto del viaggio, che includesse i motivi che lo spinsero a partire. Inoltre gli chiesero di chiarire quali fossero le sue richieste.
Nel resoconto si nota come Orellana descrisse la possibilità di portare la fede cattolica ai nativi dell’Amazzonia. Questo argomento era molto importante per trovare sostenitori tra i funzionari del re. Ecco una parte del suo rapporto:
…per servire Dio e Vostra Maestà, scoprire quelle immense terre e portare la conoscenza della nostra Santa Fede Cattolica a quelle genti e sottoporle al dominio di Vostra Maestà e della Corona Reale del regno di Castiglia e Leon, affrontando pericoli e senza alcun interesse di parte, mi avventurai per scoprire quelle terre…
Quei territori sono così grandi e tante genti vi contengono, che potranno venire a conoscere la Santa Fede Cattolica, e la maggior parte di loro sono uomini ragionevoli e timorosi di Dio.
Supplico Vostra Maestà di concedermi il governo di detto territorio in modo che lo possa conquistare e popolare nel nome di Sua Maestà Re Imperatore dei Cristiani, Carlo V…
Orellana dovette attendere molti mesi. Il Consiglio delle Indie aveva tempi lunghissimi, perché doveva analizzare tutti i documenti e valutare se fosse economicamente vantaggioso per la Corona di Spagna intraprendere una spedizione così difficile. Oltre a ciò si stava attendendo il parere di alcuni cosmografi che dovevano appurare se l’estuario del Rio delle Amazzoni cadesse sotto l’influenza spagnola o portoghese. Orellana viaggiò a Trujillo, suo paese natale, rivide sua madre e ne conobbe il nuovo marito, il mercante Cosme de Chaves, che gli promise di aiutarlo, se avesse ottenuto l’ambito contratto.
Orellana però sapeva che, anche se avesse conseguito l’autorizzazione dalla Corona, non era sicuro che il Consiglio delle Indie gli avrebbe concesso i mezzi economici per organizzare la nuova spedizione. Viaggiò dunque a Siviglia nella speranza di mettersi in contatto con mercanti e finanziatori.
In uno di questi viaggi conobbe Ana de Ayala, una bellissima ragazza di bassa estrazione sociale della quale s’innamorò.
Nei mesi successivi fu nuovamente interrogato dai funzionari reali, che, pochi giorni dopo, diedero parere positivo per concedergli la possibilità di tornare in Amazzonia, con una spedizione patrocinata dalla Corona.
Che cosa spinse i burocrati del re a stringere i tempi della decisione?
Probabilmente giunsero notizie dal Portogallo che il re lusitano stava pensando di autorizzare una spedizione e darne il comando a un misterioso esploratore che aveva viaggiato nei pressi dell’estuario del Rio delle Amazzoni. L’ambasciatore spagnolo comunicò segretamente che a Lisbona si stava preparando un armata per risalire il grande fiume.
Il piano di Orellana era riuscito. Aver comunicato al re João III il resoconto di viaggio fu determinante, perché persuase i consiglieri delle Indie a inviare al principe Filippo una lettera favorevole. Eccone un estratto:
Secondo la relazione di Orellana su questo fiume e questa terra che dice aver scoperto, che potrebbe essere terra ricca e Vostra Maestà potrebbe essere servito e la Corona Reale accresciuta…siccome tre o quattro anni fa il Re del Portogallo aveva organizzato un’armata per scoprire quelle terre, e inoltre si venne a sapere che in seguito a questa nuova scoperta si sta preparando una nuova armata, e che anche la Corona di Francia si starebbe organizzando per conquistare detti territori delle Indie, la maggior parte del Consiglio crede che sia conveniente che le coste di detto fiume siano conquistate, popolate e occupate da Vostra Maestà e che le genti di quelle terre siano avvicinate alle cose di Nostra Santa Fede Cattolica, e che questa conquista sia assegnata al Capitano Orellana, in quanto fu lui a scoprirle e ad avere per primo notizie di quelle terre.
Il principe Filippo, una volta ricevuta questa missiva, si consultò con suo padre, il re. Il 13 febbraio 1544 consegnò a Orellana un contratto da lui firmato, con il quale il capitano estremegno veniva dichiarato governatore della Nuova Andalusia (così fu detto il bacino amazzonico). Eccone un estratto:
Il Principe:
In quanto a voi capitano Francisco de Orellana, che avete raccontato di aver servito il Re Imperatore mio signore nella pacificazione del Perú, e che siete partito agli ordini di Gonzalo Pizarro lasciando Quito per esplorare la valli della cannella, e che avete investito nell’impresa cavalli, armi ed equipaggiamento per un valore di quarantamila pesos (1), ed essendo voi andato con alcuni compagni lungo il fiume a cercare cibo, e non potendo voi tornare indietro a causa della corrente, decideste, affrontando pericoli, senza nessun interesse, solo per servire Sua Maestà, di avventurarvi lungo quel fiume e così scopriste molte poblazioni, e che consegnaste al Consiglio delle Indie una relazione di detto viaggio; e che voi per il desiderio che avete di servire Sua Maestà e che la Corona Reale sia aumentata includendo dette terre, e che la gente che vive lungo quel fiume e in quelle terre venga illuminata delle cose di Nostra Santa Fede Cattolica, potete tornare a dette terre per continuare a esplorarle e popolarle, e potete portare con voi trecento uomini spagnoli, di cui cento a cavallo, e il materiale che sia necessario per costruire barche, e otto religiosi perché si occupino di convertire e istruire i nativi di dette terre, tutto ciò pagato da voi, senza che Sua Maestà né i Re che verranno dopo di lui siano obbligati a pagarvi le spese per organizzare la spedizione.
E siccome mi supplicaste di assegnarvi il governo di dette terre, decisi di firmare il presente contratto: innanzitutto che sarete obbligato a scoprire e popolare dette terre che saranno chiamate Nuova Andalusia, e le annetterete al regno di Castiglia e Leon. Vi impegnerete a non trasportarvi nessun indigeno delle nostre Indie, in caso contrario riceverete una multa di diecimila pesos d’oro. Dovrete costruire due città, la prima all’entrata del grande fiume, dove voi riterrete più idoneo, e la seconda all’interno del fiume, in zone ricche di cibo e abitate da indigeni mansueti;
Dovrete entrare nelle bocche di detto fiume con almeno due navi, e persuadere i nativi ad accettare il governo della Corona di Spagna.
In ogni caso non dovrete far guerra ai popoli tribali ma convincerli senza mai venire a rottura con essi, e dovrete inviare i religiosi in modo che siano istruiti delle cose di Nostra Santa Fede Cattolica.
Se qualcun altro Governatore o Capitano fosse arrivato prima di voi in dette terre, che sono di vostra competenza, dovrete comunicarlo al Consiglio delle Indie;
Siccome tra il Re Imperatore mio signore, e il serenissimo Re del Portogallo vi sono alcuni contratti e accordi sulla divisione delle Indie, vi ordino di non entrare nelle terre spettanti al Portogallo.
Se voi farete e compirete ogni cosa sopra menzionata, rispettando le leggi della Corona e le nuove ordinanze di Sua Maestà, promettiamo di concedervi i seguenti titoli e benefici:
Do licenza e facoltà a voi, capitano Francisco de Orellana, che per Sua Maestà e nel nome della Corona Reale di Castiglia e Leon potrete esplorare e popolare la costa del grande fiume, nella parte sinistra della sua bocca, essendo dentro i limiti della giurisdizione di Sua Maestà.
Quindi per onorare la vostra persona, vi concediamo il titolo di Governatore e Capitano Generale a vita delle terre da voi scoperte in detta costa nella riva sinistra di detto fiume, su duecento leghe di costa, che voi deciderete in un tempo non superiore ai tre anni dal vostro arrivo, vi concediamo un salario di cinquemila ducati(2) all’anno a partire dal giorno che salperete da San Lucar de Barrameda per iniziare il vostro viaggio; Inoltre vi riconosciamo i titoli di Adelantado (3) e Alguacil Mayor (4) delle terre da voi scoperte, questi titoli passeranno all’erede che voi nominerete.
Avrete diritto di costruire due fortezze di pietra nelle terre che voi riterrete più opportune che serviranno per la pacificazione di dette province. Una volta edificate vi saranno consegnati centocinquantamila maravedis(5) all’anno per la conduzione d’ognuna. Vi concedo la dodicesima parte di tutte le rendite e di tutti i proventi che Sua Maestà otterrà dalle terre e province che voi scoprirete e popolerete. Questa concessione la faccio per voi e i vostri eredi in perpetuo. Vi autorizzo a passare attraverso i domini del Portogallo nelle isole di Capo Verde o Guinea per il viaggio e potrete portare con voi otto schiavi negri. Per dieci anni dalla firma di detto contratto vi esentiamo al pagamento di imposte e gabelle per ogni cosa che trasporterete e che servirà alla costruzione delle vostre case.
Inoltre, siccome il Re Imperatore mio signore, ha firmato alcune leggi per il rispetto degli Indios, vi ordino che né voi né alcuna persona che viaggerà con voi dovrà prendere per moglie una nativa già sposata, né il loro oro, né l’argento, né pietre preziose, né cotone, né altra cosa se non riscattandola o pagandola con altra merce di ugual valore, in caso contrario sarete soggetto alla pena di morte.
Per nessun motivo dovrete far guerra agli indigeni, neppure se la causa fosse la loro, in questo caso difendetevi con la giusta moderazione. Solo così si convinceranno che noi solo indottriniamo e insegniamo le cose di Nostra Santa Fede Cattolica…Io, il Principe.
Il concordato fu consegnato a Orellana dal segretario del re e gli fu detto che avrebbe avuto cinque giorni per leggerlo e apporre la sua firma per accettazione.
Finalmente aveva ottenuto l’agognato accordo. Anche lui poteva ambire alla gloria di Colombo, Cortes o Pizarro, anzi più di loro: i territori amazzonici erano sterminati, sarebbe stato il governatore più potente d’America e nessuno, a parte il re, avrebbe potuto interferire con la sua autorità.
Più tardi però, leggendo con attenzione il contratto, si rese conto che la sua avventura era tutta in salita: infatti la Corona gli dava un appoggio formale, concedendogli i titoli di governatore, capitano generale, adelantado e alguacil, ma non gli forniva i mezzi economici per intraprendere la spedizione. Non gli metteva a disposizione navi, artiglieria, né armi leggere.
Non gli somministrava derrate, equipaggiamento, né piloti esperti, marinai o carpentieri. Il principe gli aveva accordato un salario di cinquemila ducati annui, ma solo dalla data della sua partenza. Inoltre gli aveva assegnato un dodicesimo di tutte le rendite e proventi derivanti dallo sfruttamento delle terre da lui conquistate: una somma potenzialmente enorme, se si considera la vastità dell’Amazzonia, ma tutto ciò era ipotetico, non reale. Il principe gli ordinava di salpare con trecento spagnoli, di cui cento a cavallo, ma era lui che aveva il compito di reclutare questi uomini, che avrebbero dovuto partire per una terra sconosciuta e pericolosa senza un salario certo.
L’impresa era difficilissima. Per un attimo pensò che forse avrebbe dovuto rifiutare, e partire per conto del re del Portogallo, che gli aveva promesso mezzi economici e un esercito di soldati ben armati, oltre a carpentieri, fabbri, piloti esperti. Però quell’impegno risaliva ormai a un anno prima, e non c’era nulla di certo. Se avesse respinto l’offerta del Principe, non solo avrebbe perso l’occasione della sua vita, ma non sarebbe stato sicuro neppure di poter ottenere un nuovo accordo con il Portogallo. Per di più sarebbe stato accusato di tradire la patria. Avrebbe venduto la sua Amazzonia e il suo fiume a una potenza straniera.
Decise di firmare quel documento. Poi avrebbe lottato con banchieri, finanziatori e mercanti per trovare i mezzi economici per intraprendere l’avventura. Gli uomini li avrebbe trovati, se necessario avrebbe reclutato disperati e delinquenti, promettendo loro terra e ricchezza.
YURI LEVERATTO
Copyright 2014
Foto principale: Una pagina del contratto tra la Corona di Spagna e Francisco de Orellana, del 13 febrero 1544. (España. Ministerio de Cultura. Archivo General de Indias. AGI, Patronato, 28, R.16, Capitulaciones de Francisco de Orellana).
Bibliografia:
Ramusio, Giovanni Battista (comp.) (1606). Delle Navigationi et Viaggi. Tomo 3.
Fernández de Oviedo, Gonzalo (1855). José Amador de los Ríos, ed. Historia general y natural de las Indias, islas y tierra-firme del mar océano. Tercera parte. Tomo IV.
Note:
(1) Dopo il 1497 il peso era una moneta d’argento di 27 grammi.
(2) Nell’impero spagnolo il ducato era una moneta d’oro del peso di 3,6 grammi.
(3) Adelantado significava “primo arrivato”.
(4) Alguacil Mayor voleva dire “ufficiale superiore di giustizia”
(5) Il maravedí era una moneta di conto, nel XVI secolo. 350 maravedis equivalevano a un ducato.